Bad Movie: Whiplash di Damien Chazelle
Il Bad Movie della settimana è il meraviglioso Whiplash di Damien Chazelle, candidato a cinque premi Oscar tra cui Miglior Film a Attore Non Protagonista
Ancora Sundance!
Dopo aver svezzato Steven Soderbergh, Quentin Tarantino, Kevin Smith, Paul Thomas Anderson e Darren Aronofsky, il Sundance Film Festival di Robert Redford & Co. conferma la sua identità ed efficacia nel panorama del cinema occidentale. Il Sundance è ancora il posto dove puoi arrivare solo con talento e una buona idea ed uscire da lì con una carriera spianata e produttori che vogliono puntare su di te. Per noi che scriviamo di cinema ma soprattutto per i registi che poi ci fanno innamorare con la loro arte... è quasi una favola. Un luogo mitico. E' l'Eldorado della meritocrazia artistica. Sarebbe bello che anche in Italia ci fosse un posto così. La storia di Damien Chazelle, il quale elabora il cortometraggio Whiplash dentro il Sundance del 2013 e grazie alla contiguità con l'industria riesce a trovare i finanziamenti per farne un lungo nel 2014, è commovente per come tutto sia stato ideale e realistico insieme. Il Sundance avrà attraversato tanti cambiamenti nella sua lunga vita (nasce nel 1978 sfruttando la celebrità di Redford) e in passato si sarà avvicinato forse anche troppo a major e sistema hollywoodiano, ma Whiplash ci ricorda con forza che è ancora il Festival che lancia il puro talento cinematografico. Non è poco.
Quel demonio di Damien
Whiplash è un film di guerra ma anche un thriller pieno di colpi di scena e una fiaba horrorChazelle è bravo perché conosce i meccanismi narrativi del cinema horror (ha co-sceneggiato The Last Exorcism - Liberaci dal male) e thriller (ha vergato solo soletto la sceneggiatura dell'adorabile b movie spagnolo-hollywoodiano Il ricatto, in cui c'era già la performance musicale e il mentore misterioso). Whiplash è un film di guerra ma anche un thriller pieno di colpi di scena e una fiaba horror in cui il mostro incontrato sul nostro cammino ci permette di tirare fuori capacità inaspettate. Il classico regista avanti (quantomeno rispetto agli italiani) nordamericano che sa quanto il cinema di genere possa aiutare un film ad essere eccitante e spettacolare.
Il mentore è buio eccitante, il padre luce moscia
Tutto il film è giocato sul mistero dietro la figura dell'insegnante di musica jazz Terence Fletcher (J.K. Simmons, attualmente strafavorito per l'Oscar per Non Protagonista) del fittizio Shaffer Conservatory of Music di New York (il punto di riferimento è la vera Juilliard School). La prima inquadratura ce lo presenta apparire dal nulla dentro un buio carico di sospetto. Già nella prima scena giocata sul campo controcampo i movimenti di Fletcher sono improvvisi sia per il povero studente di batteria Andrew Neimann (Miles Teller) che per noi spettatori (i punti di vista tra noi e lui coincidono fino alla separazione del gran finale). Nella prima scena è incapsulato il tema conduttore di tutto il film. Fletcher si trova in un tempo diverso rispetto a Neimann, vorrebbe che il ragazzo lo raggiungesse ma non può e non vuole aspettarlo. In più... lo prende anche in giro perché torna indietro solo per riprendere la giacca. Di tutt'altra pasta il papà di Andrew, uno scrittore che in realtà è un insegnante e nemmeno del college bensì del liceo. Quando Andrew lo descriverà a Fletcher sarà molto interessante seguire la discesa agli inferi: 1 - scrittore 2 - insegnante 3 - insegnante del liceo. La gente gli va a sbattere addosso mentre è al cinema, lui si mette gli occhiali come un vecchietto quando sta per vedere Rififi di Jules Dassin con il figlio (Fletcher, invece, aveva fatto intravedere dei bei bicipiti anche in quel corridoio buio dello Shaffer), è stato mollato dalla moglie quando erano giovani (forse perché non aveva dimostrato di essere Eugene O'Neill, come malignamente suggerirà Fletcher), non sa ancora che i gusti del pargolo in fatto di popcorn sono ai suoi antipodi. Quando è seduto vicino a lui al cinema, Andrew è tutto slanciato sulla poltrona e totalmente a suo agio guardandolo dall'alto in basso. Il simpatico Paul Reiser (attore molto più popolare e conosciuto di J.K. Simmons anche solo per Beverly Hills Cop, Aliens e la sitcom Innamorati pazzi in onda dal 1992 al 1999) serve bene allo scopo. Sappiamo chi è. L'abbiamo sempre trovato piacevole e simpatico. Ci piacerebbe tanto vedere la mamma di Andrew perché pensiamo che lui somigli molto a lei. E molto poco al papà, il quale sarà sempre pronto ad abbracciare e confortare il figlio. A differenza di qualcun altro.
Il mentore mente sempre fino a quando non dice anche la verità
Stanza B16, domani alle 6. Ma è una bugia. La lezione comincia alle 9. "Devi rilassarti" ma è una bugia (e il povero Andrew la prenderà così sul serio da entrare in slow-mo tutto contento nella classe dei grandi dello Shaffer denominata Studio Band), perché poi scatta subito il cazziatone (e la sedia scagliata e le sberle) ancora più efficace perché cita la madre, il padre e l'intimità di un ragazzino di 19 anni che si era appena convinto di essere il prescelto. La trappola di Fletcher era cominciata con l'accerchiamento fisico (bella quella mano aperta appoggiata sensualmente sulla parete di un corridoio volta a imprigionare Andrew; spesso vediamo posture del genere impiegate in scene sentimentali o erotiche) in corridoio. Fletcher darà al rivale batterista Connelly lo spartito del pezzo Caravan senza dire niente a Neimann, Fletcher è odioso però mostra simpatia per una bambina. Andrew e noi lo spiamo costantemente. Chi è quest'uomo? Un bugiardo. Come il Diavolo. La frottola più grande arriverà a metà film ed è una e una sola: Sean Casey. Per Fletcher è stato un suo studente modello, un sottovalutato come Neimann, che poi è diventato prima tromba del Lincoln Center. Si commuoverà annunciando alla classe d'élite Studio Band del conservatorio la morte del povero Sean per un incidente automobilistico. Balle: scopriremo che Casey si è impiccato con una corda nel suo appartamento perché vittima delle incredibili pressioni psicologiche cui Fletcher l'ha sempre sottoposto. Almeno... questo è il punto di vista della madre di Casey. Comunque... non è stato un incidente d'auto (come invece quello che avrà Andrew). Un'altra apparizione mentitrice di Fletcher è quando Andrew lo ascolta suonare dolcemente al pianoforte con il Zak Faust Quartet (non ci sembra citato a caso il capolavoro di Goethe sulla tentazione di un patto diabolico) e il buon Terence gli parlerà per una volta rilassato (e senza la sua magliettina nera attillata) davanti a un whiskey di nuovo del suo tema preferito: Charlie Parker e di come Charlie Parker è diventato Charlie Parker quel giorno in cui Jo Jones gli tirò un piatto in testa. L'arte è figlia della violenza. E' una risposta ai limiti che la società o gli altri ci impongono. Il limite di un insegnamento duro all'arte non esiste per Fletcher perché nessun nuovo Charlie Parker si farebbe mai scoraggiare dalle bugie e pressioni psicologiche di un insegnante di musica. Questa scena è perfetta perché Fletcher sta fregando per l'ennesima volta Andrew... ma dicendo contemporaneamente la verità. E' un momento di Whiplash che racchiude tutto Whiplash: il bene e il male sono la stessa cosa e doppio gioco ed onestà intellettuale convivono nella mente del terribile Fletcher. La formazione di un artista al livello di Charlie Parker prevede che non si facciano prigionieri. Deve decidere lo spettatore se condannarlo o no. Il film non prende una posizione netta limitandosi a presentare Fletcher davanti ai nostri occhi in tutto il suo demoniaco carisma. Veramente terrificante e pauroso.
Sostituti... volete pulire il sangue sulla mia batteria?
Il bene e il male sono la stessa cosa e doppio gioco ed onestà intellettuale convivono nella mente del terribile FletcherChazelle vuole fare un film truculento in mezzo a strumenti musicali. Quindi capisce bene che ha bisogno di inquadrare sudore, sangue, cerotti e corpi sfatti altrimenti rischia di operare in una chiave visivamente troppo asettica.
Fottiti
Quando l'allievo raggiunge quel limite e lo supera, il mentore è finito semplicemente perché non ha più senso la sua presenza al fianco dell'artista. Andrew gli mima con la bocca: "Fuck You" e dà lui l'attacco di Caravan scegliendo la musica al posto di Fletcher nell'epocale showdown di Whiplash. Qui Chazelle porta a conclusone perfetta tutte le strade partite nel suo film. Fletcher è inizialmente furente per aver perso il controllo ma poi, accortosi della trance "parkeriana" in cui è entrato Andrew, capisce che la perdita della sua autorità fa proprio parte del piano (la reazione di irritata sorpresa è giustificata: in fondo è la prima volta che il suo metodo estremo va a segno senza suicidi o depressioni). Le narici si gonfiano, l'occhio si fa complice, il sorriso da mefistofelico si fa affettuoso e il rapporto di potere tra i due si sovverte completamente realizzando quello che Fletcher ha sempre desiderato ottenere: il massimo. E' il momento in cui musica ed immagini si scollano ed Andrew e Fletcher entrano entrambi in una nuova dimensione esistenziale. Chazelle fa scendere Fletcher dal centro della scena, inquadra il suo viso spezzato e chiude senza il suo gesto imperioso che per tutta la pellicola ha condizionato le giornate dei poveri allievi. La sua mano non si chiuderà più imperiosamente in un pugno che significa: "Basta così!" ma completamente aperta guiderà noi e la macchina da presa verso uno scatenato Andrew ed è su di lui, indiavolato sulla batteria, che si chiude questo grandissimo film.
Il demone non esiste più. Il nuovo artista "fletcheriano" è definitivamente nato. Il nuovo Charlie Parker si chiama Andrew Neimann.
Ora si può avere una vita anche fuori dalla musica.
O forse no?
Solamente Whiplash 2 potrà darci una risposta.