Bart rischia grosso: i Simpson e l'inizio della Bartmania
Passione e (mancata) redenzione di Bart Simpson in risposta alla Bartmania appena esplosa
Questo articolo è parte della rubrica Tutto quello che so dalla vita l’ho imparato da I Simpson in cui ogni settimana rivediamo, raccontiamo e celebriamo i 50 episodi della serie che riteniamo più significativi.
Bart rischia grosso - I Simpson, seconda stagione, episodio 1
BART: “Mi serve un altro giorno per studiare Signore! Solo un altro giorno!”
LISA: “La preghiera… L’ultimo rifugio di una canaglia”
Bart è stato fin dall’inizio il personaggio di punta di I Simpson, l’ariete, quello che ha sfondato immediatamente nell’immaginario collettivo. Se Homer alla lunga ha vinto, nei primi anni era Bart lo strumento con il quale I Simpson sono diventati un fenomeno di costume e sono arrivati anche negli altri paesi. Era il protagonista dei videogiochi, era su tutto il merchandising. La Fox usava lui per le pubblicità degli episodi ogni settimana, anche quando gli episodi non lo prevedevano.
In quest’ottica una puntata che era stata scritta e originariamente pensata per essere la terza della seconda stagione, diventa la prima. Solo perché il protagonista è Bart. Ed è forse una delle più belle tra quelle che costruiscono la sua figura, una delle più complesse e stratificate che fissano un punto morale ed etico: Bart rischia grosso.
L’abbiamo scritto spesso qui: ogni puntata con Lisa ha a che vedere con l’etica sociale, ogni puntata con Bart ha a che vedere con la morale individuale. La sorella intellettuale affronta temi del dibattito pubblico, il fratello scapestrato dilemmi personali. Qui in particolare Bart affronta le conseguenze del suo stile di vita.
La puntata si apre con il dualismo che la animerà: Martin Prince, il primo della classe, fa un resoconto eccezionale del libro di Ernest Hemingway che ha letto (mascherato da Hemingway stesso). È una prestazione strappa applausi e Milhouse subito guarda Bart sapendo che dopo tocca a lui (l'espressione di Bart è impagabile). Lui ovviamente non ha letto niente e non fa che descrivere la copertina di L’isola del tesoro di Stevenson. C’è chi galoppa e poi c’è Bart che non si cura di niente. È l’ennesima insufficienza accumulata ma l’anno sta finendo e adesso l’ultima prova di Storia potrebbe essergli fatale.
Il primo colpo che differenziava I Simpson da qualunque altra serie con una famiglia era che adesso Bart deve studiare ma la famiglia non lo aiuta. Anzi. Dopo cena Homer lo trattiene a guardare un film su una scimmia gigante che è “il nonno di King Kong” (alla fine del quale piange vedendo il gorilla in una gabbia gigante che se na va via trascinato dalla corrente in mare aperto), a film finito è tardi, Bart si mette sui libri e invece che studiare si addormenta. Per nessuno sembra essere un gran problema, anzi fa tenerezza. Il giorno dopo è così poco preparato che finge un terribile malore per fuggire dalla classe con successo.
Il piano è telefonare a Milhouse il pomeriggio e farsi dare tutte le sue risposte, così che il giorno dopo imparandole a memoria possa superare il test. A compito consegnato la risposta della signora Caprapall sarà: “Questo test è anche peggiore di quello di Milhouse!”. Insufficienza piena. Colloquio con i genitori. Presenza dello psichiatra. Stavolta Bart sarà bocciato se non fa qualcosa
Questa è una grande scena. Ci sono 4 adulti che parlano di lui davanti a lui e che lo sovrastano perché più grandi. Lo guardano dall’alto verso il basso con compassione, Marge dice anche: “Sono sicura che essere bocciato gli sarà d’aiuto”, mentre per Bart è una vera tragedia, urla di essere un idiota, uno che non capisce niente e disperato si spinge là dove non credeva si sarebbe mai spinto, ovvero a perorare la causa del suo impegno: studierà!
Come spesso avviene in I Simpson la realtà è solo una percezione, e quindi adesso ogni cosa intorno a Bart gli ricorda il fallimento, anche un dialogo con Otto è grottesco perché lui gli dice di non preoccuparsi: “Anche io sono stato bocciato due volte in quinta elementare! E adesso guarda, guido il pulmino della scuola!!”. Inevitabile arriverà la visione futura, con lui grande e grosso, vecchio, nella stessa classe con dei bambini (tra cui c’è suo figlio Bart jr.) che fa gli stessi errori di oggi. Bloccato in un personaggio. Il personaggio che era finito sulle magliette, quello che aveva più successo degli altri membri della famiglia. Bart condannato ad essere Bart Simpson per sempre, lo scapestrato che invita gli altri ad essere poco diligenti, impossibilitato a redimersi.
L’episodio arrivava nel pieno della Bartmania, quella frenesia compulsiva e commerciale che colpì il mercato nei primi anni ‘90. Il merchandise dei Simpson solo nei primi 14 mesi arrivò a generare un giro d’affari di 2 miliardi di dollari dell’epoca e ovviamente nacque tutto un mercato parallelo contraffatto, mai esplicitamente contrastato dalla Fox per volere di Matt Groening (venivano perseguite legalmente solo le persone che lo associavano a simboli nazisti o simili).
La Fox usò i Simpson e nello specifico Bart in tutte le maniere possibili, uscì un album The Simpsons Sing The Blues in cui era registrata la canzone Do The Bartman, ispirata da Michael Jackson (che l’anno dopo avrebbe partecipato allo show non a caso in un episodio con Bart). La parata del giorno del ringraziamento dal 1990 in poi (fino ad oggi) ha un pallone gigante a forma di Bart Simpson. 1.000 dei 1.400 centri commerciali J.C. Penney avevano una sezione Simpson nel loro settore bambini. E se tutto questo non dà la misura del successo basta dire che nelle elezioni del 1990 il nome falso più scritto sulle schede elettorali annullate, dopo l’intramontabile Topolino, fu Bart Simpson.
“In un mondo ad alto rischio e potenzialmente grande ricompensa, quello del merchandising, in cui Rambo compete con la Sirenetta e Freddy Krueger [...] I Simpson sono la nuova proprietà intellettuale più in voga” scriveva il New York Times, per poi precisare “Fox ha concesso la licenza all’uso dell’immagine di I Simpson a più di 70 prodotti e adesso ha smesso nonostante riceva più di 100 chiamate di richiesta al giorno” addirittura, chiude il pezzo “Il vice presidente della Amurol ha testato tre versioni differenti della gomma da masticare Bart Simpson su un panel 1.500 ragazzi per stabilire quale funzioni di più ma siccome tutte hanno funzionato, tutte saranno messe sul mercato. E ha concluso: “Là fuori c’è una Bartmania”.
L’idea di Bart per superare il test che deciderà se verrà bocciato o no è di farsi allenare da Martin Prince. Come in My Fair Lady lui lo renderà popolare, gli insegnerà ad andare sullo skate e fare scherzi, mentre Martin gli insegnerà la storia. E qui accade una cosa eccezionale: Martin è vago, tutto preliminari, arredo dell’ambiente per studiare, mentre Bart fa la sua parte concretamente. Soprattutto questo scambio invece che migliorare Bart, peggiora Martin quasi subito: “Chi l’avrebbe mai detto che spingere un bambino nella toilette delle femmine sarebbe stato così eccitante!! Le urla le umiliazioni, il fato che non fossi io!! Non mi sono mai sentito così vivo!”.
Il fascino del lato oscuro conquista il primo della classe che diventa ingestibile prima che Bart possa imparare anche solo la prima nozione.
Alla fine, arrivato alla notte prima del test con la consapevolezza di non avere speranze, in ginocchio sul suo letto, Bart prega che gli venga concesso un altro giorno e Lisa, passando di lì, lo ascolta parafrasando tra sé e sé il detto americano: “Il patriottismo, l’ultimo rifugio di una canaglia”.
La grande idea di sceneggiatura che crea il dilemma morale è che poi effettivamente il giorno dopo nevica. Scuole e uffici sono chiusi, è una giornata di festa, Bart scende con lo slittino e trova Lisa sulla porta in un momento di confronto illuminato sia seriamente che comicamente con luci enfatiche e lunghe ombre. Lisa fa il lavoro della coscienza: “Non so se esista un Dio ma se esiste è una forza più potente di mamma e papà, messi insieme. E tu gli devi molto”.
I Simpson degli inizi non dimenticavano mai che per quanto i loro bambini si comportassero da adulti, rimanevano bambini. Bart capisce di avere ottenuto quel che aveva chiesto e di essere in debito con chiunque gliel’abbia concesso. Dovrà studiare mentre comicamente fuori tutti si divertono e il sindaco Quimby (nella sua prima apparizione nella serie!) dichiara quella “La giornata più felice nella storia di Springfield”. Tutti cantano in circolo tenendosi per mano come nel cartone del Grinch mentre viene citato il dipinto di Otto Knirsch The Road - Winter.
La Bartmania aveva portato un grande successo e come sempre assieme ad esso arrivano grandi polemiche e reprimenda. In molti avevano gridato al cattivo esempio e al fatto che Bart fosse deleterio per i giovani, il simbolo di ciò che non va elevato ad eroe. In particolare era sotto accusa il fatto che alcune magliette commercializzate e indossate da diversi studenti a scuola recitassero: “Underachiever and proud of it” come se fosse un vanto e un obiettivo nella vita. E questo secondo l’ottica tradizionale americana della valorizzazione dei talenti e del culto dei vincenti, è una bestemmia bella e buona.
In questa puntata, quando i genitori sono a colloquio con lo psicologo, verrà tirato fuori da lui proprio questo termine: Bart è un underachiever, qualcuno che non sfrutta il proprio potenziale e ottiene meno di quel che potrebbe. Tutta la puntata vede Bart battersi contro questa affermazione. Ma alla fine non sarà mai chiaro se l’abbia smentita o meno.
Ora, dopo tutto questo in qualunque altra serie una vittoria sarebbe stata dovuta per il protagonista scapestrato che si è sacrificato e impegnato, invece dopo aver studiato tutto il giorno di neve e la notte (sognando i padri fondatori che anche loro preferiscono giocare con la neve che redigere la dichiarazione d'indipendenza) Bart fallirà lo stesso. Disperato davanti alla signora Caprapall piange e si dispera per la sua inutilità e incapacità, citando noti episodi della storia americana. La dotta citazione impietosisce la maestra che per quello gli alza il voto e di fatto lo promuove. È una vittoria ma è anche un trucco, è un gesto pietoso, Bart ha studiato tutto il giorno e fallito lo stesso. È davvero un underachiever. Le apparenze tuttavia sono salve, Bart festeggia sotto lo sguardo di tutti (incluso Martin ormai diventato un teppista).
A ben vedere però, andando oltre la trama, è chiaro da questo episodio che imposta molto bene Bart per il futuro, che non è un cattivo esempio in sé ma un personaggio completo, il cui problema è il proprio atteggiamento nei confronti di autorità e dovere. Come è chiaro che lui stesso ne è la prima vittima, il primo ad essere infelice.
Ad ogni modo la risposta migliore alla questione l’ha data il produttore James L. Brooks: “Siamo al corrente e stiamo attenti alla questione. Tuttavia per noi è importante che Bart vada male a scuola”. Punto.
L’episodio è tra i migliori di sempre, con il senno di poi un eccezionale esordio per il nuovo posizionamento domenicale contro I Robinson. La sfida tra i due programmi era così attesa che i giornali ne avevano a lungo parlato e Bill Cosby si era fatto fotografare con una maglietta con scritto “Bill vs. Bart”. Alla fine sarà una vittoria sul filo di lana: 18,4 milioni di spettatori per I Simpson e 18,5 milioni per I Robinson che formalmente vincono ma è evidente che il loro trono è insidiato.