Bad School - Martyrs, di Pascal Laugier

Il Bad School della settimana è Martyrs di Pascal Laugier, ora in sala come regista de La Casa Delle Bambole. Dieci anni fa realizzò questo capolavoro del disturbo e del misticismo

Condividi

Spoiler Alert

Vive la France!

Ve li ricordate? Si intitolavano Alta Tensione, Saint Ange, ThemÀ l'intérieur (da noi inedito), Frontiers... e Martyrs. Erano tutte produzioni o coproduzioni francesi come l'ultimo titolo dell'elenco realizzato grazie al coraggio di Canal+ e capitali canadesi. Uscivano in sala dai nostri cugini e dopo qualche mese anche da noi, a volte addirittura incassando di più come nel caso di Alta Tensione. Gli anni? Dal 2003 (Alta Tensione) al 2008 (Frontiers). Era una nuova interessante stagione per l'horror a livello mondiale. Si coniò l'espressione torture porn. Nacque lo splat pack motteggiando il brat pack degli anni '80. Si tornava a giocare pesante con dettagli macabri, finali pessimisti, sound design disturbante, mancanza di pietà, zero senso dell'umorismo. Secondo Eli Roth questo ritorno al tono disperato di Non Aprite Quella Porta (1974) era una reazione ai divertenti e rilassati giochi metacinematografici dei teen horror scritti da Kevin Williamson esplosi alla fine dei '90 da Scream (1996) in poi diventati alla fine parodia con Scary Movie (2000). In Usa c'era Roth che dopo il noviziato presso Lynch e aver scaldato i muscoli con il raimiano senza humour slapstick semplice-semplice Cabin Fever (2002) realizzò quel capolavoro politico che era Hostel (2005; americani ignoranti in giro per il mondo a morire come deficienti dopo che il 20 marzo 2003 Bush aveva deciso di invadere nuovamente l'Iraq). Dall'Australia emergevano i fantastici Whannell & Wan con Saw - L'Enigmista (2004) mentre in Corea del Sud e Giappone si giocava con fantasmi vendicativi bisognosi di affetto e in Spagna crescevano nuovi talenti horror come Jaume Balagueró (Nameless, 1999) e Paco Plaza (Second Name, 2002) svezzati in terra iberica da Brian Yuzna. C'erano praticamente tutti tranne noi, nonostante la nostra tradizione. L'unico cineasta italiano che partecipò al movimento fu Gabriele Albanesi con il cult movie prodotto dai Manetti Bros Il Bosco Fuori (2006) con un Sergio Stivaletti ispiratissimo e truculento. Lo storico makeup artist di tanto buon Fulci Giannetto De Rossi (Zombi 2, ... E tu vivrai nel terrore! L'aldilà, Quella Villa Accanto Al Cimitero) in quegli anni in Italia lavorava ad Amici Ahrarara (2001) facendo le parrucche. Sapete che fece allora Alexandre Aja? Lo assunse al trucco di Alta Tensione (2003) perché ricordava la sua maestria. Insomma... erano anni molto interessanti per il cinema della paura e del disturbo vietato ai minori senza dimenticare il prepotente ritorno del found footage movie che inventammo noi con Cannibal Holocaust grazie al successone di The Blair Witch Project (1999). Tanti giovani artisti nemmeno trentenni stavano sperimentando e lavorando in chiave audiovisiva riflettendo su limiti, tabù visivi, censure e box office. Che fine hanno fatto questi eroi? L'elenco sarebbe lunghissimo. Roth sta entrando nel fantastico per bambini, Wan è alle prese con Aquaman (2019) dopo aver lavorato a saghe horror non male come Insidious e The Conjuring. E i francesi dell'inizio dell'articolo? Quei ragazzacci transalpini autori dei film a riga uno del saggio? Molti di loro, giustamente, hanno accettato il richiamo americano. Il primo a farlo è stato proprio l'apripista Aja chiamato da Wes Craven a un remake trucidissimo de Le Colline Hanno Gli Occhi (2006) ancora sfruttando Hostel e quindi usando l'horror come metafora politica anti-Bush. Baustillo e Maury (À l'intérieur) sono arrivati addirittura a un Leatherface (abbiamo intervistato Maury a riguardo), Xavier Gens (Frontiers) fece Hitman (2007), Moreau & Palud (Them) si occuparono del remake con Jessica Alba di The Eye (2008) da originale dei gemelli Pang. Pascal Laugier (Martyrs) è arrivato ora all'interessante produzione franco-canadese in lingua inglese La Casa Delle Bambole - Ghostland.
Ma prima, in quegli anni dell'orrore spinto, fece qualcosa di realmente sconvolgente.

L'amica geniale

Una bambina che sembra una donna scappa piangendo da un fabbricato industriale nei pressi di Chamfors. Qualcuno l’ha torturata per giorni e giorni. Già la corsa zoppicante della fanciulla è da brividi mentre le urla si fanno sempre più concrete. Dall'azione passiamo poi alla riflessione attraverso un reportage televisivo che ci dà la dimensione storica del fatto (1971) per poi farci vedere la struttura dove Lucie Jurin (si chiama così) è stata condotta e dove passerà lunghi minuti da sola con la benda sugli occhi mentre gli altri bambini stanno giocando. Fluidamente quel filmato viene poi inserito nella trama perché non l'hanno fatto vedere solo a noi spettatori ma anche all'unica amica di Lucie nell'orfanotrofio: Anna. C'è un mistero. Cosa è successo a Lucie? Forse lei lo ha confidato alla sua migliore amica? L'hanno torturata? Hanno abusato di lei? I dottori chiedono ad Anna di indagare e già entriamo dentro l'identità di questo gran bel film: massimo della visione e massimo del mistero. Il pieno della violenza e il vuoto delle ultime parole famose che non sapremo mai come in Lost In Translation. Un horror brutale come un torture porn e un giallo metafisico insieme che cerca dietro la rappresentazione estrema della violenza un non detto di natura quasi divina. Noi vediamo il martirio ma il martire... cosa vede che noi ignoriamo? Osserviamo come ignobili voyeur il corpo martoriato ma non ascoltiamo la parola devastante. Il massimo della gioiosa frustrazione che oggi, si direbbe, dovrebbe generare assolutamente un sequel visto che Anna è ancora viva nell'ultima inquadratura. Ma torniamo a quelle due ragazzine: dopo una notte piena di terrore tra bambine già complici passano 15 anni e vediamo Lucie bussare a una casa dove vive una famigliola felice tra cui c'è anche un diciannovenne Xavier Dolan nel ruolo del figlio (all'epoca si faceva accreditare Dolan-Tadros) bonariamente preso in giro da mamma, papà e sorella. Verranno tutti e tre ammazzati da una Signorina Jurin ormai cresciuta (anche se sembrava più grande in quella corsa iniziale), raggiunta poco dopo in quella villetta da una Anna nervosamente pronta a tutto pur di aiutare un'amica di cui si è pure innamorata. I genitori ricevono i colpi del fucile senza esitazione. I figli con un certa pietà. Poi vedremo vittime di torture martirizzate con visiere per gli occhi conficcate nella testa, sette che cercano testimonianze di quella trascendenza raggiungibile solo attraverso il dolore, scuoiamenti integrali, sevizie apportate con scrupolo scientifico, fantasmi della mente che rispetto alle persone reali sembrano simpaticissimi. Laugier vola alto rifacendosi ai circoletti di borghesi perfidi già utilizzati molto bene dal Balagueró di Nameless ovviamente figli dei colorati satanisti della porta accanto di Rosemary's Baby (1968). Qui è tutto più grigio (come in Nameless) e quotidiano anche se l'orrore cosmico di Lovecraft (citato in La Casa Delle Bambole) è ravvisabile in segreti sussurrati che possono essere più destabilizzanti dell’immagine.

Conclusioni

Perché Madmoiselle si suicida? Per una sua particolare forma di bontà? Vuole tenere all'oscuro i confratelli circa verità troppo difficili da accettare? Oppure per pura perfidia egoistica (leggi: io so e voi no). Il dibattito è ancora oggi aperto. Martyrs fa subito parlare molto di sé. È un film dalla sceneggiatura brillante che non ha bisogno di attori, si fa notare nei festival di genere che contano come Sitges e mette in discussione il codice censorio francese costretto a reinventarsi proprio per via del film di Pascal Laugier dopo un iniziale divieto ai minori di 18 anni. Il gotha del cinema francese non ha mai premiato, e nemmeno nominato, questi film ai César. È un vero peccato perché tennero alto il nome della Francia e lanciarono un'intera generazione di registi tuttora in attività nonostante quell'indimenticabile stagione dell'horror europeo sia definitivamente passata. In attesa che ne arrivi un'altra. Nel 2015 quella vecchia lenza di Jason Blum produce un remake in lingua inglese diretto dai fratelli Goetz.
È un disastro totale ma... come potevano ripetere quell'esperienza?
Martyrs è figlio di un'epoca cinematografica ben precisa.
Quando la violenza cinematografica superò ogni limite, diventando l'estasi del martirio.

Continua a leggere su BadTaste