Bad School - Brazil, di Terry Gilliam
Il Bad School della settimana è un certo film di fantascienza distopica che ha segnato un'epoca: Brazil per la regia di Terry Gilliam. The Zero Theorem sembra il suo sequel
"Il felice ricordo degli incassi al botteghino dei Banditi Del Tempo, unito al successo di pubblico e critica degli ultimi tre film dei Python, riuscirono in qualche modo ad accrescere il mio prestigio come regista e alimentarono la falsa convinzione generale che fossi sicuro del fatto mio. Ma nonostante io e Arnon tentassimo di sfruttare quel momento il più possibile, faticavamo ancora a racimolare i fondi necessari per Brazil."
(Gilliamesque, un'autobiografia pre-postuma, Terry Gilliam, Big Sur, 2015, Roma)
Protagonisti
"8.49 p.m. Da qualche parte nel Ventesimo Secolo"
Tutto comincia per colpa di una mosca.
Fly Me To The Moon
L'insetto volante sporca e modifica con il suo cadavere un nome cercato dal Ministero dell'Informazione. Da Tuttle a Buttle. Da un pericolosissimo terrorista (sovversivo perché ripara i sistemi di aria condizionata con velocità e gratis) a un ignaro padre di famiglia sequestrato nel salotto di casa. Brazil comincia dunque così. Bomba, un vice ministro in tv convinto che si stia vincendo contro il terrorismo, mosca, da Tuttle a Buttle, sequestro. "A flying start" per citare Rosencratz e Guildenstern Sono Morti di Tom Stoppard, sagace drammaturgo chiamato da Gilliam a metter ancora più pericolosità all'interno del copione firmato da lui e il sodale di sempre Charles McKeown. Una mosca decide tutto. Una mosca è l'Insectus Ex Machina che fa inceppare la macchina di Brazil. Creatura fastidiosa, difficile da prendere al volo, volgare, da vicino repellente e da lontano antipatica (vedi La Mosca di Cronenberg). Pure coprofila e simbolo del caos. È chiaro che uno come Gilliam... la adori. È tempo per l'ex attivista politico capellone dall'ego ipertrofico scappato dagli States del 1967 perché i poliziotti lo menavano di lasciare la commedia, distaccarsi ferocemente dagli amati/odiati nichilisti inglesi Monty Python per attaccare il Sistema. Per Gilliam è necessario, oseremo dire fisiologico. E lui, con il meraviglioso candore che lo fa essere il simpaticone che è, lo ammette con tranquillità ancora oggi. Con Brazil voleva tornare in piazza con i manifesti per fare un sit-in sotto il Ministero della Contemporaneità e poi tornare a casa sentendosi molto fico con magari una ricompensa sessuale per tutto quell'impegno ideologico. Brazil, in partenza, è questo ed assume un'identità quasi catartica nella sua vita/filmografia. Poi, essendo l'uomo un genio molto più complesso e autocritico di un banale massimalista da manifestazione, il film diventerà anche qualcos'altro. Comunque il tempo del nonsense e della spensierata anarchia comica per lui deve finire. Bisogna tornare a profetizzare l'Apocalisse sporco di fango come faceva da attore in Brian di Nazareth (1979). Ma, e qui c'è il paradosso gilliamesco ben spiegato in Lost In La Mancha (2002) di Fulton & Pepe, con tanti, tanti soldi di una major hollywoodiana come la Universal e una distribuzione mondiale che faccia arrivare la botta sovversiva in più cinema del mondo.
Il profeta dell'Apocalisse deve essere mainstream.
E se poi c'è anche Robert De Niro... meglio ancora.
Ninja Tuttle
De Niro, conosciuto e portato dentro dal Milchan di C'era Una Volta In America, amava i Monty Python. Anzi, li adorava. E non vedeva l'ora di lavorare con uno di loro. Adesso... ci vuole proprio un sacro pazzo autolesionista come Gilliam per rifiutare a un De Niro del 1985 (due Oscar già vinti) il ruolo da protagonista. Ma proprio questo accade. Sam Lowry era per il regista Jonathan Pryce, un quasi quarantenne abbastanza noto solo in Inghilterra. De Niro, sconvolto ma anche ammirato dal rifiuto del regista, chiede allora il ruolo di Jack Lint, amico dell'impiegato del Ministero dell'Informazione Lowry, dai modi affettati ma anche torturatore a tempo perso con figlia piccola sorridente al seguito. Gilliam gli rifiuta anche quella parte lì. L'ha promessa a Michael Palin, ex Monty Python pure lui e futuro Don Quixote qualora The Man Who Killed Don Quixote si dovesse finalmente fare (pare quest'autunno). De Niro quasi non ci crede e controlla se c'è la candid camera. Ormai l'ammirazione per quel folle sconfina nell'amore puro (cosa che capita a tutti quelli che possono avere la fortuna di passare anche solo 10 minuti in compagnia di Mr. Gilliam). Alla fine il divo non ce la fa proprio a mandare a quel paese quel signore. Deve entrare a tutti i costi nel cast di quella follia. Sarà almeno Tuttle e, cari amici, sapete che c'è? Aveva proprio ragione Gilliam: è esilarante ed ha un profondo senso gilliamesco vedere uno degli attori in quel momento più importanti del mondo entrare in scena solo al trentesimo minuto come se fosse un sobrio Robin Hood vestito da black bloc agile come un ninja, meticoloso come un idraulico laureato ad Harvard e bravissimo con le tubature organiche che ansimano e respirano circondandoci in un caldo abbraccio invisibile perché nascosto dalle pareti dei nostri appartamenti borghesi. Ricorda Matrix (1999)? Forse sì. Tuttle ha il gentile carisma rivoluzionario degno di quel Che Guevara che si sarebbe vergognato come un cane di essere finito su tutte quelle t-shirt.
Come puoi non uscire dal torpore politico quando incontri un leader naturale come Tuttle?
Se solo Sam Lowry fosse meno fesso.
L'idiota
Il fascino principale di Brazil è nel sotterraneo fascismo sottovoce che ci aspetta o già ci culla a nostra insaputa? È nell'art déco in versione futurista in scenografia? Nei costumi da noir classico inseriti nella fantascienza (quei Borsalino)? Nella leggerissima Brazil di Ary Barroso del 1939 canticchiata come motivetto scacciapensieri quando tutto va a rotoli? Nei sogni coloratissimi del protagonista Sam ricchi di effetti speciali in camera di artigianale potenza? Nella recitazione frenetica di tutto un cast d'attori bravo a rappresentare un'umanità sull'orlo di un esaurimento nervoso? No. Il cuore nero del film è quello che gli sceneggiatori Gilliam, McKeown e Stoppard pensano di mettere dentro il corpo di Lowry. Costui è solo un sognatore infantile, mammone, prodotto del nepotismo, puerilmente idealista, ideologicamente ambiguo e di un'ingenuità così sospetta da farci credere che o è completamente coglione o il Lato Oscuro della Forza è molto più forte in lui di quello che si può pensare. Sam vive in uno stato di perenne autoesaltazione repressa (si sogna come Icaro ma senza caduta) mitigata solo dalla sua vigliaccheria e paura di affrontare l'esistenza a viso aperto. La breccia che gli si apre dentro dopo l'incontro con Tuttle e con una donna che vuole conquistare (si diventa rivoluzionari per andare in buca; provocazione acidissima e brillante già dentro tanto Woody Allen e i Python di Brian di Nazareth) non sarà mai abbastanza grande da far passare un nuovo vento libertario. È da questo punto di vista che Brazil diventa veramente un capolavoro.
Sam è realmente un antieroe. Sam, per Gilliam, deve fallire. E fallirà. Qualcuno non la prese proprio bene.
Conclusioni
"La parte triste è molto interessante, Terry, ma non significa che non possano fuggire... L'hai visto Blade Runner, no? Lì ci riescono". Partono interminabili riunioni con gli executive della Universal. Vogliono fargli cambiare il finale pessimista citandogli la resa di Scott. Capirai. Non potevano scegliere esempio peggiore con uno come lui. Gilliam ha sempre visto Ridley Scott e Steven Spielberg come quelli seduti al primo banco in classe mentre lui è in fondo a disegnare, benissimo, una caricatura dell'insegnante facendo morire dalle risate metà classe. Soprattutto la metà classe... situata in fondo alla classe. Capiamoci: li ritiene dei geni di straordinario talento (Spielberg lo cita in quasi ogni incontro stampa; ne è ossessionato) ma due artisti troppo Gruppo Omega di Animal House ovvero troppo corporate, governativi e diligenti. Quindi... quando gli citano l'arrendevolezza scottiana in riferimento al primo cut di Blade Runner arrivato nelle sale nel 1982... lui va proprio fuori di testa e li manda a quel paese. Non cambierà il finale di Brazil. Si fottano. Parte l'epico braccio di ferro con il capo della Universal Sid Sheinberg il quale non vuole distribuire il film negli States fino a che Gilliam non cambia quel maledetto epilogo dandoci un minimo di speranza in più. Il regista parte all'attacco. Parla con la stampa, accusa platealmente Sheinberg in talk show televisivi tirando fuori ritratti fotografici del tycoon (a uno partecipa pure il timidissimo De Niro e Gilliam ancora oggi ricorda quel gesto come il segno di un vero uomo e amico), organizza gite in Messico per chi vuole vedere un film che almeno lì è uscito nei cinema, fa attivissimo ed irresistibile attivismo anti-Universal tirando fuori quella parte di lui preponderante ovvero l'artista che deve entrare in contrasto con il mecenate per rivendicare il suo stesso ruolo all'interno della società e forse pure con se stesso. Ma quanto si sarebbe divertito il nostro Terry a litigare con i pontefici come artista rinascimentale (c'è uno sketch molto buono dei Python su questo tema)? Ci sarebbe andato a nozze in quel contesto storico lì. O forse sarebbe marcito in galera alla prima censura da lui clamorosamente contestata. Come va, come non va... quel braccio di ferro lo vince lui anche grazie all'appoggio della Los Angeles Film Critics Association ("Non capita spesso che i critici abbiano la possibilità di fare una buona azione" dirà dopo il maledetto) disposta a premiare il film anche se il film non ha avuto ancora una distribuzione in Usa.
Sheinberg non ce la fa più. Deve cedere perché quel giullare scatenato ha fatto un casino della madonna manipolando i media, facendo fare una buona azione ai critici e passando per vittima di un'autorità fascista.
Il film esce in sala negli Stati Uniti il 18 dicembre 1985. Da noi il 23 agosto dello stesso anno.
Il mondo non sarà più lo stesso. E anche il cinema.
Tutto questo è Brazil.
E anche Terry Gilliam.