Bad Movie - The Legend Of Tarzan, di David Yates

Il Bad Movie della settimana è The Legend of Tarzan di David Yates, nuova avventura del Re Della Giungla uscito dalla penna di Edgar Rice Burroughs. Ecco un nuovo supereroe mortalmente depresso

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Spoiler Alert
John Clayton III
John Clayton
è terzo nella linea di discendenza Greystoke. Questo ultimo Tarzan, invece, arriva come ventisettesimo lungo sonorizzato se si considerano il filone con il campione olimpico di nuoto Johnny Weissmuller, i nove film concorrenti prodotti da fine '50 da Sy Weintraub, due pellicole che possiamo definire indipendenti di cui una (Le Nuove Avventure Di Tarzan, 1935) prodotta dal papà letterario del Signore Della Giungla Edgar Rice Burroughs e, dal 1984 ad oggi, gli ultimi Greystoke - La Leggenda Di Tarzan, Il Signore Delle Scimmie (1984), il cartoon Disney Tarzan (1999) e il super kitsch Tarzan - Il Mistero Della Citta' Perduta (1998).
Avrete subito notato che il nostro aristocratico inglese cresciuto nella giungla dell'Africa centrale... non ha negli ultimi 30 anni prodotto un franchise, o anche solo un grande film, che abbia conquistato il cuore del pubblico occidentale di fine XX ventesimo secolo.
Troppo maschilista ("Io Tarzan, tu Jane"), troppo politicamente scorretto dal punto di vista zoologico (solo un essere umano può mettere ordine nel caotico mondo animale), troppo razzista (l'Africa e gli africani sono da educare) per un mondo dell'intrattenimento occidentale sempre più sensibile all'altrui sensibilità?
Certamente sì. Ecco perché una nuova avventura di Lord John Clayton III di Greystoke prodotta dalla Warner Bros con budget vicino ai 200 milioni di dollari e un regista bravo a dirigere il traffico come David Yates (non male affatto la personalità con cui ha chiuso un franchise come Harry Potter) ci incuriosiva assai.
Cosa avrebbe fatto il nuovo Tarzan? Come si sarebbe posto il film all'interno della contemporaneità? Come si sarebbe rappresentata la sua amata Jane? E le scimmie? E gli effetti speciali? E l'urlo? E le liane?
Era rischioso.

Lui
Capiamoci: Alexander Skarsgård è un ottimo attore. Sensibile, profondo, complesso. Ma era adatto a mostrare gli addominali? Era adatto a battersi il petto mezzo nudo? Si sarebbe trovato a suo agio dentro un kolossal da 180 milioni di dollari? Gli attori sono come dei reagenti chimici. Li inserisci dentro un film e o si adattano o entrano magicamente in osmosi con il racconto facendoci andare fuori di testa o vengono espulsi più che dal film dal concetto stesso di quel tipo di esperienza audiovisiva. Il cinema è una cosa meravigliosa ma anche di grande crudeltà. Te ne puoi accorgere durante le riprese (bravissimo e coraggioso fu Stuart Townsend a dire LUI a Peter Jackson: "Non ce la faccio ad essere Aragorn"), durante il montaggio, in post-produzione o durante le prime proiezioni. Harrison Ford era l'unico possibile Han Solo, Indiana Jones e Rick Deckard. Chris Pratt è gigantesco dentro Guardiani Della Galassia (Ethan Hawke è rimasto impressionato anche dalla nonchalance con cui si muoveva dentro la produzione de I Magnifici 7 di Fuqua).
Skarsgård, semplicemente, non ce l'ha fatta. E certamente la sceneggiatura non lo ha aiutato.
Troppo depresso (sicuri che uno svedese era la scelta giusta?), troppo timido, troppo moscio, troppo triste, troppo convenzionale (possibile che sembri stempiato anche se è capellone?). Già nei non primi minuti (dopo uno sbagliatissimo e lunghissimo prologo dove non compare il nostro eroe ma purtroppo solo Christoph Waltz, il suo insopportabile sorrisetto + un letale rosario di seta di ragno del Madagascar) non è mai in grado di dare quel colpo di reni metaforico e letterale in grado di farci pensare: "Cavolo! Ma quello è Tarzan!".
C'è una bella differenza tra un Signore Della Giungla autocritico e moderno (femminista, animalista, terzomondista) e un Tarzan scialbo e dannatamente noioso. Pensiamo che un po' lui come attore non si sia trovato a suo agio in un contesto produttivo così pomposo e un po' si sia lavorato malissimo al suo fianco e sui suoi fianchi a livello di make up, trucco, parrucco e direzione registica.
Sbagli Tarzan, sbagli il film. Il suo nome è nel titolo. Il suo nome è il titolo.

Loro
Altro errore: le scimmie. Anzi, se vogliamo essere fedeli a Edgar Rice Burroughs, i mangani. Negli anni in cui la motion capture ci ha regalato grandi personaggi scimmieschi come Caeser e Koba dentro la stupenda saga L'Alba Del Pianeta Delle Scimmie (2011) e Apes Revolution - Il Pianeta Delle Scimmie (2014)... era proprio il caso di realizzare queste maestose e pericolose creature completamente in cgi? Non hanno un briciolo di personalità (e dire che, in teoria, avremo a che fare con il "fratello" mangano di Tarzan Akut) e non si inseriscono bene dentro l'inquadratura. Come puoi, dopo Andy Serkis e Toby Kebbel, optare per questo tipo di scelta ormai non più in linea con il livello raggiunto dal cinema con dentro le scimmie?

Gli altri
Jane (Margot Robbie) è troppo spiritata, sboccata e sicura di sé. Tarzan non esiste mentre lei pure troppo. Questo crea uno squilibrio non da poco. Mentre Skarsgård passa gran parte del film a essere un depresso esistenzialista con uno stanchissimo Samuel L. Jackson al suo fianco (perché scegliere uno di 68 anni per fare il sidekick in un action adventure?), Margot Robbie passa l'altra parte del film in una strana dimensione sadomaso in cui è prigioniera di Christoph Waltz ma lo insultana in continuazione con lui che si offende ma poi è ammirato da tanto ardore ("Quella donna!"). All'inizio trovi l'interazione divertente (soprattutto se odi come è presuntuosamente e pigramente villain il Waltz post Bastardi Senza Gloria) poi ti stanca anche quella e vorresti che Waltz la uccidesse di punto in bianco. Purtroppo non accadrà.

La cornice
L'Inghilterra è nebbiosa e dai colori spenti. Ok.
L'Africa è nebbiosa e dai colori spenti (specie in 3d). Eh no!
Dopo un assurdo prologo lunghissimo con Waltz che gioca con il mitico scambio di battute tra gli esploratori Stanley e Livingstone ("Capo Mbonga, presumo") e aver incontrato il tristissimo e senza nerbo John Clayton III poi futuro Tarzan pronto a tornare nella giungla africana che l'ha allevato perché convinto, nonostante sia inizialmente per il no, da un discorsetto antischiavista dell'americano Samuel L. Jackson... assisteremo a un racconto linearmente cronologico dove Tarzan ex John Clayton III deve tornare selvaggio per salvare la sua spiritata moglie Jane dalle grinfie dell'insultato Christoph Waltz. Già è difficile appassionarsi ma quando lo stai quasi per fare... ecco che partono dei flashback a svelamento noiosissimi che ti portano via dall'azione del presente per farti capire, attraverso reazioni sbagliate del passato, perché quel bambino inglese cresciuto in mezzo ai mangani sia diventato quel depressissimo John Clayton III di inizio film.
Volete usare bene dei flashback a svelamento? Fate come Sergio Leone in C'era Una Volta Il West (1968).
Volete usare male dei flashback a svelamento? Date un'occhiata a The Legend Of Tarzan di David Yates.

Conlusioni
Non è orribile. Ma non è né bello, né frizzante, né divertente. È un Tarzan movie triste come il suo protagonista il cui nome all'anagrafe è John Clayton III.
Il primo Tarzan della Storia che rischierà di farvi addormentare.

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