Basic Instinct 2: ce n’era davvero bisogno?

Basic Instinct 2 è uno dei sequel peggiori della storia del cinema, nonché un thriller erotico eccitante come una scatoletta di tonno

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Basic Instinct 2 va in onda su Iris questa sera alle 21:00

Se state leggendo questo pezzo il giorno che è stato pubblicato, cioè il 6 marzo 2021, significa che siete in cerca di qualcosa da fare questa sera, qualcosa che non sia guardare la finale di Sanremo – perché non vi interessa, perché non vi piace la musica italiana, perché siete snob, perché ne fate una questione di principio: comunque non vi giudicheremo. Se però siete su questa pagina perché vi siete domandati “chissà se Basic Instinct 2 è un’alternativa valida”, be’, abbiamo una pessima notizia per voi: non abbiamo idea di come sarà la serata finale di Sanremo, ma dubitiamo che possa essere così disastrosa da rendere il film di Michael Caton-Jones un’alternativa appetibile.

Development hell è un’espressione inglese che non ha un vero equivalente italiano (la traduzione più letterale possibile sarebbe “l’inferno dello sviluppo”), e che indica tutti quei prodotti che per un motivo o per l’altro vedono la loro lavorazione e finalizzazione continuamente rimandata, al punto che chi ci lavora comincia a chiedersi se vedranno mai la luce. Moltissimi progetti attraversano anni di development hell prima di vedere la luce (vi ricordate il Don Chisciotte di Gilliam?), e in certi casi ci si chiede come mai ci sia voluto così tanto tempo per arrivare a un risultato; in altri, invece, la domanda è opposta: “Perché non si sono fermati prima? Perché non hanno tenuto questo progetto nel limbo?”. Basic Instinct 2 è uno di questi progetti: il suo regista Michael Caton-Jones, per esempio, lo descrive come “il calice avvelenato che è passato di mano in mano e alla fine ha bussato alla mia porta”, e a posteriori ne parla come “la peggior esperienza cinematografica della mia vita”.

Non è chiaro a chi sia venuto in mente di fare un sequel di Basic Instinct, o che Basic Instinct avesse bisogno di un sequel; di sicuro chi si era reso conto da subito della puzza di bruciato era la stessa persona che aveva accettato di partecipare al progetto a patto che ne facesse parte anche Sharon Stone. Parliamo di Paul Verhoeven, che, stando alle cronache dell’epoca, abbandonò la nave dopo aver letto la sceneggiatura, dicendo che l’aveva fatto star male. Ma come, l’ultraviolento e ultrasessualizzante Paul Verhoeven che si tira indietro da un film pieno di sesso e violenza perché... ce n’è troppa?

Basic Instinct 2 Sharon Stone

In realtà, a riguardare il film, viene un forte sospetto che Verhoeven non intendesse “Basic Instinct 2 è troppo esagerato e crudele persino per me”, ma “Basic Instinct 2 è scritto troppo male perché io mi ci voglia avvicinare”. Il povero Michael Caton-Jones vinse un Razzie Award quell’anno per la sua regia, ma onestamente è dura prendersela con lui: non ha grossi guizzi e il suo stile alterna primi piani intensi di gente con espressione seducente/sedotta e campi lunghi a inquadrare gli enormi e lussuosi saloni dove si svolge questa nuova storia di omicidi e gente che scopa, ma quantomeno azzecca l’atmosfera, le luci, i set. O meglio li azzeccherebbe se il film che si è trovato a dirigere fosse effettivamente un thriller erotico sulla scia di Basic Instinct, e non un quasi-horror con una protagonista/antagonista dotata di poteri soprannaturali e circondata dal peggior branco di idioti della storia dei delitti cinematografici.

Catherine Tramell è tornata, e questa volta è a Londra! Questa l’idea di base di Basic Instinct 2, che è un album di cover del primo capitolo con qualche arrangiamento cambiato: l’Europa invece dell’America, uno psichiatra invece di un poliziotto, una droga paralizzante al posto del punteruolo per il ghiaccio. Ancora una volta c’è un omicidio (o forse è un incidente? O forse è un suicidio? Forse la vera vittima è Catherine Tramell! O forse era tutto un sogno), e ancora una volta Sharon Stone ci rimane invischiata, e attira l’attenzione delle forze dell’ordine (con il volto e i pornobaffi di David Thewlis) e pure di uno psichiatra (David Morrissey nella versione di sé stesso più anonima della sua intera carriera). E mentre tutti intorno a lei cercano di scoprire se è davvero colpevole o no, fino ovviamente a convincersi che è innocente, e nonostante questo la gente continua a morire, Catherine Tramell persiste nel fare quello che ha sempre fatto nella più totale impunità: sedurre gente a caso, confessare i suoi delitti, ma li avrà commessi davvero?, e portarsi a letto più persone possibile nel tentativo di confondere le acque.

Lupin e Sharon Stone

Il problema è che le viene benissimo, perché Leora Barish e Henry Bean le cuciono addosso una sceneggiatura di una stupidità ammirevole, tutta costruita per giustificare Sharon Stone che dice cose zozze, Sharon Stone che si spoglia, Sharon Stone che fa sesso con [inserire nome], Sharon Stone che trama nell’ombra e a volte alla luce del sole. Glass, lo psichiatra, è probabilmente l’esempio principe di questa sciatteria: uno stimato dottore con una promettente carriera davanti, messa però a rischio da un incidente avvenuto qualche anno prima con uno dei suoi pazienti, che commette esattamente gli stessi errori dimostrandosi lo psichiatra meno professionale di tutta l’Inghilterra, e tutto perché Catherine Tramell si mette le gonne corte e incrocia le gambe.

Basic Instinct era un film basato sul non detto, sull’ambiguità, su un personaggio, quello di Catherine Tramell, né buono né cattivo, semplicemente egoista e narcisista; una manipolatrice, certo, ma di sicuro non in grado di ipnotizzare con uno sguardo chiunque le passi davanti e costringerlo a fare tutto quello che vuole. Ripensate alla sottigliezza e alla magia del vedo-non-vedo, dico-non-dico del film di Verhoeven e ora guardate la sequenza iniziale di Basic Instinct 2, uscita direttamente da una parodia porno di Fast&Furious girata da un tizio che vorrebbe tantissimo essere Michael Mann:

La volgarità è l’unica vera cifra stilistica di Basic Instinct 2: dove il primo film era tutto sguardi e ammiccamenti, qui Sharon Stone non riesce a stare cinque minuti senza dire cose tipo “quando ti masturbi pensi a me?” o “vorresti venirmi in bocca?”; come se avesse perso il suo potere persuasivo e dovesse affidarsi allo shock factor da tarda serata su un’emittente locale per attirare l’attenzione. Catherine Tramell in Basic Instinct era una sirena incantatrice; in Basic Instinct 2 è diventata un’operatrice telefonica da 144 (se non sapete è perché siete giovani – beati voi!). Non se ne sentiva veramente il bisogno.

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