BadMemories: Apocalypse e quei videogames in grado di coinvolgere un pubblico più ampio | Speciale
Quattro chiacchiere su Apocalypse e su come un tempo riuscì ad attirare l'attenzione grazie alla presenza di Bruce Willis nel cast del gioco
Il titolo in questione, sviluppato da Neversoft e pubblicato da Activision, vedeva Trey Kincaid interpretare l'unica persona in grado di fermare l'Apocalisse sulla terra. Nel corso del gioco, Trey doveva affrontare orde di nemici, capeggiate da Morte, Peste, Guerra e Fame, per raggiungere il “Reverendo” e fermare così la fine del mondo. Un'opera dai toni volutamente sopra le righe, in grado di mescolare il genere dei twin stick shooter con (mediocri) sezioni platform.
Semplice: si tratta di uno di quei prodotti in grado di coinvolgere un pubblico che va al di là dei “semplici” videogiocatori. Il volto di Bruce Willis in copertina e un ottimo lavoro in fase di localizzazione hanno permesso all'opera di Neversoft di essere apprezzata negli anni Novanta come fosse un blockbuster di Hollywood. Bruce Willis era doppiato proprio dall'impeccabile Mario Cordova, doppiatore dell'attore anche in Pulp Fiction e in Attacco al potere. Gli altri personaggi vantavano le voci di Silvano Piccardi (Dr. Neo Cortex nei vari titoli del franchise di Crash Bandicoot), Luca Sandri, Silvana Fantini, Marco Balzarotti e Antonio Paiola. Un cast senza dubbio molto importante per un videogioco di quel periodo, che permise al titolo di entrare nelle case di molti italiani.
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Al giorno d'oggi il mondo dei videogames ha fatto immensi passi da gigante, abbandonando il ruolo di prodotto legato all'adolescenza e diventando un medium trasversale per tutte le fasce d'età.
Ora non serve avere un grande attore nel cast del gioco, perché capita che i titoli guadagnino ben più dei film interpretati dalla guest star. Esistono ancora, però, opere in grado di calamitare l'attenzione e di conquistare utenti lontani da questo (splendido) settore. È il caso, relativamente recente, di The Last of Us Parte II, diventato rapidamente un fenomeno di culto in grado di attirare a sé persone che non hanno mai impugnato un pad nella propria vita. Un risultato che, ne siamo certi, si replicherà nei prossimi anni, quando uscirà la serie per HBO delle avventure di Joel ed Ellie. Una serie che, insieme al tanto vociferato remake del primo capitolo, trascinerà gli spettatori del serial televisivo nelle spire di Naughty Dog e di PlayStation.
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Dopotutto lo scopo non è più quello di puntare i riflettori sui videogiochi, cercando di ibridarli con altri media per permettergli di brillare di luce riflessa. Ora le grandi aziende preferiscono utilizzare la transmedialità per trasformare un “semplice prodotto” in una nuova IP, in grado di abbandonare il proprio linguaggio e conquistare quel pubblico intenzionato a gustarsi un universo narrativo sotto diversi punti di vista. Un universo narrativo che, per essere goduto appieno, spinge gli utenti a vedere il film, giocare al gioco, leggere il libro o il fumetto. Unica pecca di questa operazione commerciale: le ore in un giorno rimangono ventiquattro e il tempo per seguire le proprie passioni è sempre meno. Per questo motivo stiamo imparando a dormire sempre meno, ma questa è un'altra storia, che preferiamo rimandare alla prossima settimana.