Bad School - Braveheart, di Mel Gibson
Il Bad School della settimana è Braveheart, pellicola del 1995 in grado di trionfare nella notte del 25 marzo 1996 vincendo l'Oscar per Miglior Film e Regia
Esiste un film diretto da Mel Gibson già trionfatore agli Oscar prima delle 6 nomination ottenute da La Battaglia di Hacksaw Ridge. Fu una sorpresa anche in quel caso visto che si trattava solo della seconda pellicola diretta dal divo australiano nato negli Stati Uniti dopo un esordio dietro la macchina da presa piccolo, interessante ma di scarsissimo appeal commerciale, in cui il sex symbol esploso al cinema con Mad Max (Interceptor, 1979, è il primo film della saga) e Martin Riggs (franchise Arma Letale dal 1987) aveva recitato con metà faccia sfregiata. In quel famoso secondo film da regista si sarebbe invece presentato davanti all'obiettivo... con metà faccia blu. L'esordio si intitolava L'Uomo Senza Volto (1993) mentre quel secondo film trionfatore agli Oscar del 1996... Braveheart. Differenze di budget (25 milioni vs 72), di genere (drammatico intimo vs storico epico) e di censura (pg-13 vs r presso la MPAA). Braveheart aveva avuto l'appoggio produttivo dentro la 20th Century Fox di Alan Ladd Jr. Come si dice? Un nome, una garanzia per quanto riguarda imprese cinematografiche titaniche: era stato il produttore interno alla major più vicino a George Lucas durante la durissima produzione di Guerre Stellari. Attraverso una sceneggiatura scritta da Randall Wallace, ispirata a sua volta al poema The Actes and Deidis of the Illustre and Vallyeant Campioun Schir William Wallace vergato dal bardo scozzese Blind Harry approssimativamente verso la fine del XV secolo, Gibson aveva intenzione di raccontare le gesta di William Wallace, patriota scozzese realmente vissuto nel XIII secolo protagonista delle Guerre di indipendenza contro gli invasori inglesi. Sarebbe stato un war movie a favore dell'autonomia dei popoli perfetto per un'epoca pre-11 settembre dove, soprattutto dopo la caduta dell'URSS, stavamo vedendo la nascita di nuove nazioni in giro per il mondo con il Segretario Generale delle Nazioni Unite Boutros Boutros-Ghali attento a monitorare la faccenda. Sarebbe stato un kolossal in costume con tante battaglie senza dimenticare amore, amicizia e molti riferimenti alla religione cattolica. Gli esempi cinematografici che Gibson aveva in mente erano Spartacus (1960) di Stanley Kubrick (vedi Bad School), Ben-Hur (1959) di William Wyler, Conan il Barbaro (1982) di John Milius (citato recentemente in Billy Lynn: Un Giorno Da Eroe di Ang Lee) e Once Upon A Time In China (1991) di Tsui Hark. Gibson sarebbe stato contemporaneamente regista e attore protagonista. Fu un tour de force anche per via del tempo inclemente trovato nei quasi cinque mesi di riprese svoltesi tra Scozia, Irlanda e Stati Uniti. Era l'epoca in cui le comparse nei campi lunghi affollati erano ancora in carne ed ossa (Gibson ne utilizzò anche più di 1000 per gli scontri di Stirling e Falkirk) e non create al computer.
Era l'epoca di Braveheart.
Brutal Medieval Warfare
Film da stadio
Wallace C'è!
Chi di noi benpensanti della democrazia pre-11 settembre non era in quell'epoca clintoniana a favore di una bella indipendenza politica dagli oppressori fascisti? Il film è un crowdpleaser perfetto da anni '90 perché quale tipo di spettatore occidentale, e non solo, post-illuminista e intriso di politicamente corretto anno domini 1995 (epoca in cui Che Guevara è diventato da tempo una popstar da sfoggiare in t-shirt anche per chi non è comunista) non è d'accordo con la tesi di fondo del film? Cioè: se incontri per strada un fascista che non ti lascia socialmente e politicamente libero, ha la faccia da bastardo e poi ti stupra pure la moglie rivendicando lo ius primae noctis... che cosa devi fare se non ucciderlo? Chi è contrario? Quindi il Wallace di Gibson diventa questo simbolo perfetto, e quindi totalmente populista, di leader contadino (in realtà era quasi nobile) credente ma in chiave più francescana che vaticana ("Alzati... non sono il Papa" dirà a un genuflesso), poliglotta ma non in chiave accademica (tanto latino e francese sottotitolati nel film prima dell'aramaico de La Passione Di Cristo), misto di Che Guevara + Gesù Cristo perché anticlassista (lo nominano Sir ma a lui del titolo non frega niente), sobrio nella comando (non è mai lui che ordina ma sono i suoi uomini che vogliono essere ordinati da lui), lontano dalle dinamiche delle stanze del potere (la politologia che tormenta Robert Bruce è come la peste ed infatti il padre di Robert è lebbroso), refrattario all'ambizione (in un dialogo con l'amico Hamish confesserà di volere solo una casa e dei bambini), eterosessuale strafedele in grado di far l'amore con un'altra donna che non sia la moglie solo se: 1) la moglie è ormai morta da tempo 2) l'altra donna gli ricorda la moglie defunta (la Principessa Isabella di Sophie Marceau). Aggiungete a tutto ciò il carisma naturale di quella faccia da schiaffi di Mel Gibson, virile come pochi, pazzo perché pieno di contagiosa allegria dagli occhioni blu... ed avrete Braveheart, film che in Italia, e non solo, viene adottato da tutti. Sia tra gli spettatori che tra le forze politiche (i leghisti provarono più di altri a farne un loro vessillo).
Conclusioni
Gli Oscar dipendono anche molto dalle annate. Ci fossero stati contender più forti in quel 1996 rispetto ad Apollo 13 di Ron Howard, Il Postino di Michael Redford, Ragione e Sentimento di Ang Lee (nelle nostre sale ora con Billy Lynn) e Babe - Maialino Coraggioso di Chris Noonan (prodotto e scritto da quel George Miller che lanciò Gibson con Mad Max)... e probabilmente la Storia sarebbe stata un'altra. In quella 68esima edizione degli Academy Awards tenutasi il 25 marzo 1996 al Dorothy Chandler Pavilion di Los Angeles e condotta da Whoopi Goldberg, Braveheart vince Miglior Film, Regia, Fotografia, Trucco e Montaggio Degli Effetti Sonori. Gibson entra nell'Olimpo degli attori diventati prestigiosi cineasti. Un luogo abitato da Charlie Chaplin, Orson Welles, Gene Kelly, John Cassavetes, Warren Beatty, Robert Redford e Kevin Costner. Il film lancia o rilancia le carriere di Brendan Gleeson (notevole nel ruolo dell'amicone barbuto Hamish), Brian Cox (lo zio di Wallace che lo svezzerà culturalmente), Angus Macfadyen (Robert Bruce), Catherine McCormack (la moglie defunta Murron), Tommy Flanagan (Morrison) e Peter Mullan (il veterano scettico). Coltissimo, e geniale, il recupero attoriale di due grandi caratteristi holllywoodiani del 1928 come l'irlandese Patrick McGoohan e lo scozzese Ian Bannen per essere rispettivamente il cattivissimo Re Edoardo I d'Inghilterra e il padre lebbroso di Robert Bruce. In tutto il casting si sentono l'energia mentale e le intuizioni di un regista-attore, particolarmente bravo a capire le facce e i curricula giusti per il suo film.
Braveheart cambiò radicalmente la carriera e la percezione di Mel Gibson.
L'uomo continuava a presentarsi al nostro sguardo come diviso.
Metà bello-metà mostro (L'uomo Senza Volto), metà bianco-metà blu (Braveheart).
Il simbolo di un conflitto interiore che negli anni si sarebbe acuito sotto lo sguardo, e il giudizio, di tutti noi.
Fino a oggi. Fino alla resurrezione de La Battaglia di Hacksaw Ridge.