Black Phone è uno Split che ce l’ha quasi fatta

Carente in carisma nei due protagonisti, Black Phone riesce lo stesso a intrattenere grazie all’energia di Scott Derrickson

Condividi

Black Phone è su Amazon Prime Video

Una persona con disturbi psichici molto evidenti rapisce una persona adolescente e la rinchiude in uno scantinato, dal quale la poveretta dovrà trovare il modo di evadere. Un setup non particolarmente originale, che negli ultimi anni però viene facile associare a uno dei film che hanno contribuito all’attuale fama di Jason Blum e della sua Blumhouse – parliamo ovviamente di Split. Meno immediato è pensare a Black Phone di Scott Derrickson, che però, di fatto, altro non è se non il tentativo della Blumhouse di replicare il successo del film con Anya Taylor-Joy e James McAvoy, modificando ovviamente alcuni dei presupposti per non scadere nel territorio del clone, ma mantenendo intatta la struttura claustrofobica del film di Shyamalan.

A Black Phone manca Anya Taylor-Joy

Il problema principale di Black Phone – che comunque, lo diciamo subito per evitare fraintendimenti, è un ottimo horror – è che Mason Thames non è Anya Taylor-Joy. Certo, ovviamente si tifa per lui, è pur sempre un adolescente che viene rapito da un serial killer. Ma film come questo, o appunto come Split, non possono essere solo esecuzione e scrittura: sono opere che ti costringono a passare un’ora e più chiuso in una stanza, a studiare le interazioni tra la vittima e il carnefice, e dipendono quindi anche dal carisma degli interpreti, da quella qualità innata che va oltre l’applicazione e il talento, ed è per questo così sfuggente e difficile da descrivere. Anya Taylor-Joy, però, ce l’ha, innegabilmente, quella qualità innata. Mason Thames, come detto, no.

Sarebbe invece ingeneroso dire che Ethan Hawke abbia meno carisma della sua controparte Shyamalan-iana: James McAvoy ha tutto un film costruito su misura per lui (loro) e che funziona in proporzione a quanto il nostro ci dà di follia e overacting controllato. Hawke in Black Phone, invece, diventa vittima della maledizione del mascherone, che visivamente è di grande impatto ma che ovviamente ammazza una parte importante della sua espressività, obbligandolo a interpretare il ruolo soprattutto con la voce. Ce la mette tutta, e soprattutto nei momenti più lenti e inquietanti regala qualche momento di terrore puro. Ma gli manca l’impatto frontale del Crumb di Split, e ovviamente la sua varietà espressiva.

Horror, non thriller

Dove invece Black Phone si stacca dal modello di riferimento e ne guadagna in personalità è nella scelta di non essere un thriller (per quanto sui generis) ma un horror puro, con bambini spettrali, apparizioni e pure una bambina – tutto sommato inutile ai fini della storia, ma questo è colpa dell’adattamento cinematografico e non del racconto da cui è tratto il film – che ha la Luccicanza ma non può dirlo; vale qui la pena ricordare che il succitato racconto è di Joe Hill, noto altrimenti come il figlio scrittore di Stephen King. Qualsiasi somiglianza con le opere del padre è, assumiamo, perfettamente calcolata e non accidentale.

Ma quando mai ispirarsi a King è stato un problema? Black Phone funziona perché alterna momenti di puro survival, nei quali il nostro povero protagonista deve esplorare il suo ambiente come fosse in una escape room e capire cosa fare per fuggire, e altri da horror soprannaturale che sono altrettanto efficaci perché aprono più di una finestra sulle azioni di questo killer che altrimenti sappiamo essere tale solo perché ce l’hanno detto – di nuovo come Split, anche Black Phone è un film di violenza prima di tutto suggerita, o al limite mostrata come cosa fatta e appartenente al passato. La storia del telefono nero con il quale Finney può comunicare con gli spiriti delle precedenti vittime del killer poteva facilmente diventare una sciocchezza, e invece Derrickson ne abbraccia la natura quasi lynchana e riesce a rendere quelle telefonate inquietanti quanto i monologhi di Ethan Hawke.

Detto tutto questo, Black Phone non sarà al livello di Split, e non avrà neanche fatto gli stessi incassi stratosferici; ma è comunque un horror efficace, e che anche finanziariamente ha portato a casa dieci volte il proprio budget, tanto che ovviamente si parla già di un possibile sequel. Non sarà il migliore, ma si merita comunque la sua dose di applausi.

Continua a leggere su BadTaste