Bad School - Il Fantasma della Libertà, di Luis Buñuel

Il Bad School della settimana è diretto dal "papà" artistico del Lanthimos di The Lobster. Ci riferiamo a Luis Buñuel e al suo Il Fantasma della Libertà

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Surrealismi

Andre Breton - Manifesto del Surrealismo, 1924:
Automatismo psichico puro con il quale ci si propone di esprimere, sia verbalmente che in ogni altro modo, il funzionamento reale del pensiero, in assenza di qualsiasi controllo esercitato dalla ragione, al di fuori di ogni preoccupazione estetica o morale.

Ado Kyrou - Le Surréalisme au cinéma, 1963:
La forza del cinema che può (e deve) essere il miglior trampolino dal quale il mondo esterno si tufferà nelle acque magnetiche e brillantemente vere dell'inconscio, della poesia, del sogno

Enciclopedia Treccani, online:
Movimento di avanguardia nato in Francia nei primi anni 1920, che ebbe vasta diffusione internazionale nel periodo tra le due guerre mondiali, estendendo la sua influenza dal campo letterario a quello artistico, al teatro, al cinema


La vita dei nostri uomini è più importante di quella di una zebra

C'è forse un film più pazzo di The Lobster di Yorgos Lanthimos ed è il penultimo lungometraggio del suo "papà" cinematografico Luis Buñuel, surrealista della prima ora e sodale di Breton così ringalluzzito dal successone commerciale de Il Fascino Discreto della Borghesia (1972; chi lo dice che un surrealista non debba anch'egli essere sottoposto alle spietate regole del mercato?) da sfornare due anni dopo l'ancora più straniante Il Fantasma della Libertà (1974). Lanthimos ci mostra un futuro distopico in tutto e per tutto simile al nostro mondo in cui se sei single hai solo 45 giorni di tempo per accoppiarti di nuovo pena la trasformazione in un animale da te precedentemente scelto (il protagonista David aveva optato per l'aragosta e da lì il titolo). La gente si veste come noi, gli alberghi somigliano ai nostri alberghi (ci riferiamo a un segmento planetario occidentale industrializzato di razza caucasica) ed esiste pure Stand By Me - Ricordo di un'Estate (1986) di Rob Reiner (te lo puoi rivedere nell'albergo dove ti spediscono per trovare un nuovo partner una volta che sei diventato single). Ma Lanthimos ci proietta nel futuro (chi sa chi sono quegli scienziati che hanno inventato la metamorfosi animale; meriterebbero un film a parte) mentre Buñuel comincia il suo ennesimo capolavoro nel passato dopo avere anche lui citato, anzi mostrato, in apertura qualcosa che appartiene al nostro patrimonio artistico occidentale: La fucilazione del 3 maggio 1808 di Francisco Goya. Abbiamo pensato tanto a Il Fantasma della Libertà in relazione a The Lobster anche perché ci piace nel film di Buñuel la presenza placida di una serie di animali che però sembrano mettere molto in agitazione il nostro mondo industrializzato. Vedremo a un certo punto un plotone di soldati con tanto di carro armato alla Fury appostati in un bosco per farla pagare... a delle volpi. Vedremo, nel finale, ben due Prefetti forse uno doppio dell'altro coordinare un vero e proprio attacco militare allo zoo della città. Per Lanthimos gli animali sono i single del suo mondo che non ce l'hanno fatta e che scorrazzeranno nel bosco (li vedremo ogni tanto procedere nel background dietro i protagonisti). Per Buñuel gli animali sono delle creature imprigionate, misteriose ma in fondo in fondo sempre maledettamente libere al punto da irritarci e spingerci a volerle fare fuori tutte. Come quello struzzo perplesso il cui primo piano chiude il film tra spari e esplosioni fuori campo. Ma di cosa stiamo parlando?

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Il circo volante del più significativo cineasta surrealista, tra i cui figli compaiono anche i Monty Python (Il Senso della Vita, 1983, sembra una versione più fantasy, kolossal, splatter e grandangolare de Il Fantasma della Libertà), è un agile collage di storielline assurde i cui protagonisti si passano il testimone della responsabilità scenica come se si trattasse di una staffetta senza fine come la camminata degli altolocati ne Il Fascino Discreto della Borghesia. Il film si apre nel passato con l'occupazione napoleonica della Spagna cui il quadro di Goya fa riferimento e si chiude nel presente con il primissimo piano dello struzzo circondato da una vera e propria guerra metropolitana. I due sono entrambi martiri. In mezzo che c'è? Con uno stile asciuttissimo (il surrealismo è più potente se lo stile è invisibile; Lanthimos lo sa) fatto di qualche fugace zoomata, parecchie panoramiche e tanta camera fissa vedremo ufficiali di Napoleone cercare di profanare sepolcri di nobili spagnoli (ma una statua darà una simpatica sberla), laidi individui avvicinare ragazzine al parco per mostrare scabrose foto di monumenti artistici (i genitori borghesi rimarranno inorriditi dall'atto ma mamma Monica Vitti si ecciterà anche un po'), galli imperiosi disturbare la quiete notturna (ancora l'invadenza e pericolosità del mondo animale), coppie sadomaso in cerca di una complicità sessuale da parte di un gruppo di prosaici frati carmelitani, giovani nipoti innamorati di vecchie zie però ancora con il corpo freschissimo (c'è qualcosa di simile in Sangue del Mio Sangue di Bellocchio), professori di sociologia presso una classe indisciplinata di gendarmi bambinoni (come non si può pensare a un omaggio da parte dei Python per l'episodio della lezione di sesso ne Il Senso della Vita?), una cena tra alto borghesi dove si sta a tavola come si sta sul cesso (letteralmente) per poi mangiare di nascosto da soli una volta chiusi in bagno, pazienti impazienti che schiaffeggiano dottori la cui colpa è diagnosticare un cancro (il garrulo Dottor Pasolini sempre di buon umore, come Julius Hibbert de I Simpson, è il nostro Adolfo Celi), figlie scomparse anche se sono sempre presenti in carne ed ossa davanti ai loro genitori, killer che amano molto gli animali (almeno loro) ma poi hanno il terribile difetto di sparare alla folla da un grattacielo per poi concedere autografi dopo essere stato condannati a morte, prefetti di polizia ossessionati dai fantasmi di sorelle che nel passato suonavano Brahms completamente nude e, come accennavamo precedentemente, attacchi senza pietà agli animali dello zoo.

Tutto chiaro?

Come per The Lobster anche Il Fantasma della Libertà è molto attento a srotolarsi davanti ai nostri occhi con grande pacatezza. E' tutto molto sereno e semplice. Si sente che Buñuel si è divertito un mondo così come gli attori, tutti eccellenti a capire un registro espressivo tanto più comico se incarnato con una serietà facciale e comportamentale mai stupita o anche vagamente incuriosita dal materiale trattato. Più l'attore appare tranquillo e quasi annoiato, più lo spettatore è colpito da questa fortissima anomalia. Il surrealismo vince quando ribalta del tutto un cliché, anche o soprattutto cinematografico, consolidato nella mente di uno specifico genere di spettatore. Buñuel vuole ribaltare la centralità narrativa affidata a un personaggio (l'aveva già fatto ne Il Fascino Discreto della Borghesia ma qui esaspera il concetto) e vuole seminare tutto il suo film di paranoia e horror in mezzo a uno humour non privo di una sua levità (lontano nel passato è il giovane regista che tagliava in due in primissimo piano con un rasoio l'occhio di un bue morto in Un Cane Andaluso del 1929). Ovviamente i borghesi, come avrete letto, ci sono e ci saranno sempre in un film di Buñuel. Sono ricchi, insicuri, perentori, fascistoidi ma anche terribilmente dolci, contraddittori e a volte in preda a pulsioni irresistibili considerate socialmente scabrose che però potrebbero liberarli dai loro tabù per permettere loro di dormire tranquilli la notte (mai dimenticare quanto il surrealismo sia collegato alla psicanalisi e quindi al mondo onirico). Il regista, ormai vicino alla fine, sembra quasi accarezzarli e guardarli con dolcezza. Forse, suo malgrado, è diventato uno di loro.

Conclusioni

Chi è il fantasma? Cos'è la libertà? È proprio la libertà, magari del mondo animale, ad essere quel fantasma che dobbiamo continuare ad uccidere nonostante sia già morto nella realtà e invisibile ai nostri occhi? Luis Buñuel, Yorgos Lanthimos, Roy Andersson e David Lynch, da surrealisti d.o.c., sanno che non è mai e poi mai compito loro rispondere a queste domande ma compito nostro. Ognuno a suo modo.
Il loro bellissimo cinema serve a risvegliare il fantasma o la libertà presenti in ognuno di noi.
Non è poco.

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