Berlinale 2021: cosa succede se c'è un concorso senza proiezioni in sala
Dopo l'annuncio della divisione in due parti una decisione più complicata spetta al team della Berlinale
Le ragioni sono le più semplici da intuire. A Febbraio, la tradizionale data della Berlinale, è evidente che in Germania non sarà possibile aggregare il numero di persone che serve per un festival e comunque nessuno vorrà viaggiare, dunque il festival aveva come opzione la cancellazione dell’edizione oppure andare online. Carlo Chatrian, direttore artistico, e Mariette Rissenbeek, direttore esecutivo, hanno invece scelto di dividerlo in due, di fatto spostando in avanti il festival come lo conosce la città, a Giugno, ma tenendo a Marzo (e online) il festival come lo conosce il mondo, cioè un evento di mercato globale.
La decisione sembra corretta e riesce a mettere una pezza ai problemi più importanti, ovvero quelli del mercato, che vive soprattutto se c’è una manifestazione accanto ad esso che valorizza alcuni film (quelli in selezione), fornendo indicazioni importanti sia per chi vende (che imposta i prezzi in modi diversi), sia per chi compra, perché la vetrina e la veicolazione del festival effettivamente aumentano la commerciabilità dei titoli. Il grande problema che si trova ad affrontare però è quello del senso di una competizione. Non averne una a Marzo, cioè non mettere i film in gara e non avere dei vincitori nel momento in cui si svolge il mercato, è un po’ un problema. Tuttavia tenere il concorso forse pone problemi anche più grandi.
[caption id="attachment_461766" align="aligncenter" width="1400"] L'attrice Paul Beer con l'Orso d'argento vinto per la miglior interpretazione in Undine[/caption]
Sembra difficile che la Berlinale 2021 possa garantire che ogni singolo giurato nel proprio paese o nel luogo in cui risiede abbia per sé delle proiezioni in sale cinematografiche a sé dedicate, in cui vedere i 20 film in solitudine e sicurezza. L’alternativa più plausibile è che i giurati vedano i film online, quindi sul supporto che preferiscono. Questo significa non solo che li vedrebbero ognuno in una maniera diversa ma soprattutto che per la prima volta il concorso di un grande festival di cinema internazionale sarebbe deciso senza che i suoi film siano visti sul grande schermo ma sulla base di visioni su schermi più o meno piccoli. Di fatto sancirebbe un altro tipo di fine dell’intoccabile sacralità della sala. L’Orso d’oro si merita il suo titolo per come è apparso ai giurati su uno schermo piccolo. Ne abbiamo viste tante di incrinature a quell’idea, questa tuttavia sarebbe abbastanza clamorosa, perché i festival si reggono su quell’idea di circolazione nelle sale, come del resto i mercati si reggono su quell’idea e pure le distribuzioni che vi partecipano in massa ecc. ecc.
È questa la principale difficoltà che in queste settimane si trova a dover affrontare il team della Berlinale, una decisione complicatissima che li stringe tra le richieste del mercato (“Per favore un concorso ci serve”) e un passo che nessuno vuole fare, quello che sancirebbe che anche la parte che viene percepita come meno commerciale e più artistica del cinema non necessita della sala per incensare i film più importanti dell’anno.
Anche per questo sembra difficile che davvero il festival di Berlino possa optare per un concorso in remoto, più probabile che si aspetti Giugno (con molta meno eco, molta meno stampa, molto meno hype) piuttosto che aprire per primi la porta dei concorsi virtuali.