BadChronicles: Niente è impossibile, Martin Mystère

Torniamo a viaggiare con BadChronicles per omaggiare i 50 anni di carriera di Alfredo Castelli e i 33 del suo personaggio più amato: Martin Mystère

Classe 1971, ha iniziato a guardare i fumetti prima di leggerli. Ora è un lettore onnivoro anche se predilige fumetto italiano e manga. Scrive in terza persona non per arroganza ma sembrare serio.


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Dopo la pausa di domenica scorsa per l'impegno di Cartoomics, è ora di tornare a viaggiare nel fumetto con la nostra speciale macchina spaziotemporale. BadChronicles ci riporta in Italia per omaggiare uno dei nostri più grandi autori che ha da poco compiuto 50 anni di carriera fumettistica: Alfredo Castelli. Vogliamo celebrarlo insieme alle origini del suo personaggio più amato, nato 33 anni fa per la Sergio Bonelli Editore: Martin Mystère.

Alfredo Castelli ha lavorato in Astorina su Diabolik e in Mondadori per Topolino e Il Corriere dei Ragazzi. Ha dato vita a una miriade di personaggi che hanno popolato la fantasia di quel periodo tra cui: Zio Boris (serie recentemente raccolta in un omnibus edito da Panini Comics), L'Ombra (disegnata da Mario Cubbino), Gli Aristocratici (resi graficamente da Ferdinando Tacconi) e L'Omino Bufo.

Nel 1975 è già un nome affermato quando propone a Il Giornalino (per il quale nei primi anni ’70 aveva scritto Gli Astrostoppisti e Mister Charade) un inusuale esploratore specializzato in archeologia misteriosa, vedendoselo rifiutare. Non si arrende e il suo Allan Quatermain disegnato da Fabrizio Busticchi vede la luce nel 1978 sul settimanale Supergulp di Mondadori. Si ispira al protagonista di numerosi romanzi d'avventura di H. Rider Haggard, dei quali il più famoso rimane Le miniere di re Salomone del 1885. La fortuna non lo accompagna, almeno agli inizi. La rivista chiude ma l'idea viene riproposta a Sergio Bonelli e si trasforma in Martin Mystère: Il Detective dell'Impossibile. È una svolta epocale, che lo schivo Castelli ricorda in questo modo:

La serie non era molto differente, a parte i nomi, la lunghezza delle storie e il fatto che Quatermain viveva a Londra e non a New York...

[caption id="attachment_307493" align="aligncenter" width="500"]Martin Mystère 112: Allan Quatermain (luglio 1991), copertina di Giancarlo Alessandrini Martin Mystère 112: Allan Quatermain (luglio 1991), copertina di Giancarlo Alessandrini[/caption]

Anticipare e intuire mode e gusti futuri è un segno distintivo del talento lombardo, guidato da interesse spassionato per i traguardi della tecnologia; la sua Comics Club 104 (1966) è considerata la prima fanzine italiana. Il primo episodio della testata, Gli Uomini in nero, arriva in edicola nell'aprile 1982. È una vera e propria rivoluzione per la casa editrice milanese abituata a una forma di avventura di stampo tradizionale. Si apre un'era d'innovazione in via Buonarroti 38, che quattro anni dopo avrebbe visto l'arrivo Dylan Dog e nel 1991 di Nathan Never. Senza il "Buon Vecchio Zio Martin" probabilmente oggi non ci sarebbe la Sergio Bonelli Editore così come la conosciamo, anche se Sergio non la prese molto bene all'inizio, come racconta lo stesso Castelli:

Era molto perplesso nel vedere un personaggio di fumetti che utilizzava il computer – un apparecchio appena uscito sul mercato, ma che già allora Bonelli detestava come tutto ciò che era elettronico. Per tutta la vita mi ha rinfacciato – scherzando, ma non poi del tutto – che l’avevo imbrogliato portando avanti una serie diversa da quella che avevo proposto.

Per quanto riguarda il computer, pare che Martin Mystère sia stato il primo personaggio dei fumetti in assoluto a possedere un personal.

[caption id="attachment_307499" align="aligncenter" width="500"]Martin Mystère 1: Gli Uomini in Nero, copertina di Giancarlo Alessandrini. (aprile 1982) Martin Mystère 1: Gli Uomini in Nero, copertina di Giancarlo Alessandrini. (aprile 1982)[/caption]

Il soggetto è di rottura e ancora una volta avanti rispetto ai tempi. Il suo alter ego americano e cinematografico se vogliamo, è Indiana Jones di George Lucas che esordisce nelle sale statunitensi nel 1981 con I predatori dell'arca perduta, diretto da Steven Spielberg. È un perfetto punto d'incontro tra il fumetto popolare e quello d'autore, che coniuga azione, fantascienza e soprattutto curiosità verso i grandi enigmi di qualunque natura.

Si parte sempre da una base di conoscenze fondate e storiche, a volte da elementi e dettagli insignificanti, per trovare le spiegazioni più fantastiche e sbalorditive. La nuova formula offre la possibilità di toccare qualunque argomento che nasconda dubbi o un segreto irrisolto. Si svaria dalla fiaba alla credenza popolare, dalla letteratura fantastica all'arte e alla psicologia, sposando tesi allora eretiche e poi accettate dal mondo accademico come la contemporaneità dell'Homo Neanderthalensis e dell'Homo Sapiens, sostenute tra i primi da Peter Kolosimo. Sarà il predecessore di trasmissioni e libri di successo a partire dal Pendolo di Foucalt (1988) di Umberto Eco e Il codice Da Vinci di Dan Brown (2003).

[caption id="attachment_54052" align="aligncenter" width="500"]Astronavi sulla preistoria - Peter Kolosimo (1972) Astronavi sulla preistoria - Peter Kolosimo (1972)[/caption]

Non vi sono limiti alle indagini di Martin Mystère, esoterismo, fantascienza, storia, continenti perduti, mitologia classica e moderna, luoghi comuni. Il professore, proprio come Tex e Tintin, si fonde e si confonde con il suo creatore, essere culturalmente onnivoro, senza alcun pregiudizio intellettuale e aperto a ogni soluzione. Martin Mystère è un invito alla sana e dotta curiosità e al divertimento intelligente senza limiti di età.

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