Blade: Trinity, il sequel che non voleva fare nessuno

Blade: Trinity è la pessima conclusione di un’ottima saga, e il fatto che Wesley Snipes non avesse voglia di farlo ha aiutato

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Blade: Trinity va in onda su Italia 2 questa sera alle 21:10 e domani sera in replica alle 22:57

Poche saghe cinematografiche sono finite male come quella del vampiro che ammazza vampiri: Blade: Trinity, terzo e per ora ultimo capitolo del franchise con protagonista il personaggio Marvel interpretato (e parzialmente reinventato) da Wesley Snipes, è uno dei cinecomic più maledetti della storia, un disastro che sta dalle parti di altre catastrofi famose come i Fantastici quattro di Josh Trank, e la dimostrazione perfetta della teoria (che abbiamo appena inventato) secondo cui è impossibile fare un bel film quando il tuo protagonista vorrebbe essere altrove.

Blade: Trinity e un problema cronico

Riassunto delle puntate precedenti: Blade è un personaggio Marvel nato nel 1973 e vissuto in pace sulle pagine dei fumetti fino a che, all’inizio degli anni Novanta, i Marvel Studios cominciarono a lavorare a un adattamento cinematografico, che prevedeva LL Cool J nel ruolo del protagonista. Il film finì in mano a New Line Cinema, che ne affidò la sceneggiatura a un allora promettente autore che aveva cominciato la carriera scrivendo Colpi proibiti per Van Damme e che era reduce dal sequel di Il corvo. Il suo nome era David S. Goyer e il suo unico scopo era quello di avere Wesley Snipes, reduce dalla Coppa Volpi a Venezia per Complice la notte, nel ruolo di Blade.

Ci riuscì, e nacque così il vampiro ammazzavampiri pieno di swag e di one liner che fece girare parecchie teste nel primo capitolo e scatenò applausi ancora più convinti con il sequel diretto da un altro allora promettente autore, Guillermo del Toro. I primi due Blade, usciti tra il 1998 e il 2002, costarono sommati meno di 100 milioni di dollari e ne incassarono quasi 300, e nonostante la solita critica (al tempo ancora meno propensa ad accettare un film di supereroi di quanto lo sia oggi) ne avesse criticato, appunto, l’inconsistenza e la superficialità, i film divennero un piccolo cult, e Wesley Snipes/Blade uno di quei personaggi cinematografici per il quale è permesso utilizzare la parola “iconico”. Il problema è che, in mezzo a tutto questo successo, proprio Snipes non aveva alcuna voglia di andare avanti.

Jessica Biel

Blade: Trinity insegna a non dire gatto se non ce l’hai nel sacco

Il problema di Blade: Trinity è che il film entrò in pre-produzione già nel 2001, un anno prima dell’uscita del secondo, perché New Line era convinta (a ragione) che Blade II avrebbe sbancato e che il pubblico avrebbe richiesto a gran voce un terzo film. Peccato che nessuno si fosse premurato di chiedere l’opinione di Snipes.

Per farla breve, Snipes, che non ha mai avuto un carattere facile e che al tempo si sentiva il padrone del mondo e soprattutto della serie di Blade (della quale era produttore fin dal primo film), arrivò sul set di Blade: Trinity senza alcuna voglia di girare il film, e cominciò a fare casino fin dal primo giorno. Anzi, prima: per esempio si lamentò immediatamente della scelta del regista del film, un nome misterioso, almeno per quanto ne sappiamo noi, che fu cacciato in tempo zero e sostituito con Goyer. Il quale aveva scritto i primi due Blade, ma al tempo sarebbe stato appena al suo secondo film da regista (dopo Zig Zag): un’altra scelta della quale Snipes si lamentò, e che lo portò a comportarsi da superstar viziata per l’intera durata delle riprese.

Le storie dell’orrore sul set di Blade: Trinity sono tantissime: Patton Oswalt descrive Snipes come violento, prevaricatore, viziato, uno che passava le giornate chiuso nella sua roulotte a farsi le canne e che accettava di girare solo i primi piani, lasciando tutto il resto delle scene alle controfigure (Snipes ha negato tutto di recente). Ryan Reynolds, forse l’unico del cast a dimostrare entusiasmo per la sua presenza sul set, si beccò insulti costanti sempre da Snipes, il più frequente dei quali pare fosse cracker. Solo Jessica Biel, che accettò la parte perché voleva staccarsi dal ruolo di Mary in Settimo cielo, si risparmiò gli strali di Snipes, ma questo non le impedisce di recitare per tutto il film come una che non vede l’ora di chiudere la scena e andare a casa.

Blade: Trinity Trio

Ma quindi il film com’è?

Prevedibilmente visto il clima appena descritto, Blade: Trinity è un film pessimo, nonostante l’entusiasmo evidente di Goyer che ha dedicato enorme attenzione ai dettagli che caratterizzano l’universo di Blade (per esempio l’utilizzo dell’esperanto nei cartelli, che secondo Goyer rappresenta la multiculturalità urbana) ma non altrettanta a imparare almeno i rudimenti del cinema d’azione: non solo il film è spesso illeggibile e fa confusione anche con concetti elementari come la regola dei 180°, ma è anche moscio, montato senza una parvenza di ritmo e sorretto da una colonna sonora che dovrebbe pompare adrenalina elettronica nelle casse ma che risulta solo soporifera.

Nulla però è più soporifero di Wesley Snipes, guardando il quale non si fa fatica a credere alle dichiarazioni di Oswalt sulle canne. Inutile girarci troppo intorno: Snipes non aveva alcuna voglia di recitare in Blade: Trinity e si vede, non gli piaceva la sceneggiatura, il regista, il resto del cast e soprattutto si era sentito talmente escluso dal processo produttivo dal fare causa, un anno dopo, a Goyer e New Line, sostenendo che non l’avessero pagato né l’avessero consultato per le decisioni importanti, e che avessero anche tagliato parte del suo screentime in favore di Reynolds e Biel.

A fronte di tutto questo, non stupisce che Blade: Trinity sia un film evanescente e un po’ sciocco, che propone la peggiore versione di Dracula mai concepita dal cinema e nel quale le uniche note positive arrivano da particolari secondari, per esempio Parker Posey che si diverte come una matta a fare la vampira cattiva. Il resto è, molto semplicemente, da dimenticare: ve lo consigliamo noi e ve lo consiglierebbe anche Wesley Snipes.

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