Bad Movie - Wonder Woman, di Patty Jenkins

Il Bad Movie della settimana è Wonder Woman di Patty Jenkins, un film Dc finalmente al livello dei prodotti della rivale Marvel

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Spoiler Alert

To The Wonder

Prendiamo a prestito da Terrence Malick un suo titolo per riflettere brevemente sull'arrivo dell'Universo Dc a Wonder Woman di Patty Jenkins. Le cose non stavano andando benissimo e dopo un 2016 con Batman v Superman: Dawn Of Justice di Snyder e Suicide Squad di Ayer, era lampante che la Marvel stava ad un livello editoriale più alto. Nell'eterna e divertente discussione che contrappone appassionati di cinecomic, Marvel aveva individuato un modus operandi da anni stabilendo film medi (Ant-Man), facendo esplodere il collettivo (Avengers) e producendo dei picchi idiosincratici (Guardiani Della Galassia). Dc non trovava ancora il tono e si perdeva sempre nel "vorrei-ma-non-posso" ovvero presentare dei film seriosi, presuntuosi e antipatici soprattutto per quanto riguarda una netta separazione tra cinema desiderato (adulto, dark, pessimista) e risultato finale ottenuto (infantile, confuso e irritante. In due parole: Suicide Squad). Ecco che allora la critica Usa non vedeva l'ora di poter dire a Warner & Co: "Dateci un film meno contraddittorio. Dateci un kolossal minimamente più affabile e umano su un supereroe e noi tratteremo Dc coi guanti bianchi. Non siamo prevenuti e non siamo pregiudizialmente pro-Marvel".
Il film è arrivato.

Marvel Woman

Wonder Woman è buffa come Thor (quella scena del boccale nel diner è qui copiata pari pari dall'esilarante sfida di Diana Prince a una porta girevole) e disorientata come Captain America (è un supersoldato d'élite come lui). In fondo il film della Jenkins assomiglia tanto a un mix delle avventure di Steve Rogers e del figlio di Odino. In passato la Jenkins fu bravissima a passare da una ottava "wonder" del mondo come Charlize Theron a un "monster", facendole vincere un Oscar (come Soderbergh con Roberts ai tempi di Erin Brockovich o Iñárritu con DiCaprio con Revenant). Ora la Jenkins è stata addirittura più brava e da "record" perché è la prima regista nella Storia del Cinema al timone di un blockbuster cinecomic da 120 milioni di dollari impegnato a imporre nell'immaginario collettivo una supereroina con film tutto suo. Ma il problema non era tanto la signorina Wonder Woman (introdotta poco ma bene da Snyder in Batman v Superman) quanto la signorina Dc Comics. Era "lei" che la Jenkins doveva sdoganare soprattutto, ci torniamo, sul fronte di quei critici che in Usa ancora un ruolo ce l'hanno nell'influenzare o meno il box office grazie soprattutto agli algoritmi di Rotten Tomatoes e Metascore (il migliore ma il meno popolare rispetto a Rotten). Avevamo già capito da Snyder che la serie tv leggermente pacchiana dei '70 (canonicamente trasmessa da noi negli '80) con la florida per non dire paffuta Lynda Carter.... era roba passata. Adesso sarebbe toccato all'ex modella israeliana Gal Gadot, già vista in sinuoso cammeo da Wonder Woman nel caotico Batman v Superman e per niente banale nuovo sex symbol mondiale in grado di eccitare il maschio, e anche la femmina, anche per l'attitudine oltre che per il corpo. Il film della Jenkins vede arrivare Wonder Woman a Londra nel 1918 sotto le mentite spoglie di Diana Prince. La stangona in questione è in realtà la Principessa Diana delle Amazzoni, figlia di Ippolita e forse anche di Zeus. È bella, educata, colta (conosce ottomano, sumero, cita Socrate o Tucidide con nonchalance). Proverà 226 abiti borghesi (gli inglesi non possono certo vederla scorrazzare in minigonna da amazzone), affronterà una porta girevole come fosse una giostra medievale (ecco il corrispettivo del boccale di Thor; scena esilarante) e soprattutto vorrà fermare la I Guerra Mondiale cercando per mari e per monti il fratello di Zeus Ares, reo per lei di aver scatenato il conflitto bellico. Grande piccolo rammarico: se gli sceneggiatori avessero messo la quarta e giocato sul binomio, anche per poco tempo con l'escamotage della "possessione" per poi non cancellare il personaggio dall'Universo Dc, Doctor Poison=Ares... scommettiamo che avremmo avuto 99% su Rotten e 99 su Metascore? Diana si sarebbe trovata così di fronte a una vertigine psicologica ancora superiore del tipo: "Ho scoperto che mio zio è Ares, mio zio è la Guerra... e la Guerra è una donna come me". Anche lo spettatore lo avrebbe vissuto con più sorpresa a fascino (sempre per lo stesso genere sessuale dell'eroina) rispetto alla deludente decisione finale.

Conclusioni

“Sono un po' spaventato e un po' eccitato” dirà riferendosi alla pazzoide Diana Prince un faccendiere interpretato da Said Taghmaoui (nel 1995 era uno dei ragazzini de L'Odio di Kassovitz vicino a un imberbe Vincent Cassel) reclutato da spia americana finita accidentalmente in contatto con Diana, tetragono sex symbol in fatto di complotti mitologici. Il cuore della pellicola è una commedia ben scritta: la cocciuta ma adorabile Diana (tutta teoria e zero pratica finora nella vita) insegue Ares attorniata da maschietti a metà tra l'atterrito e l'esaltato, costantemente indecisi circa la sanità mentale di questa ragazzona mozzafiato. Due grandi rivelazioni in corso d'opera per Diana trattate molto bene dalla Jenkins e dagli sceneggiatori. 1) L'essere umano non è innocente ma pronto a combattere e uccidersi l'un l'altro ("Chi ha tolto tutto al tuo popolo?" chiede Diana al nativo americano Chief; "Il suo popolo" dirà laconico Chief indicando l'amico Steve Trevor); 2) L'amore. Dolce ed efficace la tresca con l'agente segreto yankee Trevor di un ispirato e umanissimo Chris Pine (lei è convinta che l'essere umano sia sempre puro; lui ormai purtroppo no). Il sacrificio di un personaggio praticamente protagonista, di cui la Dc si fa giustamente vanto con la Marvel fin dall'ultimo Batman di Nolan passando anche per Superman l'anno scorso, è stato sviluppato con coraggio anche tradendo il fumetto originale. Gal Gadot? Non eccezionale nelle scene d'azione (il comparto spettacolare è quello più zoppicante e con meno personalità) ma vivace, sensibile e spiritosa in tutte le altre scene. I critici Usa hanno gridato al miracolo perché l'opera della Jenkins è frizzante e a tratti gioiosa pur mantenendo un ambientazione opprimente e con un tocco di decadenza (ma quanto è pigro e di basso livello, però, arruolare ancora Huston come villain dopo il suo notissimo e apprezzato lavoro in X-Men?).

Il film è pieno di difetti. Ma anche di cuore. Cosa che alla Dc manca spesso.

Ci voleva una donna al comando per ingentilire e scaldare il tetro e algido universo della casa editrice di Batman?
Il film è piaciuto... anche perché siamo stati risparmiati della presenza di Ben Affleck ovvero il peggiore e più ottuso Bruce Wayne/Batman della Storia?

Non lo sappiamo. Ma non vediamo l'ora di ammirare ancora Diana Spencer in azione.
È di questa nuova voglia che l'Universo Dc aveva drammaticamente bisogno dopo il 2016.

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