Borat 2: cosa c’è di vero, come ha fatto a girarlo e quali sono state le conseguenze?
Borat - Seguito di film cinema ha dei momenti al limite dell'incredibile. Ma cosa c'è di vero? E come ha fatto Cohen a realizzare le scene?
Le avventure dell'assurdo kazako in America hanno regalato alcune scene di vera follia, situazioni improbabili e piccoli grandi scandali come quello che ha colpito Rudy Giuliani. È la magia del mockumentary: più di una candid camera molto elaborata, meno di una storia vera.
Lo vediamo a breve.
Rudi Giuliani
Ormai molto riconoscibile e temuto, Sacha Baron Cohen si è appoggiato alla nuova, incredibile, attrice e comica Maria Bakalova.
La figlia di Borat, Tutar, decide di “concedersi” in regalo al fedele amico di “McDonald Trump”, l’avvocato Rudi Giuliani. La scena è stata ripresa di nascosto, con le videocamere televisive che hanno filmato la finta intervista. Una volta appartati invece le videocamere erano, chiaramente, nascoste.
In un’intervista a Goodmorning America Cohen ha svelato come ha realizzato l’inganno. L’intero set era stato montato creando un nascondiglio vicino al luogo dell’intervista. Cohen ha assistito da lì all’intera scena. L’attore si teneva in contatto con il resto della crew pronto a intervenire al momento giusto.
Il resto delle immagini, con Borat che cerca di introdursi eludendo la security sono state girate in un secondo momento.
Il comizio di Mike Pence
Un’altra scena ad alto rischio era il blitz di Borat al comizio di Mike Pence. Cohen ha raccontato che è stato quasi fermato dalla security quando è suonato il metal detector, ma ha improvvisato una scusa legata a un fantomatico defibrillatore che portava con sé ed è riuscito a entrare.
A quel punto si è nascosto nei gabinetti per cinque ore. Il costume di Trump era nascosto all’interno. Come vediamo nel film si travestì (con l'aiuto della troupe) e attese il momento opportuno per intrufolarsi nel comizio del vice presidente. Immediatamente venne allontanato dalla sicurezza e il tutto rientrò senza troppo scalpore. La stampa all’epoca parlò dei fatti, ma senza dare eccessivo peso alla cosa e senza riconoscere l’attore.
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La canzone al raduno di estrema destra
Anche questa scena è tutta autentica, per quanto sembri incredibile a credersi. Ne avevamo parlato tempo fa in questo articolo, quando ancora non si sapeva di un nuovo film di Borat in produzione.
L’evento era intitolato March for Our Rights 3. Il riferimento è all’idea che solo solo il 3% dei coloni americani prese parte alle lotte contro gli inglesi. Un raduno di estrema destra dove Cohen è riuscito magistralmente ad aizzare la folla portandola a cantare strofe irripetibili e atroci.
Ma non è tutto: la security dell’attore ha impedito agli organizzatori dell’evento di allontanarlo dal palco o di togliere la corrente elettrica all’impianto audio.
Secondo un post su Facebook di uno degli organizzatori la via di fuga di Borat è stata un’ambulanza che l’ha allontanato dopo che la folla si è inferocita (momento mai mostrato nei video “live” dell’evento). La duplice beffa fu che Sacha Baron Cohen ritornò “sul luogo del delitto” pochi minuti dopo, vestito da cameraman chiedendo alla folla che cosa fosse accaduto.
Il lockdown a casa dei cospirazionisti
Lo scopo della scena era dimostrare che molti cittadini hanno la testa piena di notizie false diffuse online ma che, sotto la foga con cui vedono minacce ovunque, sono brave persone. Quando Borat incontra due cospirazionisti gli chiede di potere passare una notte a casa loro. Notte che è diventata quattro giorni di lockdown.
Così ha commentato Sacha Baron Cohen l’impresa:
La cosa più difficile che ho fatto è stata restare nel personaggio per cinque giorni in una casa in lockdown. Mi svegliavo, facevo colazione, pranzo, cena, e andavo a dormire come Borat mentre vivevo in casa con i cospirazionisti. Non potevo permettermi di uscire dalla parte nemmeno un momento.
È probabile che, per portare anche i cameraman all’interno abbiano usato la scusa di stare girando un documentario sulla pandemia.
Judith Dim Evans e Borat
Uno dei momenti più assurdi, ma anche toccanti del film, è lo scherzo fatto all’adorabile Judith Dim Evans.
Tutar ha sconvolto il padre dicendogli che “l’olocausto non è mai esistito. Lo dice internet!”. Borat allora, disperato, va alla ricerca di conforto travestendosi secondo stereotipo antisemita ed entra in una sinagoga. Lì incontra Judith Dim Evans, una sopravvissuta all’olocausto che nella sua vita si è dedicata anima e corpo all’educazione e alla sensibilizzazione.
Nei crediti del film si può leggere una dedica proprio a Judith Dim Evans che è morta quest’anno, poco prima dell’arrivo del film sulla piattaforma. G
Gli eredi non sono stati però contenti della partecipazione di Evans al film e hanno fatto causa ad Amazon (che ha prodotto il film) sostenendo che la donna è stata inclusa contro la sua volontà in un film che intende “deridere l’olocausto e la cultura ebraica”. Le cose potrebbero però cambiare ora che il film è disponibile ed è chiaro che l’intento di Cohen (che ricordiamo è a sua volta ebreo) è quello di un “ribaltamento cognitivo” tutt’altro che offensivo. Includere Dim Evans nella scena serviva a comunicare l’opposto.
Secondo quanto riportato da Deadline inoltre pare che Cohen abbia fatto uno strappo alla regola autoimposta rivelando alla donna la natura del film. Nella sezione X-Ray di Amazon prime Video, al momento della scena incriminata, si può accedere ad un contenuto speciale dove Dim Evans racconta in un paio di minuti tutta la sua storia.
Macy Chanel
Nel percorso di cambiamento di Tutar il personaggio incontra l’influencer Macy Chanel. Ha quindi origine un dialogo agghiacciante su come le donne possano sedurre gli uomini.
È difficile da credere, ma tutta l’intervista era reale e spontanea.
L’ha confermato la diretta interessata con un post su Instagram dove si è detta stupita di essersi ritrovata nel film. Ha anche aggiunto che ha trovato il film molto divertente. Nella descrizione post, poi parzialmente corretta, ha ammesso che, sebbene tutto fosse reale, Cohen è molto bravo a “provocare” la realtà.
Hay House
La scena del disagio. Durante un ballo raffinato e di alta classe, Tutar e il padre si dedicano a un ballo kazako che finisce con la ragazza che si alza la gonna mostrando… l’abbondante flusso mestruale.
L’esperienza della scena è stata ampiamente raccontata dai partecipanti. Le comparse non avevano idea di essere nel seguito di Borat. Erano consapevoli però di essere state pagate per comparire in un film. La compagnia di produzione ha selezionato le comparse chiedendo di compilare un questionario online dove dovevano riconoscere alcune celebrità tra cui Cohen stesso. Chi non lo riconosceva veniva preso per il film. Le comparse sono rimaste per quattro ore nella Hay House strettamente sorvegliati.
Quando è avvenuto lo scherzo molte comparse hanno ripreso il proprio cellulare e se ne sono andate disgustate. Solo qualche giorno dopo hanno capito di essere state vittime di Borat.
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