Bad School - Suspiria, di Dario Argento
Il Bad School della settimana è Suspiria di Dario Argento, primo horror del regista romano destinato a diventare parte di una trilogia con Inferno e La Terza Madre
Season Of The Witch
"Streghe?" mi fece Daria guardandomi negli occhi, seria. Io confermai: "Streghe".
(cit. da Paura, Einaudi, 2014, Torino)
Impressione
Argento è nel suo momento d'oro. Artisticamente e personalmente. Profondo Rosso (1975) lo ha definitivamente fatto esplodere espandendo il suo concetto di thriller e rendendolo sempre più libero e stravagante (chi muove quel burattino, creato da Rambaldi, quando esce dal buio facendo impazzire Glauco Mari e ispirando per sempre il nostro amato James Wan?). Il fantastico è sempre più realisticamente raggiungibile dopo l'umile gavetta nell'whodunit partita ai tempi de L'Uccello Dalle Piume Di Cristallo (1970). Daria Nicolodi sembra la donna che può giocare per sempre alla pari con lui a braccio di ferro (come faceva nei panni della mitica Gianna con Marc in Profondo Rosso), condividendo passioni artistiche e carnali in vista dell'imminente arrivo del frutto del loro amore: Asia. In questo clima così fecondo per qualsiasi essere umano, l'artista trova il coraggio di osare soprattutto perché vale il motto, come sa bene qualsiasi creatura faccia lo strano mestiere di regista: "E se nella mia carriera non capitasse più un'occasione come questa?". Il rapporto simbiotico con la Nicolodi, descritto bene da quelle righe della sua bella autobiografia Paura (2014) in cui il progetto Suspiria fa capolino nella loro intimità, fa sì che quando Dario comincia a pensare a un film sulle streghe, stimolato da Biancaneve E I Sette Nani (1937) di Walt Disney, Frank Wedekind e forse un pochino anche dal Movimento di liberazione della donna dello slogan "Tremate, tremate, le streghe son tornate", c'è subito Daria a ricevere quell'impressione. "Streghe?" fa lei incuriosita. "Streghe" risponde lui convinto. La faccenda è interessante. I due, all'epoca, erano compagni. D'amore e di fede politica.
Argento chiede loro di comportarsi come bambine ma queste signore sono corpi nervosi, aggressivi e polemici dei '70La ventisettenne Daria Nicolodi, dopo la fantastica giornalista che ha paura di puzzare ma umilia a braccio di ferro David Hemmings, sarebbe stata la loro leader perfetta nei panni della protagonista e avrebbe così realmente concretizzato Suspiria come un esilarante scontro tra giovani femministe un po' comuniste vs vecchie streghe fasciste. Ma come sapete... Argento decide di non scritturarla come star del film sia per conservare con Jessica Harper l'idea della protagonista bambina sperduta (era più vecchia della nostra Daria ma sembrava un'adolescente), sia per avere un "gancio" nel casting artistico presso gli investitori stranieri visto che la Harper era un nome più forte in Usa di Nicolodi dopo aver trionfato a Broadway con Hair già nel 1969 e aver poi frequentato i set di De Palma e Woody Allen. La musa Daria mette il muso. Ma come? Dopo la complicità, i viaggi in Europa a caccia di storie di occultismo nel triangolo magico Torino-Lione-Praga (l'esperienza stregonesca migliore i due ce l'hanno in Svizzera), la collaborazione in fase di sceneggiatura (il film è firmato Argento + Nicolodi) e la bravura di lei nell'intuire nella prima parola del titolo Suspiria De Profundis di Thomas De Quincey l'idea per denominare il loro film nonché un abbozzo di saga (esistono Tre Madri letali e immortali: Suspirorium, Lacrimarum e Tenebrarum)... lui non la elegge a protagonista del film?????? Argento pare sempre convincente nel ricordare ancora oggi come all'epoca non potesse assolutamente permettersi di imporre la Nicolodi. Lui non capisce perché lei si arrabbia tanto. Negatole la leadership della pellicola, il regista prova a convincerla a ricoprire un ruolo di spalla ma lei... niente... se la lega al dito.
E quando stanno per iniziare le riprese... lui si trova da solo nella Foresta Nera.
Espressione
Argento ha le idee chiarissime. Nonostante la dura rottura con Nicolodi, arriva in Germania (tanta Monaco nelle location) super motivato. Girerà praticamente in sequenza (come fa Ken Loach e come ha fatto quasi totalmente il Nicolas Winding Refn di The Neon Demon cui questo Bad School è collegato), cercherà nel posto giusto l'espressionismo tedesco attraverso una pellicola a bassissima sensibilità per esaltare i colori primari scelti (rosso, verde, oro), enfatizzare la profondità di campo e restituire quell'effetto da Technicolor come quando, da piccolo, rimane incantato da Biancaneve e Il Mago Di Oz (1939). Lenti anamorfiche per il dop Luciano Tovoli (e filtri come se piovessero), esasperazione di liberty in scenografia sia per luoghi reali (la piscina Müllersches Volksbad di Monaco) che per ricostruzioni dell'interno della Tanz Akademie negli studi De Paolis dopo che a Friburgo gli avevano rifiutato il permesso di girare dentro la Haus Zum Walfisch (casa della balena), usata dal regista solo per filmare uscite ed entrate di personaggi dal luogo principe della pellicola (che bella la grondaia con i gargoyle che sputano l'acqua).
Poi c'è un narratore in voce off che introduce la vicenda così:
Susy Benner decise di perfezionare i suoi studi di balletto nella più famosa scuola europea di danza. Scelse la celebre accademia di Friburgo. Partì un giorno, alle nove di mattina, dall'aeroporto di New York, e giunse in Germania alle dieci e quaranticinque ora locale.
Esperienza
Suspiria non è un film. È un'esperienza audiovisiva come anche Refn definisce il suo The Neon DemonSuspiria non è un film. È un'esperienza audiovisiva come anche Refn definisce il suo The Neon Demon. È un'esperienza girata da un regista così esperto e ormai sicuro di sé da introdurre in prima persona il racconto (Argento era già diventato icona inquietante dal 1973 introducendo con la sua bella voce vellutata per la Rai la serie da lui curata e prodotta La Porta Sul Buio). Nella intro da narratore ci fa impazzire la zeta dolce di "danza" usata anche da Carlo Verdone per il nome proprio "Enzo" in Un Sacco Bello (1980). Argento è pronto a sconfinare nell'horror attraverso una fiaba che però contiene due connotazioni temporali assurdamente precise nella sua intro (nove di mattina e dieci e quaranticinque ora locale). Citerà altri (continua l'ossessione, dopo Profondo Rosso, per Rosemary's Baby di Polanski) e, per la prima volta, anche se stesso (L'Uccello Dalle Piume Di Cristallo + Profondo Rosso) attraverso la riproduzione di un Balearica pavonina e del suo vezzo dell'indizio ricordato a fatica dal protagonista. I Goblin fanno qui quello che Cliff Martinez fa nel film di Refn: costruiscono una colonna sonora inscindibile rispetto alle immagini in movimento che non commentano bensì esasperano, come se le prendessero a frustate per farle entrare più velocemente, e per sempre, nella nostra testa. Lo spunto più divertente della loro partitura è un parlato quasi nonsense in cui quel "witch" ripetuto ossessivamente nel primo brano è registrato come fosse un colpo di scudiscio direttamente assestatoci dalla Mater Suspirorium.
Ma chi è costei?
Elena Markos
Elena è una bastarda come poche. Punto. Cosa sono le streghe per Argento? Delle dive severe ispirate a Greta Garbo (Biancaneve E I Sette Nani)? Delle vecchie borghesi impiegate del Diavolo nonché petulanti vicine di casa (Rosemary's Baby)? Vittime di maschi terrorizzati e antagonisti come in tanto Bellocchio? Niente di tutto ciò. Per lui l'immortale Elena Markos, la Regina Nera, è un gangster del Vecchio Continente senza scrupoli che scrive il suo personalissimo romanzo criminale fin dal Medioevo. Brutta, sporca e cattiva. E pure vecchissima. La scuola di danza rinomata in tutto il mondo Tanz Akademie? Una copertura datata 1895 per cooptare eventualmente nuove streghette visto che il movimento del corpo, da danzerino, può farsi facilmente demoniaco (dalle baccanti pagane, alle tarantolate, alla Salomè biblica, alla femme fatale Gilda). Al servizio della Regina Nera Elena (in attività malefica fin dal Secolo XI in Grecia e apparentemente morta in un incendio nel 1905) compaiono volgari "sgherri" come Madame Blanc (Joan Bennett, ex di Fritz Lang e per questo causa di morbosa curiosità da parte dell'ex critico Argento sempre frustrata dalla ritrosia della vecchia diva nel ricordare il rapporto con il regista tedesco), Madame Tanner (Alida Valli sempre con occhio spiritato e ghigno sparato in faccia alla Jack Nicholson; la sua prova è martellante), il tuttofare Pavlo (muto, deforme e appassionato di accendini altrui; sembra il gemello brutto dello stesso Argento), il mellifluo Dottor Verdegast omaggio al nome del personaggio di Bela Lugosi in The Black Cat (1934) di Edgar G. Ulmer (Renato Scarpa qui molto simile al Charles Grodin di Rosemary's Baby), la cuoca ipnotista (la caratterista "romanaccia" Franca Scagnetti leggermente fuori parte) sempre insieme al suo pupillo azzimato Albert (praticamente una copia del piccolo Carlo di Gabriele Lavia nei flashback di Profondo Rosso). Sono una gang malavitosa. Pregano il Diavolo come in Rosemary's Baby? Non sembra. "Il loro scopo è ottenere vantaggi materiali e personali" come afferma il vecchio Dottor Milius nel momento dello "spiegone" a Suzy Bennett in mezzo al vento di Olympiapark dopo aver dato il cambio a un giovane Udo Kier rappresentante del credo filosofico argentiano ("Io sono materialista e psichiatra. Non specchi incrinati ma cervelli incrinati").
La banda di Elena Markos deride i brutti, umilia i portatori di handicap (Flavio Bucci, ucciso nella scena geniale girata a Königsplatz), sottovaluta gli abitanti del nuovo mondo ("Ve l'avevo detto, bisogna far sparire quella lurida ragazza americana!") e passa il suo tempo ad auto esaltarsi dietro lo studio di Madame Blanc (come in Rosemary's Baby di Polanski anche questo è un film di passaggi segreti dentro palazzi borghesi labirintici nei quali crebbe il piccolo Argento).
Forse Elena conserva i cadaveri delle sue vittime in soffitta (da lì l'idea della pioggia di vermi che Stephen King confessò ad Argento essere la sua scena preferita del film) come Catherine Deneuve conserverà i suoi ex amanti in Miriam Si Sveglia A Mezzanotte (1983). Eppure... esiste un punto debole.
Le streghe son stonate
Non è che la gang Markos brilli per lucidità. Perché disfarsi del pianista cieco interpretato da Flavio Bucci (in fondo sono la cuoca e Albert che stregano il suo cane) portandolo ad urlare i suoi sospetti davanti a tutti? Perché permettere a Suzy di camminare indisturbata per la scuola di danza dopo che ti sei già insospettito circa le sue indagini? Perché mettersi a dormire russando e sospirando come un trombone in mezzo alle ragazze nel dormitorio improvvisato? Perché, infine, farsi infilzare al collo da Suzy senza opporre resistenza convinta che "l'americana" (pronunciato sempre con disprezzo) sia troppo debole per poter fare fuori una Regina Nera che nemmeno sa maneggiare bene l'incantesimo dell'invisibilità? Suspiria è anche questo. Una storiaccia di streghe presuntuose e un po' cretine.
Conclusioni
Quando il film esce in sala... in Italia c'è un certo sconcerto. Nel resto del mondo solo entusiasmo in concerto rock. Il papà produttore Salvatore riconosce al figlio una resa visiva così stordente da aver giustificato la produzione costosissima (comunque chioserà: "Ma non farlo mai più, sennò finiamo sul lastrico"), mentre in Giappone Suspiria si proietta negli stadi davanti a 30 mila persone urlanti e in Francia Argento viene riconosciuto come Dio del cinema. Suspiria diventa immediatamente qualcosa con cui si avrà per sempre a che fare nel campo dell'horror. Un film importantissimo sulla donna (strega, diva, bambina) e adorato dalle donne, come tanto cinema del grande Dario Argento. Non possiamo non ricordare questa scatenata fiaba liberty dopo aver visto la satira horror sul mondo della moda The Neon Demon di Nicolas Winding Refn. Due film molto diversi ma uniti nella voglia di raccontare il femminile, da parte di un artista maschio, in tutta la sua grazia, potenza e pericolosità. Argento grazie alla collaborazione fondamentale della musa che poi gli mise il muso Nicolodi. Refn con la collaborazione in sceneggiatura di Mary Laws e Polly Stenham. Ma questa è un'altra storia.
E soprattutto... un altro articolo.