Bad School - Un Gelido Inverno, di Debra Granik

In attesa di Senza Lasciare Traccia, ricordiamo il precedente successo di Debra Granik: Un Gelido Inverno (2010) con una sconosciuta Jennifer Lawrence

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Hunger Games

È senza ombra di dubbio il ruolo che fa arrivare la Lawrence ad assicurarsi il personaggio di Katniss dentro una certa saga di fantascienza young adult con eroina femminile al centro. Prima della ragazza di fuoco ecco la ragazza dei Monti Ozarks, al secolo Ree Dolly. È una 17enne con camiciona a scacchi e jeans strappati sulle ginocchia che deve badare a un fratello di 12 anni e sorellina di 6 con madre catatonica e padre introvabile dopo essersi garantito la cauzione con l'ipoteca della casa della famiglia in attesa della fine di un processo per traffico di metanfetamina. Altro che hunger games. I giochi della fame sono in questo Missouri white trash più distopico del mondo tratto dalla trilogia di Suzanne Collins dove le cavalle rischiano di morire di fame, il sole è più introvabile del papà, l'insulto più gentile è: "Sei inutile come le tette di un cinghiale" e la scena clou vede la nostra eroina cercare di segare le mani al cadavere del genitore sotto il pelo dell'acqua di uno stagno nel bosco. La famiglia di Ree Dolly dipende da questa ragazzona che una casupola prefabbricata dopo l'altra cerca di capire, andando a bussare, che fine ha fatto il padre Jessup. È un mondo dove i poliziotti non vogliono che si dica in giro che sono indietreggiati davanti a un pregiudicato armato di fucile dentro un camioncino. È un'America dove gli alberi sono spogli, il tempo inclemente e le famiglie di gangster locali composte da donne pronte a picchiare al posto dei maschi non come eccezione ma proprio perché è la liturgia corretta (risulta una mossa "gentile" da fare nei confronti di un ficcanaso se l'impiccione è del gentil sesso).

Western

Leggiamo dramma moderno sulla scheda di Un Gelido Inverno ma poi vediamo un gran bel western dove l'effetto sorpresa, come ne Il Grinta versione Henry Hathaway e Fratelli Coen è rappresentato da questa biondona senza sessualità (le forme della Lawrence sono sommerse in fustagno, flanella e pile) che gironzola di qua e di là cercando di capire se il padre è morto o no visto che potrebbe perdere la casa se non dimostra a chi di dovere che c'è effettivamente un cadavere. Ree vive di stenti ma sa che la vicina di baracca rispetta i Dolly per cui se il dirimpettaio cucina stufato di cervo, lei è certa che qualcosa arriverà anche a loro ("Mai chiedere quello che potrebbe esserti offerto" insegnerà al fratello dodicenne, come probabilmente le disse il papà insieme all'altro mantra familiare "I Dolly non scappano"). Quello di Debra Granik è un crowdpleaser arthouse. Strana bestia ma nemmeno troppo se immaginate Lama Tagliente (1996) di Billy Bob Thornton, Juno (2007) di Jason Reitman o Little Miss Sunshine (2006) di Faris e Dayton. Tratto da un romanzo di Daniel Woodrell è il classico racconto sull'America Nascosta, declinabile in chiave horror con il Texas di Non Aprite Quella Porta (1974) o seriale investigativo con la Louisiana della prima stagione di True Detective. Inoltre c'è una droga raccontata al cinema da soli dieci anni (crystal meth), diventata molto cool con la serie Breaking Bad. A proposito di effetti stupefacenti: perché Ree Dolly è una fantasia più spinta di Katniss Evergreen? Perché, se ce lo chiediamo, rimane un mistero che in quel tipo di milieu viva e operi una forza della natura statuaria, sempre vigorosa e dalla cristallina moralità, la quale è quasi irritante nella sua autonomia di giudizio visto che pare stizzita sia dalle regole dei gangster locali (per cui Jessup lavorava) che dalla vita criminale di papà (anche se le dà fastidio che lui sia finito a fare l'informatore per le forze dell'ordine). La vediamo insofferente anche con un parentame manesco ma non particolarmente perfido rappresentato dal fratello del genitore Teardrop di un potente John Hawkes. Nonostante questo vestito sdrucito perfetto da Sundance Festival, Un Gelido Inverno della Granik è una specie di Hunger Games ante litteram dei Monti Ozarks in cui la nostra wonder woman combatte con le unghie e con i denti per la sopravvivenza dei fratellini. Con scena pre-finale perfetta per liberare tutto quel subbuglio emotivo lasciato fino a quel momento inespresso grazie a motosega che recide, letteralmente, l'ultimo contatto che figlia Ree riesce ad avere con papà Jessup.

Conclusioni

Il successone al Sundance 2010 è un viatico perfetto per gli Oscar 2011 nella corsia "film impegnato". C'è il tema, i poveri, l'America Nascosta, il vestito antihollywoodiano, la giovane possibile star e un finale conciliante, dopo tanta depressione, in cui vince il woman power biondo statuario. Dopo aver ottenuto il Gran Premio Della Giuria alla kermesse indy nello Utah, il film porta a casa 4 nomination all'Oscar per Miglior Film (su 10 candidati), Miglior Attrice Non Protagonista (Jennifer Lawrence), Attore Non Protagonista (John Hawkes) e Sceneggiatura Adattata (Granik con Anne Rosellini). L'incasso finale mondiale è otto volte i 2 milioni di budget. Probabilmente sconvolta da un successo mainstream così rumoroso, la Granik ha temporeggiato (8 anni) prima di arrivare al terzo lungometraggio di finzione: Senza Lasciare Traccia, al cinema dall'8 novembre in Italia.

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