Borat, rivisto oggi
Borat era un film impresentabile e cattivissimo, ma anche profetico in modi che abbiamo scoperto solo anni dopo
Questo articolo fa parte della rubrica Rivisti oggi
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Borat e Trump
Diciamolo più esplicitamente: la scena del rodeo è un trailer dell’America trumpiana che verrà, e che è sempre in qualche modo stata presente nella pancia del Paese, emergendo però solo a periodi e ondate. Quello che si vede in quella scena è quello che si vedrà poi anni dopo al comizio dell’ex Presidente, e senza ironia. È il motivo principale per cui il sequel di Borat non è efficace quanto il primo, pur essendo tecnicamente un film superiore: torna a colpire dalle parti del rodeo, ma arrivati a questo punto sappiamo che non esistono più esagerazioni troppo esagerate, che se serve la realtà è pronta anche a regalarci una carica di cavalleria contro il Congresso guidata da gente con l’elmo da vichingo.
E quindi Borat rivisto oggi, in quei momenti, suona veramente come una profezia, un “vi sto mettendo in guardia forse senza neanche accorgermene”. Attenzione, dice Sacha Baron Cohen, perché se il mio personaggio vi sembra assurdo e improbabile è solo perché ancora non conoscete la realtà. Trovate incredibile che intere regioni di un Paese possano essere così apertamente razziste, misogine e tutto il resto del cucuzzaro? “Sicuramente” ci dicevamo al tempo “il film contiene solo una selezione estremamente curata dei momenti più assurdi. Sicuramente non è questa la media”. E invece poi.
Borat e le categorie protette
C’è poi l’altro lato della medaglia di Borat, e cioè il fatto che si tratta di un film che se la prende con tutti i bersagli sbagliati e che vive di continue battute e gag che definire “politicamente scorrette” significa probabilmente sminuire. Prendete un qualsiasi bersaglio che oggi sarebbe intoccabile e troverete qualche momento di Borat nel quale viene umiliato, sfottuto, deriso. Femministe, omosessuali, disabili, battute sugli stupri e sulla pedofilia, un’intera nazione con una storia che gli Stati Uniti si sognano che diventa una barzelletta…
Il trucco è: Sacha Baron Cohen fa dire certe cose a Borat, ma in realtà le sta facendo dire all’America. In questo senso diventano quantomeno più sopportabili: è chiaro che il repertorio usato dal personaggio attinge a piene mani a tutta una serie di atrocità che negli Stati Uniti si pensano ma non si dicono… o almeno così succedeva fino a qualche anno fa, e qui torniamo al discorso su Trump e in generale sul cambiamento culturale post-Obama che ha cambiato, e di molto, la nazione che Borat già sfotteva con ferocia.
Ma alla fine fa ridere?
Dipende molto da un po’ di cose, innanzitutto se fate parte di qualcuna delle categorie che vengono brutalmente prese in giro nel film o meno, e poi dalla vostra sensibilità a certi temi e voglia o meno di sottoporvi a quella che per i protagonisti di Borat, escluso Borat, è di fatto una tortura. Alcune gag sono irresistibili ancora oggi, e la natura amatoriale delle riprese conserva un grande fascino, perché ci sono momenti quasi da Jackass nei quali il pensiero dominante è “davvero ha fatto questa roba? In pubblico?”.
Resta comunque un film molto destrutturato, la cui efficacia dipende più che altro dal caso e dalla capacità di questo o quel passante di riempire la scena e fare qualcosa di interessante. Quando questo succede, si veda di nuovo il rodeo nel quale c’è anche l’elemento “follia collettiva” a contribuire, Borat è ancora oggi un fenomenale pezzo di comicità. Quando non funziona sembra di guardare Paperissima senza il commento pesantemente dialettale, ma è il rischio insito nell’operazione stessa. Di certo, una roba del genere non si è mai più vista, né probabilmente mai più si vedrà.