Bad School - Tutti Gli Uomini Del Presidente, di Alan J. Pakula

Il Bad School della settimana è Tutti Gli Uomini Del Presidente di Pakula. Quando due giornalisti del Washington Post "fecero" dimettere il Presidente degli Stati Uniti d'America

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Spoiler Alert

Presidenti

La produzione di Tutti gli Uomini del Presidente (1976) non poteva arrivare in un momento migliore all'interno della storia del cosiddetto periodo della New Hollywood. Una nuova generazione di attori, registi e produttori si era cominciata a imporre all'interno del vecchio studio system a partire dai folgoranti successi commerciali e artistici dei film apripista del movimento Easy Rider (1969) e M.A.S.H. (197o) dopo che già Arthur Penn con Gangster Story (1967) aveva avvertito circa l'arrivo di nuovi toni nichilisti (il criminale è simpatico), nuovi sexy symbol (Warren Beatty + Faye Dunaway) e nuovi umori ribelli antisistema (gangsterismo uguale rivoluzione sociale). Quando il biondo solare perbene Robert Redford, diventato enorme al box office grazie a Come Eravamo, Il Temerario e La Stangata, decide di comprare i diritti del libro di giornalismo investigativo Tutti Gli Uomini del Presidente scritto a quattro mani da Bob Woodward e Carl Bernstein del Washington Post e pubblicato nel 1974... la generazione dei cinefili movie brats della New Hollywood è diventata da capellona e provocatoria a presidenziale e responsabile. Diciamo anche... in giacca e cravatta come vedremo spesso Woodward e Bernstein nel capolavoro firmato Alan J. Pakula. Sono loro, adesso, i Presidenti di Hollywood. Dopo i successi coppoliani con la saga Il Padrino, dopo Il Braccio Violento della Legge e L'esorcista di Friedkin e dopo il delirio pop provocato nell'estate 1975 da Lo Squalo di Steven Spielberg, la New Hollywood Generation ha ormai il pieno controllo della situazione e può con forza mettere in piedi un film attraverso il potere contrattuale di Redford, una delle sue star più amate dal grande pubblico.

"Non c'è in gioco niente, a parte la libertà di parola, la libertà di stampa e forse il futuro del paese"

La pellicola deve raccontare di come due piccoli giornalisti del Washington Post siano riusciti di fatto a far dimettere un potentissimo Presidente degli Stati Uniti d'America peraltro appena rieletto e con un consenso politico enorme come quel Richard Nixon del drammatico discorso di commiato dalla Casa Bianca datato 9 agosto 1974. Il film si gira nella seconda metà del 1975 e quindi è un vero e proprio instant movie. Segnerà una delle punte di diamante cinematografiche di quell'indimenticabile periodo che il giornalista e storico di cinema Peter Beskind colloca tra il 1969 di Easy Rider e il 1979 di Apocalypse Now. Uscirà in sala negli Stati Uniti il 9 aprile 1976, incasserà in patria 70 milioni di dollari dell'epoca (budget di 8) e verrà candidato a otto Oscar nell'edizione del 1977 portandone a casa "solo" quattro. Il paradosso è che i due eroici ed erotici protagonisti Robert Redford e Dustin Hoffman... non vengono minimamente calcolati dall'Academy, nemmeno in sede di nomination.
A ben 40 anni di distanza da Il Caso Spotlight (6 nomination agli imminenti Oscar 2016), ecco un altro film dove i giornalisti sono action star in grado di fare giustizia più degli sceriffi del vecchio West.
E le loro parole sono come dei proiettili. Infatti la pellicola si apre con una raffica di mitra.

17 giugno 1972

La pellicola deve raccontare di come due piccoli giornalisti del Washington Post siano riusciti di fatto a far dimettere un potentissimo Presidente degli Stati Uniti d'America

La data viene "sparata" sullo schermo con l'idea semplice ma forse proprio per questo geniale che la parola dattilografata sia come una pallottola e infatti i responsabili del sonoro premiati con l'Oscar (Piantadosi, Fresholtz, Alexander, Webb) ci mitragliano subito addosso in apertura: 17 giugno 1972. Qualcuno fa irruzione al sesto piano del Watergate Hotel sito in Washington D.C. E' dove si trova il quartier generale del Partito Democratico Usa. Cinque ladri armati di microspie, macchine fotografiche e cimici vengono subito arrestati dalla polizia (un giovane Fred Murray Abraham tra gli agenti che li ammanettano). Il giorno dopo il reporter da soli 9 mesi al Washington Post Bob Woodward (Robert Redford) viene mandato in tribunale a capire quei 5 strani individui cosa ci facessero di notte dentro la sede del Partito Democratico. Sarà solo l'inizio per Woodward, poi affiancato dal più esperto collega del Post Carl Bernstein (Dustin Hoffman), di una lunga indagine investigativa che li porterà dritti dritti al cuore dell'entourage del Presidente degli Stati Uniti d'America Richard Nixon. E se tanti uomini del Partito Repubblicano vicini al Presidente Usa stessero tenendo sotto controllo in modo illecito i loro avversari politici già da svariati anni d'accordo con Fbi, Cia e Ministero della Giustizia? Si tratterebbe, come dice a Woodward e Bernstein il loro direttore di giornale Ben Bradlee (ottimamente interpretato dal premiato con l'Oscar Jason Robards), della più grande cospirazione della storia americana. E vista la delicatezza della questione... sarà durissima per i nostri due giornalisti trovare prove, testimoni e fonti attendibili che tramutino in fatti da pubblicare sul Washington Post quei sospetti che mano a mano si fanno sempre meno fumosi.
Da quella data "sparata" nei titoli di testa del 17 giugno 1972 alla scena finale ambientata il 20 gennaio 1973 comincerà un'odissea fatta di...

Telefonate, carta, visite a casa ed acronimi

Il Caso Spotlight fa vedere la task force Spotlight del Boston Globe correre di qua e di là per la capitale del Massachusetts alla ricerca di prove, testimoni e fonti attendibili circa il numero impressionante di preti pedofili operanti in città coperti dalle autorità ecclesiastiche. Questi giornalisti con le facce accattivanti di Mark Ruffalo, Michael Keaton, Rachel McAdamsBrian d'Arcy James hanno già i cellulari (la loro indagine va dal 2001 ai primi mesi del 2002) ma internet non c'è poi da molto e così li vediamo ancora avere a che fare con tanta carta e archivi polverosi con topi morti negli angoli. Li spiamo anche nelle loro case piccolo borghesi, tra i loro affetti spesso messi da parte per un mestiere che fa dell'ossessività e della mancanza di orari il suo bello e il suo brutto. Ecco... in confronto a loro Woodward e Bernstein sembrano un incrocio tra il Guglielmo da Baskerville de Il Nome Della Rosa di Umberto Eco + La Compagnia dei Nove de Il Signore Degli Anelli di Tolkien. Non beneficiano dei progressi della tecnologia come Guglielmo e non hanno una vita privata come Gandalf & Co. presi come sono da una missione sempre più difficile e pericolosa.

Non possiedono personal computer, non hanno cellulari, ignorano l'uso di registratori vocali (taccuini su taccuini ma anche fazzoletti, salviette e pacchetti di fiammiferi su cui riportare le parole degli intervistati) e passano ore e ore al telefono (celeberrimo il piano sequenza con lentissimo zoom che vede Redford stare alla cornetta per sei minuti filati con tanto di errore finale da parte dell'attore sul cognome di un personaggio intelligentemente tenuto da Pakula al montaggio perché segno naturale della stanchezza del giornalista). Spesso sono ripresi dall'alto come delle formichine in un mondo enorme e non conoscibile (Pakula li miniaturizza così quando vanno in macchina e quando spulciano gli ordini di libri in un'enorme biblioteca). Romperanno fisicamente le scatole alle persone andando a trovarle a casa a volte venendo brutalizzati, a volte no. Anche ne Il Caso Spotlight vedremo molte porte aperte e anche chiuse in faccia ai reporter.
Il biondo Woodward e il bruno Bernstein, però, non hanno una vita privata a differenza dei loro colleghi bostoniani del 2001-2002. Il primo vive in una brutta casa ricolma di giornali dove lo vediamo andare solo a dormire... sempre senza compagnia. Il secondo abita in un bell'appartamento... in totale solitudine pure lui. Mentre McCarthy è interessato a far scontrare l'inchiesta de Il Caso Spotlight con le vite borghesi dei suoi giornalisti-detective (si deve sentire quanto siano cittadini di Boston come tutti gli altri), Pakula alla regia e William Goldman alla sceneggiatura sono bravissimi in Tutti Gli Uomini Del Presidente a farci vedere Woodward e Bernstein SOLO come giornalisti e mai come privati cittadini. In questo modo la seconda parte si fa sempre più ossessiva permettendo allo spettatore di credere totalmente alla loro inchiesta sempre più totalizzante a livello esistenziale, godendo appieno anche di una sempre maggiore sintonia umana e professionale che diventa anche aggressività e insensibilità verso gli altri (stupenda la scena in cui pressano senza grazia una collega che li guarda schifata). Come per Il Caso Spotlight anche per Tutti Gli Uomini Del Presidente abbiano una redazione di giornale enorme molto spesso inquadrata (fu ricostruita sul set californiano dagli scenografi premi Oscar JenkinsGaines dopo aver scartato l'ipotesi assai fantascientifica di utilizzare i veri locali del Washington Post). Un'altra interessante coincidenza riguarda l'utilizzo di due acronimi spesso citati in entrambi i film: lo straniante S.N.A.P. (Survivors Network of those Abused by Priests) per il film di McCarthy e l'inquietante C.R.E.E.P. (Committee to Re-elect the President) per il film di Pakula.

Nomi vs facce

Nel film di McCarthy ci sono tante facce quanti sono i nomi dei personaggi incontrati sul sentiero verso lo scoop

Nel film di McCarthy ci sono tante facce quanti sono i nomi dei personaggi incontrati sul sentiero verso lo scoop da parte dei giornalisti protagonisti del Boston Globe. Nel film di Pakula i nomi superano drammaticamente le facce visto che Woodward e Bernstein tanti di questi personaggi non li incontreranno mai dal vivo limitandosi al massimo a coinvolgenti telefonate. E' comprensibile che Woodward e Bernstein rischino la follia cercando di capire il ruolo di ognuno ed è ancora oggi molto difficile per lo spettatore stare perfettamente al passo con la loro investigazione. Non ci credete? Ecco i nomi di quelli citati solo in più di un'occasione: Bernard Barker, Dwight L. Chapin, H.R. Haldeman, John D. EhrlichmanHoward Hunt, Charles W. Colson, Kenneth DahlbergMaurice H. StansHugh W. Sloan Jr., G. Gordon LiddyClark MacGregor, Jeb Stuart Magruder, John N. Mitchell, Herbert L. Porter, Donald H. Segretti.

Pietre miliari

Grazie a Tutti Gli Uomini del Presidente l'espressione Gola profonda non sta più solo a significare il primo porno chic della storia in grado di incassare bene e avere anche critiche lusinghiere. Qui Gola profonda non è il titolo del bizzarro film a luci rosse di Gerard Damiano del 1974 bensì il nomignolo del fantomatico informatore incontrato da Woodward, e inquadrato sempre in penombra da Pakula, in isolati e leggermente spaventosi garage notturni. Sarà lui l'autore di un'espressione entrata nel gergo giornalistico e ancora oggi molto utilizzata come: "Segua il denaro". E sarà lui uno dei misteri più affascinanti di questa storia svelato nel non lontano 2005 quando si scoprì ufficialmente che Gola profonda era in realtà il numero 2 dell'Fbi dell'epoca ovvero W. Mark Felt (effettivamente impressionante la sua somiglianza con il grande Hal Holbrook del film), pezzo da novanta della sicurezza nazionale indignato dalla cospirazione messa in atto da Nixon & Co. e pronto a regalare l'ultimo pezzo del puzzle a un Woodward sull'orlo dell'esaurimento nervoso nel serrato confronto notturno verso la fine del film.

Curiosità finali

Nora Ephron, durante la produzione del film fidanzata del futuro marito Carl Bernstein, entrò a un certo punto in ballo come possibile sceneggiatrice al posto del contestato William Goldman. Della futura geniale soggettista e sceneggiatrice di Harry Ti Presento Sally pare sia rimasta solo la divertente scena in cui Bernstein frega la segretaria di Dardis facendola alzare dal suo posto per poter poi entrare indisturbato nell'ufficio del capo. Il produttore Robert Redford voleva inizialmente Al Pacino al posto di Hoffman per il ruolo di Bernstein.
Oggi è impossibile non vedere quei due giornalisti se non con le facce inconfondibili, ed incredibilmente carismatiche, di Redford & Hoffman (peraltro Pacino avrebbe maggiormente contrastato la centralità di Redford), bravissimi ad essere per tutto il film rispettivamente il diligente educato biondino vs. il capellone indisciplinato fumatore.
Tutti Gli Uomini Del Presidente detiene ancora senza particolare ansia il primato di film più amato della Storia del Cinema da giornalisti ed aspiranti tali.
Nessuna pellicola, ad oggi, ha superato nel soggetto potentissimo e nell'amabilità dei due protagonisti il livello di coolness di questo capolavoro del 1976, simbolo di una stampa sexy che demolisce dall'esterno la politica più sporca.

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