BadChronicles: Alberto Breccia, il multiforme ingegno delle Historietas

Oggi BadChronicles ci fa riscoprire l'arte di uno dei più grandi artisti mondiali del fumetto: Alberto Breccia

Classe 1971, ha iniziato a guardare i fumetti prima di leggerli. Ora è un lettore onnivoro anche se predilige fumetto italiano e manga. Scrive in terza persona non per arroganza ma sembrare serio.


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Bentornati sulla navicella spazio-temporale di BadChronicles. Il viaggio procede a rilento in questi momenti di formidabile caldo, ma non si arresta: oggi non ci sposteremo di molto rispetto alla precedente destinazione che ci ha fatto conoscere Hugo Pratt, anzi andremo a conoscere un suo amico e collega: Alberto Breccia.

Nasce il 15 aprile del 1919 a Montevideo; uruguagio di provenienza, si trasferisce molto piccolo con i genitori a Buenos Aires. L'Argentina diventerà la sua patria adottiva che ricambierà divenendo uno dei più maggiori esponenti della sua prestigiosa tradizione legata alla nuvole parlanti. Abbandona gli studi a 17 anni e mentre si guadagna da vivere come operaio per una ditta di trippa in scatola, approccia l'attività di fumettista su riviste umoristiche. Sono sempre state la sua passione fin dalle elementari ed è grazie a esse che si innamora delle historietas e diventa un disegnatore autodidatta. Esordisce collaborando gratuitamente su El Resero con una storia dell’investigatore cinese Mu-Fa, che realizzerà anche per altre testate come Berretin e Fenomeno. Dichiarerà molti anni dopo con l'autoironia e la modestia che gli sono sempre appartenute:

Ho cominciato facendo disegni umoristici perché non sapevo disegnare. Nel fumetto umoristico un difetto o un errore del tratto si possono scambiare come una caratteristica del tuo stile.

[caption id="attachment_74756" align="aligncenter" width="400"]Fenomeno - Mu-Fa (marzo 1941) Fenomeno - Mu-Fa (marzo 1941)[/caption]

Approda al professionismo nel 1938 passando all'avventura. I punti di riferimento sono due monumenti rispettivamente della scuola nord e sudamericana: Milton Caniff con Terry e i pirati (1934) e José Luis Salinas con Hernán el corsario (1936). Tuttavia abbandona la vignetta umoristica, non per propria decisione ma perché costretto dall'editore, Manuel Láinez. Nel 1945 crea Gentleman Jim per il magazine Bicho Feo dell’editore Héctor Torino e due anni dopo si appresta a illustrare, lo farà per oltre un decennio, il popolarissimo detective dandy, Vito Nervio (in Italia alcuni episodi sono stati raccolti in un volume Dardopocket dell'editore Dardo), ideato da Mirco Reppeto ed Emilio Cortinas. Breccia viene scelto per la sua straordinaria duttilità in grado di emulare perfettamente il disegnatore originale, tanto che mesi dopo, alcune storie escono addirittura con la firma di Cortinas.

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Si sente pronto per il grande salto e l'occasione della vita gli si presenta grazie all'amico Hugo Pratt che gli fa conoscere nel 1957 Hector Oesterheld il quale gli offre subito delle sceneggiature di Ernie Pike e uno spunto per il suo periodico Hora Cero. Viene alla luce Sherlock Time (che l'Eura Editoriale proporrà nel nostro paese nei primi anni di vita della rivista Lanciostory, a partire dal numero 10 del 1978) e da qui scaturisce uno dei sodalizi più altisonanti del fumetto mondiale.

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Breccia sarà sempre guidato durante tutta la sua carriera dall'estro naturale e dalla voglia incondizionata di ricerca, una sorta di Ulisse della sperimentazione, sempre alla prova su nuovi procedimenti narrativi e di stile, attraverso un'evoluzione continua e risultati senza pari. Nel 1960 ancora grazie a Pratt, avvia il suo rapporto con gli editori inglesi, tra cui Fleetway: è il suo battesimo col genere western che lo porterà a confezionare diversi numeri della collana Cowboy Picture Library tra cui Kit Carson (Kit Carson and the Comanche Prince, 1960), Buck Jones (The Hunter, The Apache Manhunt, Trigger Man e Danger Money, a partire dal '61) e The Gun Crew (1962).

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Nel 1962 insieme a Oesterheld giunge su Misterix al suo apice: Mort Cinder (poi edito dalla Editorial Yago). Il viaggiatore del tempo che intrappolato in una sorta di samsara, di cui però ricorda ogni dettaglio delle vite passate, racconta attraverso il suo ciclo di morti e rinascite gli episodi minuscoli e maiuscoli del nostro passato. Nelle fattezze del coprotagonista, l'antiquario Ezra Winston, Breccia solo quarantenne ritrae se stesso da vecchio, dimostrando quasi una dote divinatoria nell'indovinare il suo futuro aspetto e guadagnandosi poco più tardi il soprannome de “El Viejo”. In quest'opera sfoggia e padroneggia una varietà impressionante di tecniche espressive, rivoluzionando la sintassi della narrazione per immagini e raggiungendo uno dei massimi vertici della tavola in bianco e nero.

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Nel 1966 fonda con alcuni colleghi l'Instituto de Directores de Arte (IDA) in cui si offre spazio a tutte le arti visive, dalla pittura al cinema, dal fumetto al teatro, senza dimenticare la musica e i libri. Suoi ospiti saranno tra gli altri Hugo Pratt e Jorge Luis Borges. Nel '69 reinterpreta L'Eternauta di Oesterheld e Francisco Solano López. Ne è in sostanza una nuova versione con un taglio più adulto e con riferimenti più espliciti a dittatura e politica. L'anno precedente la Vita del Che, dedicata a Ernesto Che Guevara, scritta sempre da Oesterheld e illustrata insieme al proprio figlio, il talentuosissimo Enrique Breccia, oggi uno dei migliori artisti sudamericani e mondiali, viene sequestrata e le tavole autentiche distrutte. Nel 1970 è la volta della biografia di Evita Peron.

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Dopo l'Historia gráfica de Chile e il proprio contributo alla Historia gráfica de la República Argentina, oltre ad alcune attività in campo pubblicitario e a illustrazioni di libri per ragazzi, ritorna al fumetto con l'adattamento di alcune pietre miliari dei maestri del romanzo gotico e dell'horror come Edgar Allan Poe e H.P. Lovecraft. Il suo segno si fa meno realistico, adeguandosi perfettamente ai soggetti e riuscendo ancora una volta a creare sequenze d'avanguardia che diverranno quasi archetipi per gli autori successivi.

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Negli anni '70 si cementa un proficuo legame con il celeberrimo sceneggiatore argentino Carlos Trillo, mentre la sua sete insaziabile di innovazione lo indirizza al colore e perfino al collage. Ricordiamo Un tal Daneri (1974), Buscavidas (1981) e le rielaborazioni in chiave caricaturale di alcuni classici come in Chi ha paura delle favole (1981) e Dracula (1982).

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Il suo lavoro più importante dopo Mort Cinder è senza dubbio Perramus (1984), su testi del poeta Juan Sasturain: una denuncia del regime argentino e una testimonianza in difesa dei diritti umani che vince il premio Amnesty nel 1989. Del 1991 è una delle sue ultime opere, Rapporto sui ciechi, trasposizione del capolavoro letterario di Ernesto Sábato.

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Il 10 novembre 1993 lascia in eredità un patrimonio di tesori e di insegnamenti inestimabili per la Nona Arte.

I protagonisti dei fumetti hanno solitamente dei volti di cemento. Non si increspano, non cambiano espressione… Sono come bambole che non esprimono sentimenti. Non c'è niente di meglio del mio viso che ho sempre a portata di mano per poter emulare la ricchezza delle emozioni.

Alberto Breccia

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