Bad School - 1997: Fuga Da New York, di John Carpenter
Il Bad School della settimana è 1997: Fuga Da New York di John Carpenter, il maestro e guida cinematografica del James DeMonaco della trilogia La Notte Del Giudizio
Un'audiocassetta importantissima da recuperare in chiave politica prima della compilation privatissima di Peter "Starlord" Quill in Guardiani Della Galassia (2014).
L'Air Force One dirottato verso l'impatto mortale di un grattacielo di New York non da parte di Al-Qaeda o Isis ma per mano del Fronte Americano di Liberazione Nazionale.
Un Presidente degli Stati Uniti d'America da salvare, un antieroe da conoscere, un regista sulla cresta dell'onda, un attore con passato disneyano e una Manhattan molto diversa da quella di Woody Allen.
Ieri Carpenter (1981 - Incipit 1997: Fuga Da New York)
1988 (scritta su fondo nero)
Voce off femminile (Jamie Lee Curtis, non accreditata):
L'indice di criminalità negli Stati Uniti raggiunge il 400%. Quella che un tempo fu la libera città di New York diventa il carcere di massima sicurezza per l'intero paese. Un muro di cinta di 15 metri viene eretto lungo la linea costiera di Jersey, attraverso il fiume Harlem, e giù lungo la linea costiera di Brooklyn. Circonda completamente l'isola di Manhattan, tutti i ponti e i canali sono minati. La forza di polizia statunitense, come un esercito, è accampata intorno all'isola. Non vi sono guardie dentro il carcere. Solo i prigionieri e i mondi che si sono creati.
Le regole sono semplici: una volta entrati, non si esce più .
1997 (scritta su fondo nero).
Ora.
Oggi DeMonaco (2013 - Incipit La Notte Del Giudizio)
America. 2022 (scritta su fondo nero)
La disoccupazione è all'1%. La criminalità è al minimo storico. La violenza è sporadica. Con una sola eccezione...
"Benedetti i nuovi Padri Fondatori, perché possiamo mondare le anime nello Sfogo. Benedetta sia l'America, una nazione risorta".
Carpenteriano
Lo è sicuramente DeMonaco. Non solo perché ha sceneggiato alla grande Assault On Precint 13 (2005) di Jean-Francois Richet dimostrando di poter concepire su carta un remake pregevolissimo, amato anche da Carpenter, del suo acerbo Distretto 13: Le Brigate Della Morte (1976) ma soprattutto perché con la saghetta sagace da lui sceneggiata e diretta La Notte Del Giudizio (ora nelle sale con il terzo capitolo Election Year), ci ha offerto una fantapolitica adulta, cattivella e parecchio acida senza perdere il gusto per il lato popcorn dell'esperienza come ha sempre fatto quel vecchio lupo di cinema al secolo John Carpenter. Forse il suo (di Carpenter) approccio era troppo sregolato, conflittuale o cupo per gli '80 (lui ha sempre letto così i risultati non totalmente soddisfacenti dei suoi La Cosa, Starman o del flopppone Grosso Guaio A Chinatown) ma visti i tempi che corrono ora... il suo ironico cattivo umore non sembra affatto anacronistico come non sembra un caso che il Carpenter Touch sia tornato così di moda. È sempre più idolatrato da giovani cinefili innamorati della virilità senza fronzoli del suo cinema duro ma mai schiavo della coolness a tutti i costi. Lo amano le nuove promesse (David Robert Mitchell di It Follows) e lo venerano nuovi maestri della contemporaneità come Quentin Tarantino ("Finalmente abbiamo fatto il nostro Carpenter movie!" gli urlò in faccia l'ex amicone Robert Rodriguez scherzando riguardo il flop del loro sulla carta vincente pet project Grindhouse) e J.J. Abrams (prese la testa decapitata della Statua della Libertà del poster di 1997 per il da lui prodotto Cloverfield). Ora a Hollywood si sono riscoperti tutti "carpenteriani". Il regista sessantottenne di Halloween (1978) pare però aver trovato in DeMonaco il suo erede più costante e coerente. I tre La Notte Del Giudizio sono b-movie d'autore mai pretenziosi con un'ideuzza estrema ma geniale legata alla metropoli che diventa giungla notturna una volta l'anno (le 12 ore di libertà omicida depenalizzata de Lo Sfogo) in mano a gang mascherate di assassini anche un po' guitti e teatranti come ne I Guerrieri Della Notte (1979). Un paradosso iniziale che il regista sceneggiatore può utilizzare e declinare come meglio crede per fare action, horror, satira sociale o addirittura dramma politico (soprattutto in questo terzo episodio legato a imminenti elezioni presidenziali come nella realtà). I budget di DeMonaco, nato come sceneggiatore proprio come Carpenter, vogliono e devono essere bassi (rispettivamente in milioni di dollari: 3, 10, 10) come i primi film exploitation del Maestro nei '70. Il Kurt Russell di DeMonaco ne La Notte Del Giudizio è Frank Grillo (nella saga dal secondo film in versione Giustiziere Della Notte, film preso come modello da Carpenter per 1997: Fuga Da New York) mentre il Kurt Russell di Carpenter era in 1997: Fuga da New York... proprio Kurt Russell (ma non fu facile perché l'attore era un'icona disneyana da trasformare nel Clint Eastwood di Leone). Il politico da salvare tutto in una notte per DeMonaco è la futura candidata alle elezioni presidenziali Senatore Charlie Roan interpretata con un pizzico di accondiscendenza di troppo da Elizabeth Mitchell. Per Carpenter l'uomo della casta da mettere in salvo era in 1997: Fuga Da New York un Presidente degli Stati Uniti d'America viscido, psicotico, egoriferito e schifosamente ipocrita ispirato a Richard Nixon (il regista scrisse di getto lo script di 1997 sconvolto dallo scandalo Watergate del 1972) e con la faccia infida di un grandissimo Donald Pleasence.
Stati
Gli Stati Uniti D'America sono diventati uno stato di polizia. Non è un caso che il personaggio di Bob Hauk interpretato da Lee Van Cleef si presenti come "commissario" quando in realtà è un ex militare che per questo conosce bene il nostro Jena Plissken di Kurt Russell (Snake Plissken in originale), eroe della battaglia di Leningrado durante la III Guerra Mondiale diventato poi criminale (scena tagliata all'inizio di 1997: Jena prova a svaligiare una banca venendo arrestato per essere quindi condotto verso Hauk). Dentro Manhattan siamo nel passato (torce, arene gladiatorie, teatro vaudeville con uomini che recitano parti femminili come in Shakespeare, balestre, mappe, corti, baratti, duchi, bande di criminali come vecchi clan medievali con nomi tipo Skulls o Turk), fuori Manhattan, per quel poco che vediamo degli Usa del film, c'è l'idea del vivere sottoterra come ne Il Giorno Degli Zombi (1985) di Romero (citato nel film grazie al personaggio di Frank Doubleday qui in zona Klaus Kinski) con tantissimi computer, luci al neon, radar e voci provenienti da intelligenze artificiali stile Hal 9000 di 2001: Odissea Nello Spazio (Jamie Lee Curtis è molto robotica nella voce off iniziale). L'importanza dell'azione da vivere quasi in diretta (bisogna recuperare il Presidente Degli Stati Uniti dalla Manhattan in mano ai criminali con il nostro eroe nichilista costretto a farlo in 22 ore non solo per ottenere la grazia ma soprattutto per evitare l'esplosione di microbombe innestate nel suo corpo) permette a Carpenter di poter anche evitare di riprendere il contesto storico. Che gli frega? Non serve. Una volta stabilita con forza e semplicità la premessa (giustamente il regista taglia la rapina iniziale di Jena perché troppo lontana dal luogo cardine di inizio fabula), c'è solo da prendere il Presidente, recuperare l'audiocassetta e riprendere l'azione con Plissken dentro Manhattan per soli, super economici, 99 minuti di film.
Ma Plissken... chi è?
"Pensavo fossi morto"
Glielo dicono tutti i personaggi da lui incontrati nel film. È il senso dell'umorismo carpenteriano totalmente figlio della laconicità di Sergio Leone che giustamente Gabriele Mainetti vede come traduttore non dialettale nei suoi Spaghetti Western del disilluso, crudele e menefreghista humour romano o romanaccio che tanto eccitava e faceva sganasciare il riminese Federico Fellini. Jena ha la benda a un occhio come i pirati (anche Hauk porta un orecchino d'oro bello rozzo da bucaniere) e indossa pantaloni mimetici, stivali neri, magliettina aderente ascellare modello Burt Reynolds in Un Tranquillo Weekend Di Paura (1972; very cool). Fuma sigarette chimiche lunghissime (oggi fanno un po' ridere rispetto alle super telegeniche, perché corte, Gauloises Caporal di tanti film francesi), parla con un filo di voce come Clint Eastwood negli Spaghetti Western di Leone ed è sempre incavolato come una bestia o infastidito o irritato o semplicemente annoiato.
Non crede più nello Stato, negli altri e forse anche in sé stesso.
Ma attenzione a questi nichilisti di tanto cinema e letteratura da Philip Marlowe all'Eroe Senza Nome di Clint Eastwood per Sergio Leone: dietro quella totale sfiducia c'è una ragazzo dal cuore grande e dalla sensibilità ipersviluppata disilluso perché in passato troppo illuso e quindi oggi pessimista perché ieri troppo idealista.
La missione di recupero del Presidente Usa dentro Manhattan sarà per Plissken un ritorno all'umanità e pietas così come l'Eroe Senza Nome di Eastwood esce dal nichilismo grazie a quella giovane madre + suo figlio in Per Un Pugno Di Dollari (1964). Per Jena saranno i freaks carcerati di Manhattan a scuoterlo dal torpore morale.
Jena ci credeva quando era un soldato ("L'uomo più giovane decorato dal Presidente") e che in lui ci sia più sdegno verso il potere costituito che non disprezzo per l'umanità è dimostrato dalla sua progressione empatica dentro l'avventura. Nell'ordine si affezionerà all'affettuoso tassista Cabbie (Ernest Borgnine preso come prima icona western del film grazie ai suoi ruoli in Johnny Guitar e Il Mucchio Selvaggio), all'uomo che lo tradì quattro anni prima al secolo Harold "Brain" Hellman (Harry Dean Stanton; questo vuol dire che Jena sa anche perdonare) e alla donna di Brain Maggie (Adrienne Barbeau; stupendo lo sguardo di comprensione che Jena le lancia quando capisce che Maggie ha deciso di suicidarsi dopo la morte dell'amatissimo "Brain").
In fondo c'è rispetto anche per gli antagonisti ovvero il Duca (Isaac Hayes, introdotto con una leggera contaminazione funky in colonna sonora quando arriva con la sua fantastica Cadillac Fleetwood Brougham con i candelabri all'altezza dei fari anteriori) e pure Hauk (altro scambio puro Leone: "Vuoi uccidermi Jena?" "Sono troppo stanco") interpretato da un'altra icona western come Borgnine ovvero quel Lee Van Cleef dentro Per Qualche Dollaro In Più (1965) e Il Buono, Il Brutto e Il Cattivo (1966).
L'unico che Jena in fondo proprio non sopporta (ma comunque gli concederà una chance per convincerlo del contrario) è quel Presidente lì ("Presidente di cosa?") soprattutto dopo che lo mette alla prova nel finale chiedendogli che cosa ne pensi di tutte quelle persone (Cabbie, Brain, Maggie) sacrificatesi durante quell'avventura per cercare di salvarlo.
Il Presidente risponderà distratto dall'imminente diretta tv che lo dovrà vedere inquadrato, simbolo di una casta politica lontana dall'umanità come quei simpatici signori che hanno distrutto l'Italia negli ultimi 20 anni.
La vendetta di Jena sarà esemplare. L'audiocassetta necessaria per placare Cina e Russia al summit dove doveva recarsi Pleasence verrà sostituita con il pezzo preferito di Cabbie ovvero Bandstand Boogie di Charles Albertine.
Jena andrà via zoppicando distruggendo il nastro.
Conclusioni
Carpenter sfrutta per l'occasione un'enorme zona di St. Louis abbandonata per girare tanti totali di una finta New York con la macchina da presa che indugia sul movimento dei personaggi verso lo sfondo mantenendo la rappresentazione della vastità spaziale come amavano fare i suoi maestri John Ford e Howard Hawks.
Quell'ideona della testa decapitata della Statua della Libertà come simbolo di sovversione iconografica rimarrà solo nei poster per mancanza di budget in pieno stile Roger Corman (quello che ti abbiamo promesso, non lo vedrai).
Certamente l'erede DeMonaco chiude di più l'ottica e fa vedere molto meno campo attorno ai personaggi della sua trilogia La Notte Del Giudizio (passato televisivo e budget più bassi?). Ancora oggi colpisce di 1997 l'elegantissima scenografia (quei candelabri sulla macchina del Duca) di Joe Alves (futuro regista de Lo Squalo 3), la colonna sonora elettronica così asciutta, sexy ed essenziale da farvi venir voglia di buttarvi nella metropoli notturna in cerca di avventura (registi musicisti che amiamo: Carpenter, Eastwood, Mainetti) e un lavoro sulla fotografia ed effettistica speciale di grande precisione. Nel reparto fotografico e matte artwork lavorava un giovanissimo James Cameron qui accreditato come Jim. In più di un'occasione Carpenter ha ricordato come quel ragazzino canadese gli avesse "salvato il culo" con soluzioni brillanti a fronte di problemi improvvisi durante le riprese.
Forse è vero che, sempre secondo le parole di Carpenter, 1997: Fuga Da New York sarebbe potuto essere ancora qualcosa di più rispetto a quello che alla fine è. C'è forse l'identità action di reazione e azione che prende troppo il sopravvento (è quello che ha frenato la corsa di Mad Max: Fury Road agli Oscar 2016?) nonché una certa aria sbarazzina da exploitation e autoconsapevolezza ironica della propria frivolezza che forse frena il film dal diventare perfetto come invece Halloween (1978).
Ma Carpenter non ha mai cercato programmaticamente la seriosità, ha sempre riso in faccia alla solennità, non ha mai voluto violentare il popcorn cinema per farlo diventare arthouse (cosa riuscita solo a Kubrick e pochi altri?) e non ha mai rinnegato la perfetta imperfezione congenita al cinema pop nel quale era cresciuto come spettatore sardonico e stava esplodendo come regista ex cinefilo.
Anche da questo punto di vista... James DeMonaco ci pare proprio figlio suo e dell'indimenticabile e bellissimo 1997: Fuga da New York.