Brian di Nazareth, rivisto oggi

Brian di Nazareth non è il Messia, è un ragazzaccio, e questo è tutto quello che abbiamo da dire su questo capolavoro

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Questo articolo fa parte della rubrica Rivisti oggi

Che cosa si può dire di Brian di Nazareth, uno dei più grandi film satirici di sempre, un film comico sostanzialmente perfetto per come riesce a coniugare spunti altissimi con scorregge e battute sul pene, una di quelle opere che hanno fanno incazzare tutti (prima di tutto i suoi bersagli principali) salvo poi venire rivalutata dalle stesse persone che sfotteva, sulla base del fatto che “ehi, sai che in fondo non dice cose sbagliate?”, che cosa si può dire, ci chiedevamo? Boh! La cosa migliore secondo noi è partire dallo slogan con il quale il film venne proiettato al cinema in Svezia: “Un film così divertente che i norvegesi l’hanno censurato”.

Brian di Nazareth, la Svezia e tutto il resto

Perché siamo partiti proprio da quel simpatico esempio di sarcasmo tra popoli per parlare di Brian di Nazareth? Ancora una volta: boh! È forse la dimostrazione che nel 1979, e nonostante il fallimento al cinema di Il sacro Graal, i Monty Python erano ancora talmente grossi concettualmente da essere in grado, volendo, di scatenare una faida tra nazioni con il loro umorismo. O che la Svezia al tempo capiva i Monty Python meglio di quanto facesse la Norvegia. Spesso parlando del gruppo comico inglese ci si ritrova persi dietro ai propri discorsi, inseguendo questo o quello spunto come ogni tanto succede nei loro stessi sketch.

Un altro paragone un po’ random che ci viene in mente pensando al film è quello con Dio è morto, la canzone di Guccini che venne inizialmente censurata per i suoi contenuti blasfemi, poi finalmente ascoltata con attenzione da un qualche porporato, e infine abbracciata (magari senza troppo entusiasmo) anche dalla Chiesa cattolica con l’invito a fare attenzione al testo e non al titolo (un interessante esempio di clickbait ante litteram). Brian di Nazareth ha conosciuto una parabola simile: odiato dalla Chiesa d’Inghilterra (e in generale dalla gente della religione organizzata), negli anni è stato riscoperto anche da qualche prete qui e là, con l’invito a riguardarlo non come un attacco a Dio, ma alla religione organizzata.

Di cosa parla davvero Brian di Nazareth

Perché il punto di Brian di Nazareth è proprio questo: non ce l’ha con Dio, con Gesù e neanche con i suoi insegnamenti, che anzi ci vengono presentati sotto una luce parecchio positiva, come a dire “guardate che le robe che diceva questo tizio avevano senso”. Il film è piuttosto una satira di tutto ciò che si crea intorno alla figura di un Messia, e quindi più in generale della religione organizzata tutta: è un film che parla di populismo più che di fede, come dimostrato dalla clamorosa scena in cui Brian dichiara alla sua folla “ma io non sono il Messia!” e si sente rispondere qualcosa tipo “solo il Messia sarebbe così umile da negare di essere il Messia!”.

In quella singola scena c’è tutto quello che serve capire su Brian di Nazareth, un film fatto per dimostrare innanzitutto quanto possa diventare sciocca questa cosa di seguire un profeta e attribuirgli natura e poteri ultraterreni. Non ce l’ha con chi ha una fede sincera e coltivata con amore e criterio, ma con chi sceglie di affidarsi ciecamente a qualcun altro perché in ultima analisi non ha il coraggio delle proprie azioni e responsabilità; ce l’ha con la massa, la pazza folla, quelli che a volte vengono definiti “pecoroni” (poveri ovini). Arrabbiarsi per Brian di Nazareth, per una persona di fede o addirittura del clero, è un clamoroso autogol: significa riconoscersi negli eccessi che vengono satirizzati, invece di accettare che sì, queste esagerazioni esistono e bisognerebbe imparare a combatterle perché fanno solo male alla causa.

Non solo religione

Le strutture di potere, le gerarchie e anche le relazioni malsane che si formano intorno a un vero o presunto Messia sono però solo una parte del puzzle, perché molta della satira di Brian di Nazareth si può allargare anche ad altri ambiti, non necessariamente religiosi. Prima di tutto la politica: guardando la riunione del Fronte Popolare di Giudea e delle sue mille sotto-correnti, con quella burocrazia soffocante che impedisce ogni progresso, è impossibile non pensare a certe forze parlamentari italiane, per esempio. A peggiorare (o migliorare) le cose c’è il fatto che in quella stessa scena la riunione di maschi viene interrotta da una donna che, rapidamente e con efficienza, illustra la situazione e suggerisce una soluzione plausibile.

La risposta dei vecchi maschi è metterla a tacere e commentare “un altro momento di esibizionismo per le femministe”, e ancora una volta la mente corre a oggi, 45 anni dopo l’uscita di Brian di Nazareth, e a quanto fosse più profetico anche di quanto gli venne riconosciuto al tempo. È il marchio della grande satira, che non si limita a colpire i tic e le caratteristiche specifiche di questo o quel personaggio ma ne identifica gli archetipi e tutti quei meccanismi ripetitivi che si ritrovano da millenni nella storia dell’umanità. Come si può non amare un film che fa tutto questo? Boh, appunto.

Cosa ne pensate? Diteci la vostra nei commenti qua sotto!

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