Bud Spencer è stato immenso. Quattro metri di giudizio diversi per capirlo

Con un corpo fuori misura, un volto inespressivo ma una gran capacità di attirare l'obiettivo, capire la grandezza di Bud Spencer è difficilissimo

Critico e giornalista cinematografico


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A chi mi chiedesse dove stia davvero la grandezza di Bud Spencer, di questo attore dotato di un repertorio minuscolo di espressioni (senza scherzare erano 4 e il fatto che tutti abbiamo in testa la sua faccia stufa, quella ridanciana, quella sbigottita e quella arrabbiata è la misura di quanto fossero poche ma calamitanti), impegnato quasi sempre in film di nessuna sofisticazione cinematografica e mai preso da un ruolo anche solo vagamente complesso (almeno prima di un Olmi fuori tempo massimo), direi che la sua grandezza non è facile da comprendere.

Un metro possibile per capirla è la popolarità, cioè quanto abbia saputo farsi amare. È molto banale e buonista puntare “sull’affetto del pubblico”, degno della peggior retorica ma a livelli molto alti questo è un indicatore che mostra bene la capacità di un uomo di cinema (e indirettamente dei film in cui compare) di colpire l’immaginario collettivo al di là della tecnica e della realizzazione. Un metro ancora più raffinato e decisivo potrebbe però essere la capacità di incidere in profondità, non solo di essere visto ma di creare nella testa degli spettatori un mondo di immagini, personaggi, situazioni e suoni che siano esclusivi e riconosciuti da tutti. Bud Spencer, da solo e con Terence Hill, ha creato questo legittimando di film in film i suoi suoni e i suoi stereotipi. E una volta tanto non era merito dei film, in linea di massima delle raffazzonate unioni di gag grossolane, trame tutte molto simili e molto pretestuose che servivano solo ad agitare due corpi, era proprio merito di quei due attori che a tutto davano senso: il grasso e l’atletico. E se tra i due Terence Hill era il corpo più convenzionale Bud Spencer era quello fuori misura al tempo stesso pesante e atletico, tondo sopra e secco nelle gambe, mani grosse, occhi a fessura, pupille sconosciute e barba immensa come il personaggio di un cartone animato. Nulla di regolare e normale. Il trionfo del non convenzionale.

Un altro metro ancora per valutarne l’unicità era come costituisse sempre la soluzione di qualsiasi scena lo prevedesse. Era un modo di agire in voga nel cinema italiano del secondo novecento, molto guidato dalle star: lasciare che gli attori popolari risolvessero le scene. Non avere un espediente di fotografia, un taglio di montaggio o una trovata di trama che portasse a compimento la singola sequenza ma lasciare che i movimenti le interazioni dell’attore sospingessero ogni istante, regolassero i tempi e fornissero chiuse o aperture, portando le scene dove dovevano andare, verso i sentimenti o le sensazioni per cui erano concepite. Benché non abbia mai davvero recitato Bud Spencer aveva una personalità così potente da condizionare interi film intorno a sè con la sola presenza, aveva un rapporto esclusivo con l’obiettivo, uno che qualunque attore vorrebbe avere.

https://www.youtube.com/watch?v=f-BpkHoDOLo

Vederlo nelle sue scazzottate in cui gli stunt si danno un gran da fare ad essere menati mentre lui esagera in colpi ariosi, aveva e ha una qualità misteriosa. Nel suo periodo migliore, tra gli anni ‘70 e ‘80, era assimilabile ad un performer naive, un intrattenitore privo di tecnica che però sembrava venire da un’altra era dello spettacolo, una più popolare e quasi teatrale in cui cose come “intreccio”, “messa in scena” o “narrazione” avevano un valore minore e invece la prestazione dell’attore era tutto ciò che interessava al pubblico. Vedere Carlo Pedersoli (questo il suo vero nome) intento a “fare Bud Spencer” era ed è motivo sufficiente per non cambiare canale o chiudere un video, all’epoca poi lo era sufficiente per pagare un biglietto del cinema.
Non sono molti gli attori in grado di attrarre così tanto a sè gli sguardi con i propri movimenti, specie se così elementari come le scazzottate palesemente finte.

Potrei anche cambiare argomento e fare dei paragoni. Perché con un decimo, se non un centesimo, dell’agilità e della tecnica di Jackie Chan, Bud Spencer ha fatto per anni il suo stesso cinema, ha lavorato nel medesimo campo, quello della commedia d’arti marziali, ma rivoltando il concetto e operando al livello più basso immaginabile. E Jackie Chan stesso si è sempre detto un fan di Bud Spencer, delle sue movenze e della sua idea di unione di comico e rissaiolo con bonarietà. Il maestro dei maestri si è dovuto arrendere di fronte ad un non-artista marziale di cui ammirava la capacità di muoversi sullo schermo, di fare quel cinema a cui lui stesso aspirava.
Bud Spencer è infatti riuscito in quello che tutti gli attori cercano di fare: diventare icona, farsi simbolo di qualcosa, collegare la propria faccia o la propria apparenza a tutto un genere, un mood o un modo di intendere il mondo e risolvere i conflitti (con bonaria violenza e onestà di cuore). Un cinema oggi impensabile in questa parte del mondo, dotato di un’ingenuità accettabile ancora solo forse in India, eppure ancora attuale nelle repliche, ancora misteriosamente attraente.

Se tutto questo non bastasse infine potrei addurre ancora un altro metro di giudizio in base al quale Bud Spencer è immenso.
È stata la personificazione della action comedy italiana, unico interprete con Terence Hill di un genere che non ha nome ma che tutti conoscono e nessuno ha potuto rifare. In un periodo in cui il nostro cinema era un’industria spietata, in grado di sfornare film in quantità oggi impensabili e a tutti i livelli di qualità, dai più elevati ai più infimi passando per i meravigliosi B movie, i film sperimentali e le contaminazioni inedite, loro avevano una fetta che erano praticamente i soli ad abitare (e che Bud Spencer ha frequentato anche da solo ben più del suo compagno).
Dall’unione dello spaghetti western degli abiti lerci e dei fagioli, dei messicani più che gli indiani, del fango e del sudore con la commediaccia popolare, nasceva questo genere senza nome, così potente da svincolarsi presto dai cavalli e approdare alla contemporaneità. Botte iperboliche e cartoonesche, condite da effetti sonori che sono diventati un marchio di fabbrica, film subito riconoscibili anche solo dalla luce e dagli scenari americani, da come entrano in scena i cattivi, da come parlano i personaggi, dall’uso spregiudicato del doppiaggio o da come si risolvono le scene.
Potevano cambiare i registi e mutare gli sceneggiatori, potevano essere ambientati nel passato come nel presente, avere dentro parti di magia o scene criminali ma il risultato era sempre lo stesso: un film con Bud Spencer.

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