Benvenuti a Zombieland è un traguardo, non un punto di partenza

Benvenuti a Zombieland è la conclusione di un lungo percorso e ne è in un certo senso il culmine – dopo il quale il genere è andato sempre in calando

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Benvenuti a Zombieland va in onda su Rai 4 e Rai 4 HD questa sera alle 21:18

Benvenuti a Zombieland arrivò nel 2009 come un fulmine a ciel sereno, o almeno così sembrò al tempo: raro caso di film di zombie in grado di fare breccia anche nel mainstream pur senza rinunciare alle sue radici gore, trascinato dal quasi-star-power ancora un po’ indie di un Jesse Eisenberg pre-The Social Network e un’Emma Stone pre-Easy A e Crazy, Stupid, Love, il debutto di Ruben Fleischer impiegò 88 minuti per venire sommerso di complimenti dalla critica e di soldi dal pubblico. La realtà è che più che un successo inaspettato Benvenuti a Zombieland (guarda il trailer) è il risultato della somma più o meno silenziosa di una serie di fattori che stavano agitando il cinema di genere in quegli anni, il fortunato culmine di un percorso che era cominciato qualche anno prima dall’altra parte dell’oceano.

Benvenuti a Zombieland, lato zombie

Come i loro protagonisti (o antagonisti, se la volete vedere dal punto di vista degli umani), anche i film di zombie si manifestano a ondate: fin da quando sono comparsi ai tempi di Romero, che possiamo convenzionalmente far coincidere con la nascita dello zombie movie moderno, non se ne sono più andati, ma la loro onnipresenza non è costante ma va a periodi. C’è un’esplosione, che porta con sé qualche capolavoro e una lunga lista di pallide imitazioni, e poi ci sono anni di relativo silenzio, nei quali gli zombie rimangono attivi nel sottobosco degli appassionati ma smettono di essere utilizzati in ogni forma e modalità anche in film in cui non c’entrano nulla.

L’ultima (o forse la penultima, ma ve lo sapremo dire tra un paio d’anni) ondata di film sui morti viventi comincia nel 2002 con 28 giorni dopo, nel quale gli zombie passano da “morti viventi” a “umani infetti” (la versione più utilizzata ancora oggi, anche in Benvenuti a Zombieland) e soprattutto smettono di ciondolare per cominciare a correre. Gli zombie moderni nascono con il film di Danny Boyle, e ormai c’entrano pochissimo con quelli originali della tradizione haitiana: sono quasi sempre “esseri umani colpiti da un virus che li rende particolarmente aggressivi”, una formula che da un lato smussa un po’ il rapporto tra la figura dello zombie e la nostra idea morte, dall’altro mette in ballo una serie di questioni morali (“sono ancora umani?”) e pratiche (“esiste una cura?”) che si intrecciano e sono alla base del 90% dei film di zombie usciti dopo il 2002.

Bill Murray

Benvenuti a Zombieland, lato commedia

Tra questi ce n’è uno che ci fa invece tornare ai tempi di Romero, degli zombie lenti e della gente assediata in esercizi commerciali, e che, se vogliamo fare il gioco delle categorie, siede a metà tra “zombie movie” e “commedia horror”, un altro sottogenere con una storia lunga e complicata e che funziona a ondate. Nel 2004, anno di uscita di questo film, la commedia horror è agonizzante, massacrata a coltellate dagli Scary Movie e dalla loro infausta progenie. Nel sottobosco si stanno facendo i primi preparativi per un grande ritorno del sotto-sottogenere “commedia horror con animali buffi”, che nel giro di pochi anni ci regalerà tra gli altri Black Sheep e Poultrygeist, ma soprattutto, in Inghilterra, due signori di nome Edgar Wright e Simon Pegg scrivono un film di zombie che 1) fa ridere e 2) fa da sfondo a una storia d’amore da rom-com inglese con tutti gli ingredienti al loro posto.

In Italia decidiamo di intitolarla L’alba dei morti dementi, ma in originale è Shaun of the Dead, e pur senza sconvolgere il botteghino riesce ad attirare l’attenzione generale – per come è diretto, per come è scritto, per come riesce a far convivere l’ultraviolenza e l’ansia zombie con una storia umana semplice, genuina e coinvolgente, il tutto senza mai smettere di far ridere. È una proof of concept, la dimostrazione che è possibile scrivere una commedia horror brillante e personaggio-centrica senza per questo sacrificare la messa in scena o le radici horror del progetto; e che non importa se gli zombie corrono o meno (in questo caso non lo fanno), quello che importa è che ci sia un motivo per fare il tifo per le persone che dagli zombie vengono inseguite.

Zombieland Emma Stone

La sommatoria finale

Benvenuti a Zombieland è uscito 7 anni dopo 28 giorni dopo e 5 anni dopo L’alba dei morti dementi, cioè i due film che hanno contribuito a rilanciare da un lato lo zombie movie versione “corrono”, e dall’altro la commedia horror. In altre parole, Benvenuti a Zombieland è l’ideale punto d’incontro tra le due lezioni, un equilibrio delicatissimo e mai più replicato, visto che negli anni successivi verrà rotto (non è necessariamente un male) in favore della stupidità estrema e dell’ultraviolenza (Dead Snow) o al contrario dell’umanizzazione e sentimentalizzazione della figura dello zombie (Warm Bodies). Nessun film di zombie uscito dopo Benvenuti a Zombieland è riuscito ad armonizzare così bene il suo lato più comico con quello horror – o almeno, nessuno fino al 2017 e a One Cut of the Dead, ma questo è un altro discorso.

Ruben Fleischer (che poi finirà, ahilui, a dirigere Venom, nonché il film su Uncharted) e la coppia Rhett Reese/Paul Wernick (ai quali andrà meglio, visto che sono quelli dietro Deadpool) sono riusciti in un’impresa non facile: intercettare le nuove tendenze dei film di zombie e farle convergere con quell’attenzione ai personaggi che caratterizzava le opere di Romero (L’alba non si risparmia momenti comici), e contemporaneamente scrivere una commedia ultraviolenta ai confini con la slapstick ma intrisa di sentimento e di chimica tra i quattro protagonisti. Non è la miglior commedia horror di sempre e non è il miglior film di zombie di sempre, ma è una compilation di tutto quello che funziona nei rispettivi sottogeneri, assemblata con amore, creatività e una certa anarchia di fondo: non sono in tanti negli ultimi dieci anni a poterlo dire (uno di questi è ovviamente Quella casa nel bosco).

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