BoJack Horseman: i cavalli sono persone orribili

La quarta stagione di BoJack Horseman sta per arrivare su Netflix: un breve speciale per consigliarne il recupero sulla piattaforma

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Uno dei più noti poster di BoJack Horseman vede scorrere alcuni tra i nomi più noti della storia della televisione. “Soprano”, “Draper”, “Underwood”, ai quali si aggiunge “Horseman”. Può sembrare una provocazione, e ovviamente lo è, ma è anche un accostamento molto più serio e ragionato di quanto potrebbe apparire a chiunque creda di trovarsi di fronte ad una semplice serie animata su un cavallo antropomorfo. Nato nel 2014, BoJack Horseman, prodotto che è sempre rimasto di nicchia anche dopo la “riscoperta” degli ultimi anni, è l'ultimo erede di una certa tradizione di racconto americano, focalizzato sugli aspetti negativi della way of life per eccellenza e sugli lati oscuri che si annidano nella società del benessere.

“Back in the 90's I was in a very famous tv show”. Le parole della sigla di chiusura di ogni episodio ci raccontano molto di ciò che abbiamo bisogno di sapere. In questo mondo alternativo in cui uomini e animali antropomorfi convivono senza problemi, BoJack Horseman è un attore noto soprattutto, anzi solo, per aver interpretato il ruolo di protagonista nella mediocre comedy “Horsin' Around”, prodotto di successo che appartiene a un passato ideale molto lontano da ciò che l'attore è diventato nel momento in cui lo ritroviamo decenni dopo. Non che Bojack se la passi male, tutt'altro. Ha la sua bella villa a Hollywood, la sua piscina, i suoi contatti, non gli manca nulla in effetti.

Ma, a pensarci bene, nulla mancava al Don Draper di Mad Men, nulla mancava al Tony Soprano dell'omonima serie. Mettiamo da parte discorsi sulla legalità e altri conflitti concreti che i personaggi devono affrontare. Qui si parla di un'insoddisfazione profonda, tipica di chi ha raggiunto l'apice in un certo settore, il culmine di un percorso che tutti avevano assicurato avrebbe portato alla felicità. E allora dov'è questa felicità? Come è fatta? Si può davvero sapere di essere felici senza lasciar crollare l'illusione di un benessere vuoto? Lo spettro della depressione è dietro l'angolo.

In questa ricerca di un senso, di una vaga soddisfazione che potrà corrispondere ad un amore perduto o al riconoscimento professionale o a qualunque altro lampo di desiderio immediato, è legato il percorso di BoJack Horseman. Personaggio irritante, presuntuoso, spesso egoista e meschino, non uno stupido o una persona che gode nel fare del male, ma semplicemente un essere umano (poco importa che sia un cavallo a un certo punto) che si strugge nel cercare il bene mentre sabota in ogni modo la propria vita e quella delle persone intorno a lui. Data l'assurdità della premessa è difficile crederlo, ma BoJack è uno dei personaggi più complessi oggi rappresentati in tv.

BoJack Horseman, in quanto serie, è il miglior esponente di una certa animazione adulta che forse oggi si sta spostando dal classico filone delle comedy familiari sul modello dei Simpson fino a cercare nuove strade (la fantascienza di Rick e Morty ad esempio). Ma quello dell'animazione è solo uno strumento che si lega al tipo di storia e che permette certe soluzioni narrative. Per il resto la serie Netflix è una dramedy fatta e finita. Si punta sulle apparizioni impossibili, sulla critica sociale, sui giochi di parole, sul parossismo delle situazioni. E si ride, tantissimo. Ma è una risata intelligente, di quelle che lasciano un sapore amaro. E quando arrivano i momenti drammatici, questi sono caricati di un realismo così furioso (ebbene sì, stiamo sempre parlando della serie con gli animali parlanti) da scuotere nel profondo.

La quarta stagione di BoJack Horseman arriverà su Netflix il prossimo 8 settembre.

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