Bad School - La Rabbia Giovane, di Terrence Malick
Il Bad School della settimana è l'indimenticabile esordio nel lungometraggio di Terrence Malick, datato 1973. Martin Sheen e Sissy Spacek fuggono per un'America desolata
C'era Una Volta...
Terrence Malick. Il voice over conteneva perle di saggezza ("Non poteva essere consolato dalla piccola sconosciuta che trovò in casa" circa un padre improvvisamente vedovo alle prese con una figlia precedentemente svezzata, e quindi conosciuta, solo dalla donna morta) e non ricorreva a sciocche frasi shock messe lì apposta per provocare il pubblico borghese ("C'era un momento in cui facevo sesso violento"; è l'inizio dell'ultimo, orribile, Song To Song). La natura ci raccontava, senza parlare, di figli deviati in fuga maldestra e infantile sul suo grande corpo, come pulci sul dorso di un elefante, piuttosto che essere iper fotografata nella sua più appariscente forma di sé come in Voyage Of Time.
Tutto era più economico (97 minuti; solo 500 mila dollari di budget), narrativo (coppia criminale in fuga con voice over di lei che ricorda come andò come se fosse sotto interrogatorio), figurativo (non si inquadrano macchiette in giacca Armani come in Knight of Cups o divi con facce da ebeti ma due giovani attori nei panni di giovani americani), originale (prima volta che qualcuno usò Erik Satie in colonna sonora, con Trois Morceaux En Forme De Poire, dentro un film americano; tra i primi film al mondo ad usare Carl Orff) e magnetico ("La sceneggiatura più bella che abbia letto in vita mia" parola del protagonista Martin Sheen).
Tutto era meglio nel cinema di Terrence Malick ai tempi dell'esordio La Rabbia Giovane (titolo italiano più banale al posto del metaforico ed evocativo Badlands dell'originale).
Tutta l'America osservò quell'opera prima come se fosse arrivato un nuovo genio in città.
Hollywood rimase sconcertata ma affascinata.
Cercando di dimenticare il presente di Malick... rituffiamoci nel passato.
Bad Boys
Kit (Martin Sheen) è molto simile al Michel Poiccard / Laszlo Kovacs di Jean-Paul Belmondo in Fino All'Ultimo Respiro (1960) di Jean-Luc Godard. È un giovane di fine anni '50 che si atteggia a divo (il suo modello è James Dean come per Michel il punto di riferimento era invece Humphrey Bogart) ed è già un figlio dell'immagine (all'epoca: il cinema) ovvero di quel tipo di rappresentazione su grande schermo di alcuni comportamenti, come la violenza, che visti sublimati dalla settima arte possono apparire accessibili azioni da vero maschio senza odore, sapore e dal letale fascino imitativo mentre nella vita reale... sparare a qualcuno così velocemente da farlo apparire un gioco sarà foriero di spiacevoli conseguenze, sia fisiche che psicologiche. Siamo in pieno esistenzialismo, signori. Infatti, manco stessimo leggendo Lo Straniero di Camus, sentiremo a tre quarti di film Kit affermare con l'aria tranquilla di sempre: "Volevo essere un criminale... ma non così GRANDE". Malick nel 1973 ha già capito tutto. Il suo futuro criminale dal ciuffo sempre in bella vista rovista nella spazzatura, cerca un pubblico (è un caso che si faccia poi acciuffare dalla polizia quando non ha più nessuno al fianco che lo osservi mentre fa il fuorilegge visto che la sua donna l'ha scaricato?), lo trova in una ragazzina con il viso da alieno incontrata per caso e con cui si mette a camminare placidamente per larghi vialoni alberati (se vi sembrano le stesse identiche passeggiate dell'horror sofisticato It Follows... avete ragione). Kit non sopporta il giudizio dell'autorità ma soprattutto... Kit è per noi un reduce di guerra. Dissociato mentalmente più del Travis Bickle post-Vietnam di Taxi Driver (1976) o del Freddie Quell post-II Guerra Mondiale di The Master (2012), Kit è per noi un ex soldato (l'argomento è soggetto a varie interpretazioni) distrutto psicologicamente dalla Guerra di Corea (1950-1953). Il suo passato da assassino legalizzato uscito fuori di testa da ciò che ha visto e ha fatto in guerra (come Travis per Scorsese e Freddie per Paul Thomas Anderson) ci sembra parecchio logico... anche perché altrimenti come farebbe a sparare così bene (ha una mira infallibile) un giovanotto che all'inizio vediamo raccogliere la spazzatura in una cittadina di provincia con l'amico Cato? Con le musiche sognanti e soprattutto dei totali pazzeschi che circondano Kit e Holly nella loro fuga verso le montagne canadesi Saskatchewan attraversando dal Sud Dakota un'America gigantesca piatta, senza gente e con degli orizzonti epici, Malick realizza un'opera ancora oggi incredibilmente bella nettamente diversa rispetto alla coppia criminale Bonnie & Clyde di Gangster Story (1967) di Arthur Penn, più interessato a far vedere i fuorilegge come rivoluzionari. Kit e Holly sono un ventenne e un'adolescente ragazzini che sognano Hollywood, leggono i gossip delle celebrità sui tabloid con aria estatica e sono già completamente scollegati dai concetti di bene e male attraverso una dissociazione mentale che non li pone mai come sovversivi o portatori di una nuova visione dei rapporti sociali. Kit, da questo punto di vista, è emblematico. Cerca solo la fama, ringrazia sempre tutti (compresi i poliziotti), si scusa se nei messaggi che lascia non usa correttamente la grammatica e poi è pronto, una volta catturato, a scherzare con il poliziotto suo coetaneo che gli ha sparato, regalando poi accendini e pettini alle forze dell'ordine come se fosse Lady Gaga dopo un concerto, salendo ammanettato sull'aereo con la gaiezza di chi sta per partire per un tour mondiale.
Conclusioni
Mentre i giovani arrabbiati della New Hollywood cominciavano ad affilare le unghie per graffiare il sogno americano grazie al pioniere Arthur Penn e poi i successoni di Easy Rider (1969) e M.A.S.H. (1970), arrivò dal cielo questo extraterrestre mezzo cineasta e mezzo filosofo discepolo di Heidegger (si racconta di un loro mitico incontro in un bosco), all'epoca in grado di filmare sgommate e sparatorie ispirandosi ai veri giovani criminali di fine anni '50 Charles Starkweather e Caril Ann Fugate ma con un'aria più sognante e del tutto diversa rispetto al cinema dei suoi coetanei. Arrivava davanti ai nostri occhi qualcuno che filmò la coppia criminale come il placido risultato di una realtà post-industriale dove la spinta verso l'individualismo, la società dello spettacolo (Kit idolatra solo star come James Dean o artisti come Nat King Cole) e lo sfruttamento in termini commerciali del ribellismo giovanile (l'icona di James Dean dopo quella di Marlon Brando) avevano già, per Malick, ucciso Dio, desacralizzando il nostro vivere in comunità, senza che il regista si soffermasse troppo su problemi di natura razziale o più squisitamente politici.
Malick nel 1973 sconvolse tutti con un'idea di cinema mai vista prima e anni luce avanti (a partire dalla rivoluzionaria colonna sonora) rispetto all'epoca in cui viveva e lavorava.
Ecco perché siamo abbastanza sconvolti dalla regressione di questi ultimi, bruttissimi, film come Knight of Cups e Song To Song.