Tech NoirIl termine piacque così tanto a James Cameron da chiamarci un locale per una scena cardine nel suo capolavoro Terminator del 1984. Da dove nasce questa commistione tra noir e tecnologia? Nel cinema, più sotterraneamente, da tutti quegli artisti "espressionisti" tedeschi che dalla Germania andarono a segnare per sempre l'estetica noir, oltre che horror, in quel di Hollywood scappando dal paese di Hitler a ridosso della II Guerra Mondiale. Ci riferiamo a Fritz Lang (nella fantascienza di Metropolis datata 1926 c'è la verticalità classista della città a più livelli di tanto noir classico vedi ascesa tra le fiamme ai piani alti della società di James Cagney in La Furia Umana del 1949), Edgar G. Ulmer o il d.o.p Karl Freund. Dopo Metropolis e gli "espressionisti" migranti a Hollywood, il padre di Quentin Tarantino Jean-Luc Godard fonde noir e sci-fi dentro l'innovativo Agente Lemmy Caution: Missione Alphaville (1965). Tre anni dopo l'uscita in sala del film di Godard, Philip K. Dick dà alle stampe Il Cacciatore Di Androidi (in originale Do Androids Dream of Electric Sheep?) base letteraria di Blade Runner (1982), ampiamente tradita, dove Rick Deckard è un poliziotto del futuro sposato con mestizia (sua moglie si chiama Iran; non è ironico pensando alle future tensioni Usa?) così sfigato da non essere nemmeno in grado di possedere un animale domestico organico su un pianeta Terra devastato dalle radiazioni e popolato solo da "perdenti" visto che quelli minimamente più agiati sono scappati a razzo, probabilmente su un razzo, destinazione Colonie Extramondo (“Una nuova vita vi attende nelle colonie extra-mondo. Un'occasione per ricominciare in un Eldorado di nuove occasioni e avventure”; è la pubblicità dentro Blade Runner fortemente ispiratrice dell'interessante Passengers di Morten Tyldum dove Chris Pratt e Jennifer Lawrence si incontrano in astronave diretti dalla Terra verso Homstead II, terreno vergine presentato nel film come: “Un nuovo mondo, un nuovo lusso”). Philip K. Dick vede delle sequenze di Blade Runner e se ne innamora sinceramente (e pensare che il regista Ridley Scott si era rifiutato di leggere il suo romanzo). Purtroppo Dick morirà tre mesi prima dell'uscita in sala del film di Scott fissata per il 25 giugno 1982. Quando William Gibson va a vedere Blade Runner al cinema si trova a un terzo della scrittura del suo romanzo Neuromante (1984) e gli prende un sincero colpo al cuore. Colui che diventerà il padre della letteratura cyberpunk sente di essere già in ritardo rispetto a quel capolavoro visivo assai simile alla roba che sta scrivendo in grado di fondere noir e fantascienza come mai era successo prima.
Merito di Ridley Scott. Ma anche dei produttori.
Two Blade Runner
Siamo reduci dai
"two cooper" della terza, magnifica, stagione di
Twin Peaks di
David Lynch. Esistono anche due
Blade Runner, come sapete molto bene. Sono gemelli diametralmente opposti proprio come i due
Cooper. Uno è speranzoso e l'altro non troppo, uno è voluto dal regista e l'altro dai produttori, uno è
tech noir alla massima potenza grazie al voice over di
Deckard come fa il detective privato
Marlowe nei romanzi di
Chandler... e l'altro no.
Scott litiga subito con il primo sceneggiatore
Hampton Fancher perché quel copione non gli fa vedere:
"Cosa c'è fuori dalla finestra". Cioè... troppi dialoghi, troppa intimità, troppe pareti, zero esteriorità della
Los Angeles 2019 (
Dick lo aveva ambientato nel
1992).
Scott non sopporta quell'approccio così ripiegato sulla psicologia dei personaggi.
Godard, come faceva sempre anche il nostro
Dario Argento, aveva invece dato una precisa identità fisica al luogo urbanistico e architettonico nel suo innovativo tech noir del
1965 filmando la sua
Parigi in modo assai particolare. Quando
Scott, di fatto, "licenzia"
Fancher (rimane comunque accreditato come anche nel sequel
Blade Runner 2049 firmato
Villeneuve) arriva il più flessibile, e bravo,
David Webb Peoples e la musica cambia del tutto. Ci sono
geishe su maxischermi che ingoiano misteriose pillole,
aste di ombrelli luminose come le
lightsaber di
Guerre Stellari,
gigantesche colonne barocche,
luci al neon a gogo,
pioggia,
ventilatori e
tapparelle ovunque (i registi inglesi di quel periodo erano fissati vedi anche
Lyne e
Parker),
macchine della polizia che volano,
grattacieli art deco,
impermeabili trench,
cravatte,
cigarilli aspirati voluttuosamente,
orologi da polso con due quadranti,
sporcizia,
fumo,
complessi piramidali bagnati da luce d'oro, loghi
Coca-Cola,
Atari e
Budweiser,
papillon,
occhiali da vista con lenti enormi,
bacchette di legno per mangiare,
donne uscite da un quadro di Klimt (
Géricault per
Il Gladiatore;
Giger per
Alien;
Blake per
Legend; i
fiamminghi per
I Duellanti; sempre decisiva base di origine la pittura per
Scott)
fotografie,
giornali,
pianoforti,
spartiti,
asciugacapelli istantanei,
biciclette e tracce di
asiatici un po' ovunque. C'è anche un passo di
William Blake adattato soggettivamente dal replicante rivoluzionario
Nexus 6 Roy Batty (buffa coincidenza: in
Alien Covenant di
Ridley Scott un altro replicante, di nome
David, cita tutto contento
Ozymandias però convinto l'abbia scritta
Byron e non
Shelley) come dire che anche i poeti romantici inglesi fanno parte della partita ma anche loro vengono contaminati dal
postmoderno di cui Blade Runner si fa alfiere in tutti i campi:
artistico e
sociologico.
Rick Deckard (
Harrison Ford), molto meno inserito in un'organizzazione rispetto alle pagine di
Dick e molto più a briglia sciolta come cavaliere solitario proprio come un
private eye chandleriano, dovrà fermare
quattro replicanti Nexus 6 tornati sulla
Terra per vendicarsi del loro creatore
Doctor Eldon Tyrell e iniziare una rivoluzione di specie per avere gli stessi diritti degli
esseri umani. Nella versione voluta da
Scott manca il
voice-over, viene inserita una sequenza di un unicorno al galoppo mentre
Deckard strimpella ubriaco al pianoforte e soprattutto non si vedono
Rick e
Rachel guidare in mezzo alla natura in quel finale semplicemente magnifico voluto dai produttori (è uno shock positivo per lo spettatore passare dal
neon buio della metropoli piovosa a quelle
terre luminose incontaminate filmate da
Kubrick per l'inizio di
Shining) perché gratificante da più punti di vista:
artistico e
psicologico. Quei due ragazzi se lo meritavano.
Conclusioni
Scott è uomo flessibile e intelligente. Quel finale per lui nel
1982 troppo smielato e ottimista è invece richiamato nel sequel di
Villeneuve, da lui prodotto, grazie a una
natura coinvolta come contorno all'amore di
Rick e
Rachel rappresentata da un albero molto importante (e allora questo sequel, se vogliamo essere spietati, pare molto di più il sequel della versione dei produttori perché nella
director's cut voluta da
Scott, e ridistribuita in sala nel
1992,
Rick e
Rachel in mezzo alla natura non ci arrivano mai visto che li vediamo entrare nell'ascensore e bye bye). Il
1982 era molto diverso dal
2017. Il cinema di genere era più debole. Questi film venivano stroncati senza pietà oppure nel migliore dei casi quasi completamente snobbati, i registi di cinema
live action disprezzavano l'
animazione (mentre oggi non vedono l'ora di fare anche loro un
cartoon), l'
Oscar al massimo candidava Blade Runner per scenografie ed effettistica (perdendoli entrambi rispettivamente contro
Gandhi ed
E.T.) e i critici cinematografici anglosassoni non avevano la necessità di usare questi film come ultimo baluardo della settima arte terrorizzati dalla maggiore importanza della tv a livello di
zeitgeist (vedi anche ridicola campagna pro-
Dunkirk molto più imbarazzante del sacrosanto marketing
Warner) e popolarità (
Blade Runner... fu anche un fiasco commerciale).
Rivedere questo vero capolavoro del
1982 dall'ottica di un
2017 assai vicino, ma solo cronologicamente, a quel
2019 raccontato nel film fa lo stesso effetto che rivedere i primi tre
Guerre Stellari (1977-1983),
Incontri Ravvicinati Del Terzo Tipo (1977),
Alien (1979),
1997 - Fuga Da New York (1981),
E.T. (1982),
Terminator (1984) o
Brazil (1985). Quei geni stavano ridisegnando il cinema influenzando tutta la società del futuro, dalla moda, alla pubblicità (gli stupendi spot di
D'Alatri con
Davide Marotta nei panni dell'alieno
Ciribiribi per la
Kodak spopolarono in
Italia ed erano figli dell'estetica di
Blade Runner), ai modi di dire (
"Un mondo alla Blade Runner" divenne espressione canonica di tutti gli '80 per descrivere atmosfere distopiche, inquinate, decadenti ma anche terribilmente eccitanti), ai comportamenti sociali di noi "umani".
Blade Runner ha ispirato tutta la fantascienza cinematografica dal
1982 a oggi e non solo la fantascienza perché se riguardate
Seven (1995) di
Fincher... rivedrete
Blade Runner applicato al
poliziesco.
Questa straordinaria opera d'arte ci ricorda di quando il cinema era grande per davvero senza aver bisogno della patetica propaganda dei tempi che stiamo vivendo.