Bad School - La Storia Fantastica, di Rob Reiner
Il Bad School della settimana è La Storia Fantastica di Rob Reiner da romanzo di culto firmato William Goldman, anche autore della sceneggiatura. Ma è un fantasy?
Goldman
"Tra tutti i libri del mondo questo è il mio preferito, anche se non l'ho mai letto. Come mai? Vediamo di spiegarlo".
Queste sono le prime parole dell'introduzione al romanzo La Storia Fantastica (prima edizione italiana Sonzogno, 1988, traduzione di Massimiliana Brioschi) vergata da William Goldman nel 1972. In una magnifica intro di ben 28 pagine Goldman dice la verità circa il suo nuovo libro mentendo su tutto. Racconta della sua infanzia, della sua prima insegnante importante (Miss Roginski), del suo primo romanzo fallimentare da scrittore pieno di speranze (non è vero perché The Temple of Gold andò bene), del padre che gli leggeva a dieci anni un libro di Simon Morgenstern (non esiste) intitolato The Princess Bride (mai scritto; in italiano: La Storia Fantastica) quando la radio per sentire il football americano era schiattata e Billy, quel pomeriggio, non sapeva che fare. Il padre è convinto di aver visto un giorno l'autore S. Morgenstern a Florin City (mai edificata) rimanendo impressionato dalla sua testa grossa (sembra come quando Christopher Lee raccontava del magico incontro con J.R.R. Tolkien in quel di Oxford quando, addirittura, gli strinse la mano). Goldman nella intro mente tanto e vola alto. 1941 (quando il papà gli legge The Princess Bride), 1972 (quando lui si trova assunto per la composizione della sceneggiatura per il cinema de La Fabbrica Delle Mogli da romanzo di Ira Levin), sua moglie Helen ("una bollente psichiatra infantile"; non è vero visto che sua moglie Ilene faceva la modella), il figlio Jason (in realtà aveva due figlie) dai dieci anni appena compiuti.
Cavolo... bisognava regalargli assolutamente una copia di The Princess Bride a Jason! Così, mentre Goldman prova infruttuosamente ad avere qualche avventura extraconiugale a Los Angeles, la moglie gli cerca a New York una copia di The Princess Bride capendo non si sa come che lui, nel frattempo, sta flirtando in piscina. Ritrovare quella "classica storia di Vero Amore e Grande Avventura" lettagli quel pomeriggio dal papà diventa una missione o forse un'ossessione. Goldman chiama tutti i librai di New York, la sventolona con cui ci provava (Sandy Sterling) lo molla infastidita e l'avvocato di fiducia Charley rimane l'ultima speranza: deve andare nella libreria di un certo Abromowitz sulla Quarta Avenue perché lì una copia c'è (anzi due: esiste anche una, ovviamente inesistente, versione in florinese). L'avvocato Charley accetta: "È una richiesta tanto bizzarra che non posso che eseguirla". Le riunioni a Los Angeles per la sceneggiatura de La Fabbrica Delle Mogli (1975) si protraggono più del previsto e il ritorno a New York non è proprio esaltante. Il figlio è sovrappeso, la nuova domestica non sa cucinare il roast beef e la moglie Helen è polemica. Poi la sorpresa. Jason ha letto The Princess Bride. E gli è piaciuto. Addirittura... molto piaciuto. Ma forse non è vero nemmeno questo. William Goldman si ritrova quella sera sposato a una donna troppo impegnativa e padre di un figlio troppo grasso peraltro disinteressato al suo romanzo preferito. Dopo una passeggiata a Central Park, lo scrittore quarantenne (questo è vero) torna a casa per decidere che The Princess Bride, recuperato effettivamente dall'antipaticp Abromowitz addirittura in due copie, lo leggerà lui quella notte. Vadano tutti a quel paese. In onore di papà. Purtroppo, però, c'è un'altra brutta sorpresa: il libro è prolisso, pieno di date, araldica, discendenze (non si dice la stessa cosa de Il Signore Degli Anelli?). Goldman realizza che il papà gli aveva letto solo "le parti belle". Allora chiama il suo editor e insomma, per farvela breve, decide di pubblicare una nuova versione del libro snellita dalle lungaggini. Dopo questa introduzione capolavoro... comincia effettivamente The Princess Bride ovvero La Storia Fantastica di Morgenstern revisionato da Goldman, due pagine dopo la mappa canonica di ogni buon fantasy (ma è un fantasy?) che si rispetti.
Passione. Duelli. Miracoli. Giganti. Vero Amore.
Ma solo con le "parti belle".
Reiner
La quarta regia di Rob Reiner si apre con dei colpi di tosse su schermo nero. Poi colpi di mazze da baseball su schermo pixellato. Qualcuno sta giocando a un videogame. È un ragazzino interpretato da Fred Savage a cui un nonno pittoresco con la faccia sorniona di Peter Falk leggerà per tutto il giorno La Storia Fantastica di S. Morgernstern. Un libro?????? Il nipote all'inizio preferirebbe i videogame e forse anche il suicidio ma il nonno che gli dà i pizzicotti alle guance legge da Dio. Oppure quel libro è veramente fico. William Goldman e Rob Reiner riescono a risolvere fin dai primi secondi il primo grosso problema: l'adattamento da letteratura a cinema. Goldman firma una sceneggiatura perfetta (si adatta naturalmente al nuovo medium... in senso letterale) perché fluida e a sua volta concentrata sulle "parti belle" del suo fantasmagorico romanzo. Intendiamoci: quella intro di cui sopra era un capolavoro di scatenato autobiografismo fantastico che dava all'avventura un pizzico di maturità in più. Ma come fai a trasportare al cinema quel delirio fantautobiografico senza infastidire lo spettatore e senza risultare autoreferenziale? Allora ecco che Reiner e Goldman subito convergono su due idee molto cinematiche: 1) vecchio nonno letterario + giovane nipote moderno + stanza pop spielberghiana + libro grigio super retró (d'altronde quell'immagine c'era anche nella intro di Goldman con il papà al posto del nonnetto, ricordate?); 2) il rapporto tra un'immagine di cornice (il nonno, il nipote, la stanza, il libro) e un'immagine del centro del quadro (La Storia Fantastica con eroi, mostri e un'avventura che si genera davanti ai nostri occhi dalle parole del nonno).
La seconda idea l'avevamo già vista ne La Storia Infinita (1984) di Wolfang Petersen da Michael Ende cui La Storia Fantastica (1987) è indissolubilmente legato anche se Goldman pubblicò sei anni prima del tedesco.
A distanza di tre anni uscirono due grandi film sul rapporto tra letteratura e ragazzini, in un momento storico in cui si cominciava sempre più a discutere dell'allontanamento dei più piccoli dalla letteratura per colpa di tv, videogame e cinema. Ma torniamo a una domanda posta nel saggio qualche riga più sopra.
È un fantasy?
No. Decisamente no. Nel film di Reiner viene citata la Sicilia, Platone, Aristotele, Socrate, Australia, Patagonia. Il gigante Fezzik viene dalla Turchia (nel libro è più chiaro mentre nell'edizione italiana del film Vizzini parla di Groenlandia) mentre lo spadaccino Inigo Montoya è spagnolo. Quello che fece Goldman in letteratura e quello che sintetizzò Reiner al cinema è il cosiddetto genere ruritaniano da Il Prigioniero di Zenda di Anthony Hope. Si prende una certa realtà monarchica inventata (qui abbiamo a che fare con i regni di Florin e Guilder) e la si colloca dentro una supposta Europa, di solito leggermente dell'Est. Grand Budapest Hotel (2014) di Wes Anderson rientra nel genere così come i due Pretty Princess (2001-2004) del compianto Garry Marshall ovvero i film che lanciarono Anne Hathaway.
Animali Fantastici e Dove Trovarli
I personaggi fantastici che troviamo a Florin: Bottondoro (Robin Wright all'epoca non ancora Robin Wright Penn per poi ritornare Robin Wright; qui alla sua prima prova cinematografica) è la bella principessa, Humperdinck (Chris Sarandon) il principe cattivo, Westley (Cary Elwes, il miglior Errol Flynn di sempre... dopo Errol Flynn) il prode innamorato di Bottondoro, Vizzini (Wallace Shawn) il faccendiere siciliano, Fezzik (André The Giant) il gigante buono, Inigo Montoya (Mandy Patinkin qui sosia di Kevin Kline; la cosa non lo favorì) lo spadaccino ubriacone, il Conte Rugen (Christopher Guest) il torturatore psicopatico con sei dita amicone di Humperdinck e Miracle Max (Billy Crystal) il mago specializzato nei miracoli in compagnia della moglie Valerie (Carol Kane).
Gli animali fantastici con cui i nostri avranno a che fare sono: anguille urlanti (serpentoni di mare dalle grida sgradevoli che urlano ancora più forte quando stanno per cibarsi di carne umana; ma sono lentissime), r.t.f. acronimo per roditori taglie forti (vivono nella Palude del Fuoco ma non attaccano mai in gruppo e basta una fiammata per metterli in difficoltà).
Un film fantastico
L'anno prossimo preparatevi alle tante celebrazioni. Il film uscì in Usa nell'autunno del 1987 e nonostante non fu immediatamente un successo, molti addetti ai lavori intuirono che sarebbe stata un'opera con cui avremmo avuto a che fare a lungo nel tempo. Eliminato il problema di quella introduzione al romanzo così densa e complessa, Goldman e Reiner riuscirono nell'impresa difficilissima di realizzare un cappa & spada postmoderno che non avesse però un tono troppo ironico e distaccato tale da allontanare il pubblico, anche romanticamente, dalle vicende di Bottondoro e Westley ("I seni perfetti scarseggiano in questo mondo. Sarebbe un peccato danneggiare il tuo" dice Westley non visto a Bottondoro mentre lei sta per infilare un pugnale tra le mammelle). Se si analizza la recitazione dei personaggi e il tono prosaico della sceneggiatura ci si può accorgere che non ci troviamo di fronte né a una parodia né a un film fantastico retoricamente convinto di sé stesso. Ci sono i duelli, ci sono i giganti, ci sono i mostri, ci sono le corti reali ma è tutto molto lento, gentile, spiritoso ed evidentemente di cartapesta (occhio alla cima del Dirupo della Follia perché sembra uscita da La Leggenda di Robin Hood di Michael Curtiz del 1938). Reiner riuscì magicamente a dosare tutti gli ingredienti a partire dal duo di giovani protagonisti (Robin Wright e Cary Elwes sono di un fascino quasi accecante e mai prepotente) fino ad arrivare alla colonna sonora di Mark Knopfler dei Dire Straits (fresca e arcaica insieme) più tormentoni epocali come quello celebre di un certo spadaccino: "Hola. Mi nombre es Inigo Montoya. Tu hai ucciso mio padre. Preparati a morire". Visto dall'ottica del 2016, il film possiede una forte anima inglese, essendo i britannici maestri della commedia fantasy (si pensò a Richard Lester come regista prima di Rob Reiner) da Monty Python and The Holy Grail (1975) a I Banditi Del Tempo (1981). Occhio, sul fronte dell'identità british alle location inglesi e irlandesi nonché ai cammei di pezzi da novanta come Peter Cook (quasi un maestro dei giovani Monty Python qui dalle parti del Ponzio Pilato del Palin di Brian di Nazareth) e Mel Smith (quasi irriconoscibile come servo albino del torturatore).
Conclusioni
"Quando morirò, se il Times mi dedicherà un necrologio, sarà solo per Butch Cassidy. Okay, allora, qual è la scena di cui tutti parlano, il singolo momento che io, voi, le masse ricordiamo? Risposta: il salto dalle rocce. Bene, quando l'ho scritto, ricordo di aver pensato che le rocce da cui stavano saltando fossero quelle del Dirupo della Follia che tutti cercano di scalare in The Princess Bride. Riandando a quando scrissi Butch, ricordo che risalivo ancora più indietro, quando mio padre mi leggeva dell'arrampicata sulla fune, su per Il Dirupo della Follia, con la morte subdola all'inseguimento".
Ecco un altro estratto da quella subdola, divertentissima, introduzione piena di bugie di William Goldman a La Storia Fantastica, suo romanzo del 1973. All'epoca lo scrittore aveva già vinto un Oscar per la Sceneggiatura Non Originale di Butch Cassidy (1969). Sarebbe poi arrivato un altro Oscar per il copione di Tutti Gli Uomini Del Presidente (1976) nonché altri script non male come Il Maratoneta (1976; da suo romanzo) o Misery Non Deve Morire (1990) diretto ancora da Rob Reiner.
Ma di tutti i lavori di questo formidabile artista, ad oggi, quello più ricordato è La Storia Fantastica, avendo superato nell'immaginario collettivo per importanza sia Butch Cassidy che Il Maratoneta.
Questo suo libro diventato poi copione del capolavoro cinematografico di Reiner è ancora oggi premiato, ricordato, omaggiato, classificato e soggetto a bizzarre interpretazioni in attesa di un suo desiderato seguito (Goldman ci provò in più di un'occasione senza riuscirci) che forse non leggeremo mai (il nostro ha 86 anni).
Quando morirà il Times dedicherà un necrologio per La Storia Fantastica.
È la pura verità.