Bad School - King Kong, di Peter Jackson

Il Bad School è il King Kong del 2005 firmato Peter Jackson ovvero l'ultima gita cinematografica a Skull Island prima dell'ultimo King Kong firmato Jordan Vogt-Roberts

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Spoiler Alert
Peter's Pet Project

Aveva pianto nel 1970 a nove anni quando lo aveva visto per la prima volta in televisione. Aveva cercato nella pubblicazione Famous Monsters of Filmland tutti i segreti circa la realizzazione di quel capolavoro del 1933 firmato Merian C. Cooper e Ernest B. Schoedsack (quella rivista storica del 1958 forniva notizie circa gli effetti speciali ai piccoli fan di King Kong John Landis, Peter Jackson e Rick Baker). Aveva inseguito l'idea di rifarlo negli anni '90 per la Universal non riuscendo a chiudere una produzione troppo difficile per lui all'epoca visto che Sospesi Nel Tempo (1996) era stato un flop. Dopo Il Signore Degli Anelli - Il Ritorno Del Re (2003) il Miglior Regista agli Oscar 2004 Peter Jackson poteva farcela. Era King Jackson. Poteva rimettere le mani su King Kong e riportare davanti ai nostri occhi l'ottava meraviglia del mondo per la settima volta dopo King Kong (1933), Son Of Kong (1933), Il Trionfo di King Kong (1962), King Kong Il Gigante Della Foresta (1967), King Kong (1976) e King Kong 2 (1986; solo negli anni '80 poteva esistere un film intitolato King Kong 2; oggi non sarebbe chic).
Ma è quel magico monster movie del 1933 il riferimento. Il pet project può partire.
Per pet intendiamo un gorilla capellone di otto metri.

Peter's King Kong

Misura in altezza "solo" 25 feet (7, 62 metri rispetto ai 31 del suo successore in Kong: Skull Island), cammina spesso a quattro zampe, è irascibile per non dire umorale, ama vedere l'alba dalla terrazza con vista fuori la sua grotta (è la sua televisione), si offende, mangia arbusti, a volte sembra un vecchio signore che non ne può più, apprezza il teatro vaudeville (ma alla seconda volta che lo vede già sbadiglia; leggi: King Kong cerca un intrattenimento più sofisticato), interagisce con gli artisti cascatori (toglie il bastone ad Ann Darrow, la fa ruzzolare a terra e ride come un pazzo), ha i denti irregolari, si incavola come una bestia se qualcuno gli urla: "No!" (è il suo lato bambino), è uno di quelli che se gli vengono i cinque minuti sfonda ciò che ha attorno (si diceva che Martin Scorsese fosse così nei burrascosi '70: se la prendeva con oggetti e utensili in cucina quando si incavolava), è in grado di sgominare tre vastatosaurus rex usando un solo braccio perché nell'altra manona protegge Ann Darrow (è qui che lei comincia ad arraparsi pensando: "Ma io un altro così dove lo trovo?????") ed è geloso come Otello quando al risveglio vede come prima immagine davanti ai suoi occhi "la sua donna" prendere la mano di uno sceneggiatore teatrale prestato al cinema al secolo Jack Driscoll. Questo King Kong di Peter Jackson è un ipertrofico film d'avventura ma un perfetto melodramma zoofilo gorilla-donna addirittura più esasperato e romantico rispetto all'originale del 1933 che omaggia e cita in continuazione. Questo scimmione permaloso e passionale è un vero e proprio romantic hero.

Extendend Edition

Come spesso capita con i pet project... a volte anche i registi più bravi del mondo rischiano di esagerare. Forse è successo a Scorsese con Silence (cercava di farlo da 28 anni), sicuramente accadde a Peter Jackson per il suo King Kong del 2005. Intendiamoci: il film è a nostro parere molto bello. Certamente la durata di 187 minuti addirittura diventati 200 per l'extended cut contenuto nell'edizione homevideo Deluxe del 2006... è quantomeno discutibile. A volte l'onnipotenza non aiuta. Stupendi gli effetti speciali dove Jackson & Weta (Richard Taylor compare in simpatico cammeo) continuano il mix di modellini e cgi sperimentato con successo con Il Signore Degli Anelli (combinazione abbandonata da Jackson a favore di sola cgi per il trittico Lo Hobbit) ma troppo lungo il viaggio in nave all'inizio (tutto il rapporto padre-figlio tra Evan Parke e Jamie Bell con sullo sfondo la lettura di Cuore di Tenebra di Conrad poteva essere tagliato in tronco) e troppo bulimica la presenza di mostri su Skull Island con l'estenuante corsa di Brontosaurus baxteri presa da molti come punto di riferimento di un errore nel dosaggio dell'effettistica all'interno del racconto. Jackson crea una Skull Island (anche il virus del suo Splatters - Gli Schizzacervelli veniva da lì) più repellente che affascinante a partire da indigeni rozzi e cattivi (sembra di vedere Cannibal Holocaust per quanto sono aggressivi con i visitatori bianchi), mostri ostili a quintalate (ragnoni, vermi, murene, cimici, etc.), foreste molto simili a Fangorn (direttore della fotografia, montatore e scenografo sono compagni fidati dai tempi de Il Signore Degli Anelli), più di un personaggio con qualche contraddizione (il divo Bruce Baxter, prima fifone poi eroico soccorritore addirittura sparando con il mitra mentre è attaccato a una liana; lo sceneggiatore Driscoll, tanto passionale in nave e su Skull Island quanto anaffettivo al ritorno a New York) e degli stacchi con incredibili vuoti drammaturgici (troppo brusco il passaggio dal lunghissimo viaggio + parte a Skull Island e l'ultima parte, troppo breve, ambientata a New York in cui sentiamo manchino delle scene di separazione del gruppo dopo il ritorno a casa).
Il centro del film è una bellissima storia d'amore. Bisognava eliminare il contorno e concentrarsi di più su di essa.
Così poteva durare anche 120 minuti.

La Bella e la Bestia

Jackson mantiene in sceneggiatura il finto detto arabo dell'originale del 1933 ("Non sono stati gli aeroplani, è la bella che ha ucciso la bestia") e nonostante abbia fatto ironia postmoderna citando, fin dall'iniziale setting temporale, il King Kong originale (quando il produttore Carl Denham di Jack Black sta per partire per Skull Island viene a sapere che Fay Wray sta girando un film Rko diretto da Cooper ovvero proprio King Kong), sarà anche più spinto degli amati Cooper & Schoedsack sul fronte del melodramma tra Ann Darrow e King Kong. Il film è l'incontro di due solitudini: da una parte un'attrice del vaudeville cresciuta orfana e presa all'ultimo minuto da un produttore disperato per partire in fretta e furia destinazione Skull Island; dall'altra non un vero e proprio Re quanto piuttosto un gorillone ormai tremendamente annoiato dall'isolamento in quell'isola piena di abitanti schifosi e antipatici tipo quei maledetti pipistrelli con la faccia da Orchi de Il Signore Degli Anelli in grado di aggredirlo nella sua stessa grotta (della serie: nemmeno a casa ti lasciano in pace a Skull Island). Quando Ann e Kong entreranno in connessione si innamoreranno l'una dell'altro e nonostante Jackson sia tutt'altro che un regista sessuale, o carnale, è evidente invece quanto il sentimento lo sappia raccontare, insieme alle co-sceneggiatrici Philippa Boyens e Fran Walsh, dai tempi di Creature Del Cielo (quello lo aveva scritto solo con la Walsh) ai tenerissimi campi controcampo tra Arwen e Aragorn ne Il Signore Degli Anelli. Lei rimarrà sempre più intrigata da questo scimmione protettivo tremendamente cavaliere (ci ha ricordato il tempismo salvifico di Superman con Lois Lane) e dimenticherà presto la cotta per l'intellettuale tanto-colto-ma-che-non-ti-strappa-mai-i-vestiti-di-dosso, mentre lui capirà di aver trovato finalmente qualcuno di più carino di pipstrelli o dinosauri che gli dice pure: "È bellissimo" dopo aver visto l'alba dalla grotta con terrazza mozzafiato. Il film diventa meraviglioso quando Jackson abbassa il sonoro del caos cittadino una volta che Kong è scappato dal teatro di Broadway (qui c'è molto Un Lupo Mannaro Americano a Londra di Landis; il make up artist specializzato nei gorilla Rick Baker comparirà anche in cammeo) per pattinare con lei sul ghiaccio di Central Park (momento sublime) e morire stanco in cima all'Empire State Building. Essendo un Kink Kong diametralmente opposto rispetto a quello di Kong: Skull Island, questo signore muore anche in pace e quasi rassegnato nello sguardo nei confronti di una vita grama che non potrà mai dargli il vero amore (abbiamo capito che è un ambizioso: vuole una donna e non dei noiosissimi animali). Ha ragione quindi il produttore cinematografico (anche se si comporta pure da regista) ispirato a Orson Welles di Jack Black (Jackson lo asciugò come quando Black faceva furore in arthouse drammatici come Jesus Son accanto a Billy Crudrup) quando dice nel finale: "È la bella che ha ucciso la bestia". L'epilogo è rappresentato da un mondo bestiale che non capisce l'amore tra due specie diverse laddove Ann e Kong, invece, sono riusciti a dare vita a una delle coppie più naturali ed equilibrate viste al cinema da sempre. Dubitiamo fortemente che lo sceneggiatore anaffettivo Jack Driscoll di Adrien Brody riuscirà a sostituire Kong nel cuore, e nel corpo, di Ann Darrow.

Conclusioni

Jackson aveva conquistato il mondo con Il Signore Degli Anelli e cambiato la percezione del fantasy. In più era un neozelandese che aveva portato Hollywood a casa sua, in tutti i sensi possibili e immaginabili. Ovvio che qualcuno, attraverso la megaproduzione del pet project King Kong, volesse riportarlo con i piedi per terra. I media cominciarono a parlare di "film più costo della Storia del Cinema" e sembrava proprio di rivivere la stessa campagna negativa dei tempi di Titanic (1997). In realtà il film guadagnò più di 500 milioni di dollari worldwide di sola sala ottenendo poi altri milioni per sfruttamento homevideo + diritti televisivi. Il budget iniziale (207 milioni) era stato quindi poco più che triplicato sommando tutti i profitti extra sala. Gli Oscar del 2006 diedero comunque tre statuette al kolossal (Migliori Effetti Speciali -gli ennesimi per Richard Taylor e Joe Lettieri post Signore Degli Anelli-, Miglior Missaggio Sonoro, Miglior Montaggio Sonoro) e certamente lo spettacolo fu assicurato. Gli squilibri maggiori si ravvisano in un cast maschile non particolarmente efficace tranne Jack Black (buffo vedere un giovane Kyle Chandler, nel ruolo del fratello morto di Casey Affleck in Manchester By The Sea, recitare la parte del divo sbruffone Bruce Baxter). Il pregio del film è tutto nella sincera love story tra una divina Naomi Watts e un burbero ma umanissimo King Kong (Andy Serkis eccezionale con i suoi 135 puntini in faccia per la motion capture del bestione).
Siamo convinti che se Ann Darrow e King Kong fossero sopravvissuti a quella gita in cima all'Empire State Building e fossero riusciti a scappare in un luogo meno ostile alla loro passione... avrebbero fatto anche l'amore.

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