Bethesda e Microsoft, un matrimonio che potrebbe illustrare il futuro dei videogiochi | Speciale

Quella tra Bethesda e Microsoft non è una liaison come altre e non solo per il quantitativo annichilente di denaro che ha smosso

Lorenzo Kobe Fazio gioca dai tempi del Master System. Scrive per importanti testate del settore da oltre una decina d'anni ed è co-autore del saggio "Teatro e Videogiochi. Dall'avatara agli avatar".


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Dovendo commentare e analizzare solo le certezze, quelle relative al matrimonio tra Microsoft e Bethesda sono attualmente solo due. La prima è che da qualche giorno gli abbonati a Xbox Game Pass hanno venti nuovi titoli (diciannove in realtà considerando che DOOM Eternal bazzica la piattaforma già da un po’) con cui sollazzarsi, autentici capolavori, e in certi casi avventure letteralmente mastodontiche, che rendono il servizio della casa di Redmond sempre più attraente ed irresistibile agli occhi dei fan.

Nonostante qualche illustre escluso, Fallout 3 su tutti, le new entry spaziano tra i generi, le epoche storiche, tra i brand dell’apprezzato publisher americano. DOOM 64 e The Elder Scrolls III: Morrowind testimoniano la lunga storia di Bethesda e rappresentano l’occasione ideale per recuperare due autentiche perle del passato. Prey e Dishonored sono la strada preferenziale per farsi un’idea del talento dei ragazzi di Arkane Studios, magari in attesa dell’ormai prossimo Deathloop. Fallout: New Vegas e Wolfenstein: The New Order sono autentici capolavori che vanno giocati senza particolari remore.

[caption id="attachment_180761" align="aligncenter" width="1000"]Prey (PC, PlayStation 4, Xbox One) Prey è uno di quei giochi che andrebbero giocati prima di subito[/caption]

Farsi un giro sul catalogo di Xbox Game Pass può essere un’operazione tutt’altro che di breve durata. Le dimensioni del servizio sono ormai ragguardevoli e nonostante l’antipatica e ciclica eliminazione dalla lista di alcuni giochi, ovvia e naturale pratica applicata a qualsiasi altra piattaforma di streaming, la scelta resta ampissima, adatta a qualsiasi palato e, soprattutto, mediamente di qualità elevata.

Sì, perché a sorprendere è soprattutto il numero di capolavori che iniziano a svettare fieri nell’elenco, un numero destinato ad aumentare non fosse altro che i team interni a Microsoft si sono moltiplicati e, nei casi appunto di Bethesda, possono anche proporre antiche glorie poco sensibili allo scorrere del tempo.

Allo stesso tempo, l’altra certezza a cui accennavamo in apertura, a ben vedere paradossale, è che non ci siano assolutamente certezze sul futuro di questa liaison d’interessi. O meglio: ad essere all’oscuro su come andranno le cose, ora come ora, è la stampa, oltre che la fitta schiera di fan e appassionati, desiderosi di scoprire quanto prima su quale console potranno giocare il prossimo capitolo di The Elder Scrolls.

A ben vedere, nonostante tutto, il mercato e Microsoft stessa qualche suggerimento ce lo hanno dato su come andranno le cose.

Se Sony solo recentemente sta timidamente esplorando il mercato PC, pubblicando i vari Death Stranding e Horizon Zero Dawn anche su questi lidi, Microsoft già da anni ha pubblicamente dichiarato di voler trascendere il concetto di console per rendere Xbox un marchio, eventualmente proiettato verso il cloud.

La grande stagione delle esclusive si è conclusa ormai da qualche anno. Non che non abbiano il loro peso, perché i milioni di PlayStation 4 sono lì a testimoniarlo, ma parliamo ormai di un mercato talmente tanto ampio e frastagliato che conta più la forza del brand, che la singola killer application che può trainare, per qualche settimana, le vendite hardware.

Nintendo gioca un campionato a parte, che a stagioni alterne o perde malamente o stravince. Sony, che pur nasce produttrice di elettrodomestici e ha tutti gli interessi del caso a piazzare console, sta iniziando a capire che senza servizi non può sopravvivere ancora a lungo. Microsoft, dopo l’arrembaggio fallimentare all’hardware, la tragicomica epopea con Nokia la ricordiamo ancora tutti bene, sta lentamente tornando a fare esclusivamente quello che sa fare meglio, ovvero vendere software.

[caption id="attachment_207582" align="aligncenter" width="1000"] Serviva un'altra scusa per concedersi l'ennesima run a DOOM Eternal? Forse no, ma va bene così[/caption]

E questa potrebbe essere la risposta al quesito che sta tenendo con il fiato sospeso buona parte della community. Sì, perché è altamente improbabile che Microsoft decida di confinare al solo mercato PC e Xbox il prossimo capitolo di The Eleder Scrolls. È pur vero che un’azienda che spende 7,5 miliardi di dollari per compare un publisher possa avere tutti gli interessi del mondo ad attrarre nuovo pubblico a suon di esclusive, ma l’intento della casa di Microsoft è più machiavellico, oltre che più efficace sul lungo periodo.

Pensate al nuovo Fallout, venduto a 80 euro su PlayStation 5, incluso sin dal day one sul catalogo di Xbox Game Pass, e quindi percepito come gratuito. In un colpo solo Microsoft lucrerebbe sia su chi vuole a tutti i costi giocarsi l’RPG sulla macchia Sony, sia su chi lo fruirebbe sul servizio di streaming, aggiungendo al contempo un nuovo pilastro su cui ampliare la forza di richiamo del servizio e quindi del brand Xbox.

Microsoft ha capito, prima di tutti, che le battaglie del domani si combatteranno sul fronte del software. Ma già oggi potrebbe vincere anche a spese di chi continua a puntare tutto o quasi sull’hardware. Ori and the Blind Forest è bellissimo da giocare anche su Nintendo Switch. The Elder Scrolls VI sarà fenomenale anche su PlayStation 5.

Da illustre perdente, nel giro di una generazione Microsoft ha (quasi) completamente ristabilito il suo nome. E questo lo deve, ancor prima e ancor più che a grosse acquisizioni, proprio a Xbox Game Pass, autentico Cavallo di Troia con cui insinuarsi ovunque. Se nel mentre noi utenti possiamo anche (ri)giocare a Morrowind, tanto meglio per noi.

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