Bad School - RoboCop, di Paul Verhoeven
Il Bad School della settimana è Robocop di Paul Verhoeven, quando il regista olandese arrivò a Hollywood con tutta la sua ferocia ed energia
Robotica domani
Il Finacial Times scrive che entro 20 anni si perderanno, o meglio scompariranno, alcuni posti di lavoro. Addio ad agenzie di viaggio, faticheranno assai i produttori di componenti industriali, chiuderanno molte officine auto (le automobili elettriche risulteranno più facili da riparare) e saranno un lontano ricordo i venditori di polizze assicurative nonché i consulenti finanziari. Tutti sostituiti da automatizzazioni o rimpiazzati da computer.
E i poliziotti?
Robotica ieri
Un poliziotto robot. È un'immagine che Edward Neumeier non vede mentre è febbricitante (come James Cameron con il suo Terminator) ma durante l'analisi di una prima pubblicità di Blade Runner (1982) film che lo vede gironzolare sul set quando è un giovane impiegato della Warner Bros post college con specializzazione cinematografica. È in quel momento che pensa di sviluppare un primo trattamento di RoboCop colpito da quella trama di Blade Runner che vede un poliziotto inseguire degli androidi. Nonostante l'insuccesso commerciale firmato da Ridley Scott, Neumeier non si toglie dalla testa il suo progetto e nonostante alla Universal Pictures (nel frattempo ha cambiato lavoro) entri in lizza per il ruolo di Vice Presidente, lui non rinuncia alla scrittura del pet project invitando a dargli una mano anche l'ex compagno di studi alla UCLA Michael Miner. Il punto di riferimento è dunque Blade Runner cui aggiungere l'attitudine di John Wayne, la parabola di Gesù Cristo, il dramma di Frankenstein, il look di Judge Dredd, un pizzico di Iron Man (Neumeier, amico di Stan Lee, viene invitato a scrivere un copione su un film su Tony Stark dopo il successo di RoboCop), la decadenza dell'industria Usa (da lì la scelta come location di Detroit, patria della Ford), la spietatezza degli executive delle corporation (Neumeier prende spunto dagli squali che lavorano nello show biz), l'aggressività dei commercial in tv (il film è pieno zeppo di pubblicità deliranti, dieci anni dopo Ridere Per Ridere di John Landis -ce n'è una molto simile al gioco da tavolo sull'assassino del presidente Kennedy di quel film- e contemporaneamente a Ginger e Fred di Federico Fellini) e, di conseguenza, la teledipendenza di cui si parlava molto in quel periodo storico (il figlio del poliziotto Murphy è fissato con un virtuosismo con la pistola effettuato nel suo show tv preferito dall'eroico TJ Lazar). I replicanti in Blade Runner sono proprio simili a noi. Niente cavi sottocutanei o ingranaggi come nella scena in bagno di Terminator (1984) di Cameron (il quale è molto irritato all'inizio dall'annuncio di RoboCop perché pensa sia un exploitation del suo capolavoro ma poi incontra Neumeier e i due diventano subito amiconi). In Blade Runner i replicanti sono androidi certo... ma non si deve vedere. Neumeier e Miner invece vogliono che il titanio laminato con kevlar alla base dell'armatura del nostro superpoliziotto sia sempre in primo piano. La tuta dentro la quale verrà collocato quel poco che resta dell'agente morto Murphy dovrà essere protagonista del film.
Si dovranno anche sentire gli effetti sonori dei passi pesanti di questo sbirro cibernetico (Stephen Hunter e John Pospisil vinceranno l'Oscar per Miglior Montaggio Sonoro).
E poi c'è bisogno di un regista senza paura.
L'Olandese Volante
La prima inquadratura di RoboCop è un volo della camera verso la città di Detroit (l'unica volta che vediamo la metropoli del Michigan, grazie a riprese d'archivio, visto che quasi tutto il film è girato in realtà a Dallas, in Texas). Era volato in America anche un certo Paul Verhoeven, esuberante regista olandese classe 1938 con più di qualche interesse nel creare un cinema viscerale, scioccante e provocatorio. Si era stufato dell'Olanda, dove aveva diretto già ben sei lungometraggi, ed era arrivato in Usa seguendo il suo attore feticcio Rutger Hauer (i due avevano già ottenuto una nomination per Miglior Film Straniero agli Oscar nel 1974 per Fiore Di Carne) a fare un po' di casino dentro una produzione di cappa & spada, finanziata con i soldi della Orion Pictures, intitolata L'Amore E Il Sangue (1985).
RoboCop non è dunque il suo primo film in inglese mentre Elle, ora in sala, è sicuramente il suo primo film in francese. Verhoeven non è, ovviamente, in cima alla lista dei produttori della Orion ma dopo i rifiuti e/o uscite di scena di Lewis Teague, Thom Eberhart, Amy Holden Jones e Jim McBride... è il cineasta che risponde meglio a quello che hanno in mente Neumeier e Miner per la trasposizione visiva del loro copione. Quando entra in scena l'olandese volante ha le idee chiarissime soprattutto riguardo un registro veemente e brutale sia da chiedere agli attori in recitazione sia agli effettisti speciali. C'è anche un nuovo interprete scelto per vestire i panni metallici del poliziotto Alex J Murphy dopo che Arnold Schwarzenegger, molto voluto dalla Orion, ha detto no per replicare troppo il da poco uscito Terminator. Il nome dell'attore protagonista è Peter Weller e all'attivo ha, nel campo del cinema fantastico, il ruolo da protagonista nel flop poi di culto (ma solo parecchio poi) Le Avventure Di Buckaroo Banzai Nella Quarta Dimensione (1984).
RoboFilm
In un futuro non troppo diverso dal nostro presente si possono creare poliziotti misti di carne e metallo per sostituire agenti old school troppo sindacalizzati e sempre sull'orlo dello sciopero. Gli agenti umani pattugliano Detroit con i giubbetti antiproiettili (dettaglio sofisticato per non sovra spiegare l'incremento di violenza), le corporation permettono che i pezzi grossi della società si portino pistole ai piani alti dei grattacieli (un dettaglio geniale che spesso passa inosservato) creando l'associazione perfetta tycoon = gangster. C'è un'idea molto figlia del cinema anni '20 riguardo la spudoratezza delle belve umane che addentano una città senza il bisogno di nascondersi. La società americana si trova in un techno far west in cui i crimini illeciti sono diventati appalti leciti attraverso la mancanza di pudore con cui il criminale Clarence J. Boddicker di un sopraffino Kurtwood Smith (Verhoeven vuole il villain con look da ragioniere perché pensa al nazista Heinrich Himmler) entra ed esce dalle stanze del potere creando un binomio perfetto con il senior president della Omni Consumer Products (OCP) Dick Jones, il quale vorrebbe mettere nelle strade di Detroit il gigantesco Ed 209 fregandosene se funziona o no (ha già i contratti con l'esercito garantiti) visto che questa macchina da guerra è stata costruita senza alcun tipo di pensiero pragmatico ma solo per impressionare tutti (il fatto che il gigantesco Ed 209 avrà difficoltà a scendere delle semplicissime scale sarà uno dei tanti tocchi geniali dello script di Neumerier e Miner). Il film è esagitato, violento (Rob Bottin inserisce più sangue del solito e scioglie letteralmente il corpo di Paul McCrane quando il criminale Emil M. Antonowsky si squaglia con l'acido), satirico, registicamente acido (che meraviglia quel montaggio di soggettive del risveglio di RoboCop mentre attorno a lui c'è la frenesia della squadra di scienziati del Miguel Ferrer di Bob Morton; il divertente Hardcore! l'ha copiato), sessualmente disinibito (bello recuperare il sex symbol, ed ex moglie di Brian De Palma, Nancy Allen per farla diventare un poliziotto perbene dal capello cortissimo). Verhoeven alterna morbidi piani sequenza a durissimi stacchi al montaggio in cui non ha paura di girare tra pozze di fango, fabbriche abbandonate, periferie degradate.
I criminali ridacchiano, si drogano e sono sempre su di giri. La palette cromatica è, per citare Ecce Bombo, "fumo metallizato" e quindi la presenza organica di fluidi corporali è ancora più evidente in mezzo a tutto questo grigio pieno di ruggine. C'è una strana associazione con un serial tv di culto poco distante nel futuro.
Twin Movie
Non solo rispetto a Twin Peaks di David Lynch il film condivide nel cast gli attori Miguel Ferrer e Ray Wise (il papà di Laura Palmer) ma è buffo come sia presente anche dentro RoboCop una sitcom molto amata dai personaggi, anche criminali del film, creando l'effetto da film dentro il film che nel serial concepito da Mark Frost e Lynch è rappresentato da una soap opera.
In RoboCop il programma televisivo che tutta Detroit vede e sembra apprezzare assai in tutti i suoi strati sociali ha il protagonista di queste gag piuttosto idiote esclamare sempre alla fine: "I'd buy that for a dollar!". In Twin Peaks la soap opera che tutti gli abitanti di Twin Peaks guardano si intitola Invitation To Love.
Conclusioni
Una volta visto il film Cameron sotterra l'ascia di guerra, capisce che i realizzatori non hanno copiato il suo Terminator e fa i complimenti a tutti. Il successo della pellicola (tre nomination Oscar) permette a Tim Burton di dire alla Warner: "Ok adesso so come fare il mio Batman". Dentro il cinema fantastico degli anni '80 (considerato dalla prospettiva di oggi sempre più epocale e innovativo), RoboCop trova immediatamente un ruolo ben preciso. È un prodotto più violento, satirico ed estremo della media. Il maestro Roger Ebert usa infatti l'espressione critica: "Una fantascienza con qualcosa in più". È un qualcosa che influenza come un virus tante generazioni di giovani artisti. Non solo dal punto di vista effettistico proseguendo sull'onda lunga dei nuovi grandi artisti vfx post-Guerre Stellari (Rob Bottin, Phil Tippet e Chiodo Brothers fanno tutti un egregio lavoro sia prostetico che sulla stop motion) ma soprattutto dal punto di vista di fantascienza cyberpunk sull'incontro di carne & metallo. Il regista sudafricano Neill Blomkamp è completamente figlio di RoboCop fin dal suo primo corto epocale Tetra Vaal (2004) in cui un poliziotto robot pattuglia con nonchalance, e dolce goffaggine, le strade di Johannesburg. RoboCop, inoltre, dimostrò che Paul Verhoeven aveva capito come arrivare ad Hollywood senza retrocedere di un passo rispetto alla sua voglia di creare prodotti audiovisivi scioccanti.
Oggi non possiamo che ammirarlo ancora di più a 30 anni dalla realizzazione di questo importantissimo capitolo della fantascienza moderna. Oggi Verhoeven è ancora in sala con un altro capolavoro intitolato Elle.
Non potrebbero esserci film più diversi.
Questo è il segno dei grandi cineasti.