Bad School - La Vita Di Adele, di Abdellatif Kechiche
Il Bad School della settimana è La Vita Di Adele di Abdellatif Kechiche, storia d'amore gay che nel 2013 passò dal trionfo al biasimo
Questo film ha segnato forse la "morte" di Abdellatif Kechiche? È una domanda fin troppo retorica e clamorosa. Eppure oggi, dall'ottica del 2018, è veramente surreale rianalizzare l'incredibile storia della quinta pellicola del regista tunisino all'epoca 53enne reduce dall'insuccesso cocente di Venere Nera (2010). Cercheremo di ricordare il testo e poi la cronaca legata alla ricezione di quel film che segnò a ferro e fuoco un 2013 indimenticabile, sia nel bene che nel male, per i tre protagonisti cinematografici di quell'opera (Kechiche, Adèle Exarchopoulos, Léa Seydoux) tratta dalla graphic novel Il Blu È Un Colore Caldo di Julie Maroh. Un film diviso in due capitoli che racconta un'intensa storia d'amore tra giovani donne, a Lilla, nel Nord della Francia, senza alcuna presenza di cellulari o social ma con chiacchiere, corpo, feste, lavoro, sesso, scuola, manifestazioni politiche e pasti in famiglia. Un melodramma totalmente novecentesco così fuori dalla contemporaneità che sembra senza tempo (nemmeno le comparse della scena a Grand Place usano il telefonino!). Prima ci fu la fatica immane delle riprese nel 2012 (cinque mesi), poi il trionfo a Cannes a maggio del 2013, infine un'inquietante serie di polemiche nell'estate ed autunno 2013.
Oliver Stone ci andrebbe a nozze.
Qualcuno ha voluto improvvisamente far fuori Kechiche dal cinema francese?
Un'attrice pronta per diventare una star internazionale imbarazzata da un film in cui faceva la lesbica?
Oppure il potentissimo nonno dell'attrice, capo di una delle case di produzioni più antiche e influenti della nazione che inventò il cinema?
Ma andiamo per ordine.
Colpi di fulmine
Quelle due
E soprattutto a schiena dritta. È questa l'immagine finale.
Durante l'epoca del consenso si parlerà addirittura di sequel. A pensarci ora... viene proprio da sorridere.
La morte
Il film dura 180 minuti all'interno dei quali 7 sono dedicati al sesso tra Adèle ed Emma. È tutto il contrario del softcore pruriginoso: c'è pazienza, scoperta, naturale crescita verso la piena soddisfazione finale. Nella prima volta tra le due c'è anche parecchia goffaggine. Kechiche le farà vedere far l'amore poco dopo con molta più scioltezza sia a casa di Emma (dopo la cena con i genitori iperprogressisti della futura pittrice) che da Adèle (dopo cena quasi comica con i parenti piccolo borghesi della futura insegnante elementare). Il sesso occupa circa un misero 5% della durata complessiva del film. Come ci si potrebbe scandalizzare nel 2018 con il curriculum di Abdellatif Kechiche (all'epoca ha già vinto personalmente: 6 César tra cui 2 per Miglior Film e 2 per Miglior Regista + un Premio Speciale della Giuria a Venezia)? Quando il film arriva in Concorso al Festival di Cannes nel maggio del 2013 la Francia è scossa da manifestazioni contro matrimonio e genitorialità gay. La tempistica è dunque perfetta per giocare la carta del cinema libero contro i bigotti. Abbiamo un regista tunisino (leggi: ex colonizzato dell'imperialismo francese) che dirige da potente artista transalpino un melodramma d'autore al femminile con una sempre più probabile star internazionale futura Bond Girl nipote di quel Seydoux capo della Pathé film. Sembra la perfetta fantasia politico-cinematografica di tutti: dai compassati riformisti ai massimalisti gauche caviar ex sessantottini. Davanti agli occhi orgogliosi di un Presidente di Giuria nordamericano (Steven Spielberg) noto per essere uno dei più importanti esponenti dell'Academy in quel di Hollywood, storico liberal ormai sempre più rispettato anche dal mondo arthouse, La Vita Di Adèle di Abdellatif Kechiche vince a mani basse la Palma d'Oro con, primo caso nella storia del Festival, Exarchopoulos e Seydoux premiate a pari merito insieme a Kechiche.
Steven Spielberg + Palma d'Oro 2013 + melodramma gay + diva e rookie = Oscar 2014
Sembra una follia visto come sono andate le cose dopo?
Se recuperate le immagini del Presidente di Giuria di Cannes Steven Spielberg, Kechiche, Exarchopoulos e Seydoux di quel lontanissimo maggio 2013 vedrete solo gioia e totale soddisfazione.
Ma l'idillio dura poco. Primo fendente: l'autrice della graphic novel Julie Maroh accusa Kechiche di aver girato una scena di sesso "chirurgica" che non restituisce il calore della sessualità lesbica. Poi emergono dei misteriosissimi problemi sindacali: pare che Kechiche abbia stressato molto la troupe con il suo modus operandi in quel periodo da marzo ad agosto 2012 (750 ore di girato; 150 giorni di riprese, 4 milioni di euro di budget). Infine la mazzata finale. Léa Seydoux e Adèle Exarchopoulos confidano a inizio settembre del 2013 al sito web The Daily Beast la durezza di scene di sesso vissute come delle torture umilianti.
Il film passa nel giro di quattro mesi da simbolo del cinema nobile e progressista a un esempio di manipolazione maschilista con regista voyeur e sotto sotto maialone.
È tutto molto, molto, molto strano. I sindacati non sono mai intervenuti durante le riprese (e Kechiche era nel sistema, da vincente, già da 20 anni) mentre Seydoux ed Exarchopoulos ritrattano abbastanza platealmente (più Adèle che Léa come intensità) le affermazioni a The Daily Beast (vedere questo video al TIFF 2013 realizzato da Movie City News e l'ottimo David Poland per farsi un'idea). Inoltre le dichiarazioni della Maroh (se lette integralmente) non paiono poi così polemiche con Kechiche quanto piuttosto deluse dal gelo del cineasta nei suoi confronti dopo l'acquisto dei diritti della graphic novel nel lontano 2011 (c'è da dire che il film e il romanzo a fumetti sono assai diversi da molti punti di vista).
Di quell'assurdo post-Cannes 2013 rimane ad oggi il fatto più importante di tutti: la Francia non candida La Vita Di Adele alla corsa Oscar 2014, spianando la strada a La Grande Bellezza di Paolo Sorrentino, in Concorso pure lui in quel Cannes 2013 ma passato piuttosto inosservato e senza alcun premio.
Con uno come Steven Spielberg al fianco della pellicola da ex Presidente di quella Giuria che fece trionfare all'unanimità il film di Kechiche... pensate che la pellicola non avrebbe avuto un appoggio di tutto rispetto dentro l'Academy Awards per arrivare alla statuetta di Miglior Film Straniero? Oppure è stato Spielberg a sfilarsi? È l'Academy, dopo tutte quelle polemiche post-Palma d'Oro, a chiedere ufficiosamente al cinema francese di candidare un altro film?
Rimangono alcuni misteri: 1) un paese notoriamente incline a godere dei propri successi che non candida da possibile favorito un proprio film che ha vinto la Palma d'Oro con l'appoggio di un certo Spielberg 2) Kechiche, sempre più amareggiato e sotto shock, inizia a concedere interviste in cui parla del fatto di essere una persona non troppo gradita dentro la comunità del cinema francese non prima di aver dichiarato che Lèa Seydoux è, sostanzialmente, una figlia di papà. Kechiche alla fine di quell'anno surreale si ritiene insultato e offeso dalla gogna mediatica. Sarcasticamente afferma che quel film non andrebbe visto per quanto è sporco e anche questa frase fa il giro del mondo senza che si colga l'ironia caustica e il vero senso dell'affermazione.
La storia finisce nel modo più mesto possibile: sconfitta ai Golden Globe (dove almeno la pellicola entra in cinquina grazie alla HFPA) e un solo premio vinto alla cerimonia dei Cèsar 2014 dove il film porta a casa Miglior Attrice Emergente (Exarchopoulos) su otto candidature ricevute.
Kechiche, quel 28 febbraio 2014, non si presenta nemmeno alla cerimonia degli Oscar francesi.
La Exarchopoulos lo ringrazia dal palco con un misto di evidente imbarazzo e commozione.
Conclusioni
Sapremo mai la verità su ciò che accadde realmente a La Vita di Adele da quel successo di maggio 2013 alla negazione della Francia di rappresentarla agli Oscar 2014 (il selezionato Renoir di Bourdos non entrò nemmeno in cinquina)? Kechiche, forse per rispondere a quell'infernale sequela di accuse al suo modo di essere regista, ha aperto il suo ultimo film Mektoub, My Love: Canto Uno, attualmente in sala e in Concorso alla Mostra del Cinema di Venezia 2017, proprio con una lunga scena di sesso.
Tra un uomo e una donna.
Alla conferenza stampa veneziana è apparso guardingo, sospettoso, estremamente sulle spine. Anche perché si erano alzate delle voci anche in quel caso in laguna di voyeurismo ed esibizione gratuita del corpo femminile.
In attesa di vedere completata la trilogia (Mektoub, My Love: Canto Due è in post-produzione e potremmo trovarlo ancora in Concorso proprio a Venezia 2018) abbiamo deciso di rendergli omaggio ricordando la vita burrascosa del suo meraviglioso La Vita Di Adele.
Un vero capolavoro. La Storia renderà negli anni giustizia sia alla creazione che al suo geniale creatore.