BadMemories: il Game Pass e l'abbonamento che tutti avremmo voluto avere da giovani | Speciale
Nell'episodio di oggi di BadMemories trattiamo il Game Pass di Microsoft e il nostro rapporto di amore/odio nei suoi confronti
E se vi dicessimo che, talvolta, il Game Pass è anche fonte di odio?! E se il nostro rapporto con il servizio in abbonamento fosse basato solamente su un'idea idilliaca di "giocare ai videogiochi"?!
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Di conseguenza, mi sono trovato a dover ritagliare a fatica 2/3 ore al giorno per poter seguire una delle mie passioni più grandi. Nonostante abbia ormai superato i trent'anni, la "capacità" di non addormentarmi prima dell'una e mezza di notte mi ha permesso di poter sfogare la mia passione videoludica nel secondo dopocena. Indeciso su che titolo iniziare, ho quindi fatto ricorso al Game Pass di Microsoft. E da lì, il panico. Dall'ultimo mio accesso al servizio, avvenuto meno di un mese prima, la mole di titoli aggiunti mi ha lasciato completamente spiazzato. Ho passato i trenta minuti successivi a spulciare ogni singola produzione, cercando di capire quale potesse fare per me, realizzando però una terribile (e palese) verità: per ogni titolo giocato, ne avrei dovuti lasciare indietro almeno cinque.
È per questo che, da qualche settimana, il mio rapporto con il servizio di Microsoft è diventato di amore/odio. Amore, perché mi permette di seguire la mia passione attraverso una spesa a dir poco minima. Odio, perché mi ha messo di fronte al fatto che non ho più il tempo di una volta per poter vivere le mie vite digitali.
E arriviamo anche al punto centrale di questo articolo, come avete potuto leggere dal titolo. Il Game Pass è il servizio che tutti avremmo voluto avere da giovani. Sino al raggiungimento dell'indipendenza economica, ognuno di noi è stato costretto a ponderare con attenzione i propri acquisti. Acquisti che non erano troppo lontani, a livello economico, rispetto ai giorni nostri. I giochi per PlayStation 2 e PlayStation 3 costavano dai sessanta ai settanta euro e, andando più indietro nel tempo, le cartucce dello SNES raggiungevano le 140.000 lire. Di conseguenza, nonostante uscissero meno titoli rispetto ad oggi, eravamo comunque costretti a fare una selezione. Esattamente come con il Game Pass, ma per motivi completamente differenti.
Ora immaginate di tornare alla vostra adolescenza, quando il tempo per poter seguire le vostre passioni era, diciamo, la maggior parte della vostra giornata. Immaginate di avere accesso all'intero catalogo di Xbox Game Pass per poter giocare a tutti i titoli Microsoft, ai titoli EA Games, al nuovo Pro Evolution Soccer e a una miriade di prodotti tra indie e AAA. Immaginate di poterlo fare spendendo solamente 9.99€ al mese. Sento di poter credere che, in passato, chiunque fosse anche vagamente interessato al mondo dei videogames avrebbe valutato seriamente la possibilità di abbonarsi al succitato servizio.
Eppure il Game Pass al momento è apprezzato più dal pubblico che prova nostalgia verso i bei tempi andati, che dalla nuova ondata di videogiocatori. Non è questo il luogo e il momento per valutare le manovre commerciali di Microsoft, che deve ancora trovare una vera e propria direzione comunicativa con il proprio pubblico, ma è chiaro che qualcosa è andato storto.
Perché tutti non giocano al Game Pass? Perché ogni singola persona appassionata di videogiochi non smania all'idea di tuffarsi in quel mare magnum di titoli, per bearsene dalla mattina alla sera?
Non ho una risposta a queste due domande, ma di una cosa sono certo: provo invidia. Provo invidia nei confronti di coloro che hanno ore e ore di tempo libero e sono distanti un "click" da questo abbonamento. Provo invidia perché, se fossi giovane ora, mi scioglierei la faccia su ogni nuova produzione inserita nel catalogo. E invece sono qui, a dover fare una cernita di cosa giocare e cosa lasciare indietro, conscio del fatto che difficilmente riuscirò a recuperare il titolo sacrificato. Dopotutto ogni settimana vengono aggiunte nuove opere, a rotazione, incessantemente.
Ecco perché amo e odio l'Xbox Game Pass. Perché mi ha messo davanti a una triste verità: che le ore in un giorno sono solo 24. E a me non bastano più.