Blade Runner 2049, Villeneuve a Roma: "Il segreto per fare un film come questo è la malinconia"

Il nostro resoconto dell'incontro a Roma in cui Denis Villeneuve e Sylvia Hoeks hanno presentato scene di Blade Runner 2049

Critico e giornalista cinematografico


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Intorno a Blade Runner 2049 esiste lo stesso clima di segretezza che avevamo conosciuto per Guerre Stellari. Non solo non si può parlare di nulla di quel che ci è stato mostrato, ma non si possono fare domande su certi temi (tanto comunque non riceverebbero risposta) non si può descrivere niente ed ogni dispositivo tecnologico va imbustato e sigillato prima di entrare in sala. È il nuovo protocollo ufficiale dei grandissimi blockbuster che hanno dentro delle rivelazioni. E a giudicare dalle scene viste (di cui non possiamo parlare) ce ne dovrebbero essere effettivamente, perché è chiaro che in Blade Runner 2049 giocherà un ruolo importante il film del 1982. Sappiamo già che ci saranno i suoi personaggi, sappiamo che ci saranno dei piccoli pezzi (anche solo audio) da quel film e che il mondo del 2049 è diretta conseguenza di quello.

Di certo già si sa che c’è stato, ad un certo punto, un blackout, è cioè successo qualcosa ad un certo punto tra i due film che ha azzerato tutta la tecnologia, ha cancellato ogni memoria digitale. Il motivo di questo trucco di sceneggiatura è semplice e lo ha spiegato lo stesso Denis Villeneuve nel panel romano tenuto da lui e dall’attrice Sylvia Hoeks, che ha seguito la proiezione del footage.

DENIS VILLENEUVE: “La cosa peggiore in una detective story è mettere il detective su Google a cercare indizi. Così ci siamo inventati questo blackout che ha distrutto tutti i dati digitali, in modo che il detective debba appoggiarsi al mondo reale. Mi piace proprio la fragilità del mondo reale ed è bello che l’eroe debba muoversi per strada invece di stare dietro ad una tastiera.
In questo senso il mondo del 2049 è un incubo come quello del primo, estende quell’idea lì. Il clima è peggiorato, l’ecosistema è collassato e tutti sopravvivono come possono, serve un muro per proteggere Los Angeles dall’oceano”.

Cosa è successo ai replicanti?

DV: “I replicanti sono esseri bioingegnerizzati creati per fare da schiavi su altri pianeti. Sono lì per rendere quei pianeti dei bei posti in cui vivere. Siccome però avevano problemi di comportamento e tendevano a ribellarsi sono diventati illegali sulla Terra. Motivo per il quale è stata creata la sezione speciale Blade Runner all’interno della polizia di Los Angeles, per trovarli e ritirarli, cioè ucciderli. La Tyrrell poi è fallita e la produzione dei Nexus è stata interrotta, tuttavia qualcuno di quelli che non avevano un’obsolescenza programmata è ancora in giro. La squadra Blade Runner ancora li caccia mentre una nuova corporation ha iniziato a produrne di più obbedienti”.

Ora che l’hai terminato e hai detto che è il tuo miglior film, hai capito qual è il segreto per fare un film come Blade Runner? Cioè cosa serve per far fare ad un film quel salto che lo rende un Blade Runner?

DV: “La malinconia è la qualità centrale. E poi molto fumo [ride ndr.]. Inoltre c’è anche il fatto che deve essere un thriller con una profonda ed intima esplorazione della condizione umana. Se invece dovessi dire l’elemento che i due film hanno in comune e su cui ho lavorato è il sound design. Quell'atmosfera impressionistica che creano nel film il suono e ovviamente la musica; ho insistito affinché il compositore usasse gli stessi strumenti di Vangelis per realizzare lo score”.

Visivamente come vi siete regolati?

DV: “Il film originale è stato un punto di riferimento visivo per quanto riguarda la maniera in cui la luce crea le atmosfere. Io e Roger Deakins [direttore della fotografia ndr] sapevamo che anche il nostro avrebbe dovuto avere una parentela con quello, siamo nello stesso mondo ma peggiore, quindi la grande differenza è che fa più freddo. Essendo canadese ho una relazione molto stretta con l’inverno che implica una certa qualità di luce. Questo film ha momenti oscuri ma anche momenti argento e bianchi ispirati dalla luce del nord. Abbiamo fatto una grande ricerca visiva sulla luce dell'inverno. È raro realizzare un film su cui hai un controllo totale, abbiamo anche potuto inserire degli indizi che è difficile beccare alla prima visione ma che funzionano proprio con i colori”.

Che rapporto ha questo film con Arrival?

DV: “Arrival per me non è un film di fantascienza ma un viaggio umano, una storia molto intima, mentre Blade Runner è un thriller del futuro. Sono approcci diversi ma vorrei dire che fin da piccolo erano i romanzi di fantascienza ad attirarmi come quelli di Frank Herbert o Jules Verne come i graphic novelist francesi e belgi tipo Enki Bilal o Moebius. Addirittura volevo studiare microbiologia per saltare nell’ignoto, varcare i limiti della conoscenza umana. Ci sono più che altro libri e graphic novels grandi sulla fantascienza e pochi film, per questo sono grato a Christopher Nolan che ringrazio infinitamente per averne fatti”.

Per Arrival aveva usato quanta meno CG è possibile, qui è riuscito a fare altrettanto?

DV: “Quando fai un film sul futuro devi disegnare un mondo e la computer grafica è importante in questo. Tuttavia la mia prima decisione è stata di costruire tutti i set davvero. Del resto tutti gli attori mi hanno chiesto come prima cosa se ci sarebbero stati solo green screen o almeno avrebbero avuto una sedia! Invece abbiamo costruito tutti gli interni e i veicoli.
Addirittura se c’era una finestra in un appartamento avevamo costruito la parte di esterno che si vede da essa. Sono contento che siamo tornati a quel tipo di filmmaking, è importante che gli attori possano avere oggetti intorno a loro per focalizzarsi sulle relazioni. Anche perché nessun attore può fare ricerche sul futuro e deve quindi concentrarsi sul personaggio. Inoltre c’è un’ultima ragione per la quale non volevo green screen: perché quello ti vincola molto a regole matematiche, invece con un set vero ogni attore può portare qualcosa, possiamo cambiare e aggiustare le scene anche all’ultimo e solo così può scattare la scintilla di luce. Inoltre odio il colore verde!”.

Ryan Gosling come è stato scelto?

DV: “È stato lo sceneggiatore originale a menzionare a Ridley Scott il nome di Ryan Gosling come protagonista. Quando sono arrivato io mi hanno sottoposto l’idea e dopo aver letto la sceneggiatura mi è sembrata fantastica, la parte era proprio scritta per lui. Così ho chiamato Ryan, il quale non aveva mai fatto un film di queste dimensioni, ma era innamorato del Blade Runner originale, amava il Deckard di Harrison Ford. Anche per questo pure il suo personaggio porterà con sé questioni esistenziali, ma non ne posso parlare”.

C’è qualcosa di suo che ha portato al personaggio?

DV: “Gosling è perfetto perché incarna il personaggio anche solo stando fermo, come fa Clint Eastwood. Usa la presenza riuscendo a comunicare anche solo sbattendo gli occhi. Ha una presenza con cui esprime emozioni subliminalmente. Lui è proprio un attore che si porta il film sulle spalle in ogni inquadratura. Inoltre questo film è come se fosse d’epoca, io ho dovuto scegliere ogni attore, ogni comparsa una per una, perché ci vogliono solo certe facce nel mondo di Blade Runner, e quella di Gosling è perfetta”.

Chi è il suo personaggio, Luv?

SYLVIA HOEKS: “È il braccio destro di Niander, cioè Jared Leto, e i due hanno una relazione complessa e intensa. Anche lei è in cerca della sua identità come tutti gli altri”-

DV: “È Audrey Hepburn sotto acidi”

Hai avuto molte scene con Leto dunque...

SH: “Le mie labbra sono sigillate. È dura spiegare più di quel che ho detto.
Jared è un attore che lavora con il metodo, è stato intrigante vederlo sul set non perdere mai il personaggio. Ci siamo incontrati solo sul set e la prima volta che l’ho visto mi sono presentata come Luv, il personaggio, e anche lui come il suo personaggio. Questo dava elementi in più alla scena, cioè porta Niander lontano da Luv la quale così cerca sempre la sua approvazione”.

Alla fine chi gliel’ha fatto fare di accettare quest’impresa?

DV: “Mi ci sono volute settimane se non mesi per dire di sì alla proposta, e l’ho fatto solo quando ho capito che potevo creare una storia a livello. Poi ho dovuto fare pace con l’idea che non so come verrà preso. È un film diverso dall’originale ma è ambientato nello stesso mondo. So bene che Blade Runner 2049 segue un film immenso e le chances di successo sono molto piccole ma ora che sono in pace con quest’idea mi sento più libero e così sono riuscito a fare il film senza aspettarmi niente in ritorno. Ed è ottimo per un filmmaker”.

Cosa ne pensate? Ditecelo nei commenti!

La pellicola è diretta da Denis Villeneuve (Sicario, Prisoners). A occuparsi della distribuzione saranno la Warner Bros. (nel Nord America) e la Sony Pictures (nel resto del mondo).

Nel cast Ryan Gosling, Harrison Ford, Jared Leto, Robin Wright, Dave Bautista, Barked Abdi, Mackanzie Davis e Ana de Armas, il film sarà ambientato alcuni decenni dopo l’originale di Ridley Scott del 1982.

La sceneggiatura è opera di Hampton Fancher (co-autore della sceneggiatura dell’originale) e Michael Green, i due si sono basati su un’idea di Fancher e Ridley Scott, che è produttore esecutivo del film. Roger Deakins, nominato a 13 premi Oscars, è il direttore della fotografia.

L’uscita è prevista per il 5 ottobre 2017.

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