Bad Movie - T2 Trainspotting, di Danny Boyle
Il Bad Movie della settimana è T2 Trainspotting, sequel dopo 20 anni dal capolavoro del 1996. Tornano Ewan McGregor, Jonny Lee Miller, Robert Carlyle e Ewen Bremner
Romanzi
Per Michele Placido il Dandi, Libanese e Freddo erano dei bimbi che alla C'era Una Volta In America (1984) giocavano al crimine già da piccoli quando rubavano una macchina sotto il Fungo dell'Eur di Roma per scappare tutti contenti verso il mare cantando a squarciagola Io Ho In Mente Te dell'Equipe '84.
Era l'inizio di Romanzo Criminale (2004) film.
Non era così per lo scrittore Giancarlo De Cataldo. Per lui si sarebbero frequentati solo da grandi. Non sarebbe stato così per la serie tv Romanzo Criminale (2008) diretta da Stefano Sollima, il quale mantenne fedelmente quella conoscenza tardiva tra i tre suggerita dal libro di De Cataldo. Danny Boyle e John Hodge, di nuovo regista e sceneggiatore per il sequel di Trainspotting a 20 anni di distanza da un originale che segnò un'epoca, scelgono invece la via dell'amicizia bambina come decisero gli sceneggiatori di Romanzo Criminale film (De Cataldo, Petraglia, Rulli, Placido) sempre influenzati dal grande Leone di C'Era Una Volta In America.
Mark Renton (Ewan McGregor), Simon "Sick Boy" Williamson (Jonny Lee Miller), Daniel "Spud" Murphy (Ewen Bremner), Francis "Franco" Begbie (Robert Carlyle)... erano ragazzini. Insieme.
Tanto tempo fa.
Once Upon A Time In Scotland
Quindi Begbie stava in classe alle elementari con Mark (difficile crederlo visti i 10 anni di differenza tra Carlyle e McGregor; più evidenti nell'originale che in questo sequel, però), il quale appena adolescente si faceva la prima dose di eroina in compagnia di Simon "Sick Boy". Quando in T2 Trainspotting partono questi ricordi (o solo immagini che giocano con la grana del super 8 o parole dei personaggi o tutte e due insieme) il film diventa bellissimo. Un po' perché è una novità rispetto all'originale (nel film del 1996 era suggerita un'amicizia più tardiva come in Romanzo Criminale libro e serie), un po' perché vedi nel viso di questi insignificanti uomini senza qualità scozzesi, nemmeno più cool perché stempiati e imbolsiti rispetto a 20 anni fa, il significato del ricordo. Il valore della memoria. Erano bambini. Erano innocenti. Insieme. Anche Begbie, per un attimo, pare inondato di dolcezza quando Mark, disperato e terrorizzato, prova a distrarlo con un'immagine del passato (una classe, la scuola elementare, un banco da dividere). Di questo parla T2: un passato che torna come una scimmia che risale da lontano continuando ad arrampicarsi per la schiena facendoti male e bene contemporaneamente. Mark Renton torna da Amsterdam (la capitale della droga legalizzata; vedi stupore e ammirazione di Jules per i racconti di Vincent in Pulp Fiction) a Edimburgo (luogo della droga squallida, illegale e cattiva) a 20 anni di distanza da quel finale di Trainspotting in cui se ne andava via beffardo da Londra con 16 mila sterline in saccoccia dopo aver fregato i suoi migliori amici "Sick Boy", "Franco" e "Spud" (a lui, però, aveva proposto di fottere gli altri insieme e gli lascerà 2000 sterline). L'eroinomane è un nichilista. Non gli interessa più niente di niente come urlano i pazzoidi driver di Caligari ne L'Odore Della Notte (1998) irritando il razionale del crimine Valerio Mastandrea. Non ci sono dei motivi per bucarsi. "Chi ha bisogno di ragioni quando ha l'eroina?". Che bisogno avevano dei geni assoluti come Stefano Tamburini, Andrea Pazienza e Philip Seymour Hoffman di bucherellarsi il corpo iniettandosela in vena? È la droga anticapitalistica e anticool per eccellenza. È lo zombi (così infatti venivano chiamati i tossici anche in Gomorra di Saviano) dei mostri classici ovvero il mostro brutto. Il mostro sfigato. Meno garrula della marijuana (e infatti lo stoner movie è un sottogenere della commedia che macina soldi e film divertenti), meno affaristica e patinata della cocaina, meno colta e visionaria dell'lsd, meno atletica e movimentata dei composti sintetici di Smetto Quando Voglio (2014) o tutta la mitologia The Pills. Ti vengono i denti marci (poi li perdi), non ti va di fare l'amore, sei costipato, saresti disposto a fregare i soldi a tua madre, sei lento nei movimenti e non te ne frega più niente di niente di niente come lo Stefano Accorsi di Radiofreccia (1998).
Ma una volta che questa signora se ne è andata... drammaturgicamente che si fa?
Sobri
Nessuno del gruppo è più tossico in T2 o lotta con la dipendenza, tranne "Spud". C'è bisogno quindi di nuove motivazioni per darci il senso, oltre l'opportunismo, dell'esperienza cinematografica T2 Trainspotting (si intitola come il sequel di Terminator; qualcosa di spettacolare ci sarà, no?). "Spud" è il collettore, il cantore, l'aedo e quindi il recipiente del gruppo. Lui ancora un po' si fa ma quando Mark torna da Amsterdam, lo convince a disintossicarsi. C'è dolcezza tra i due. Giusto. Mark il balordo e il traditore... voleva bene a "Spud". Perché è tornato?
Perché non corre più a perdifiato per Princes Street ma solo su un tapis roulant come i criceti di oggi?
Perché vuole scusarsi con gli amici perché un tempo erano innocenti insieme e da quando è disintossicato e borghese... la scimmia dei ricordi d'infanzia è peggio di quel bimbo che camminava gattoni sul soffitto con la testa rotante a 360 gradi come Linda Blair ne L'Esorcista. Allora ecco che T2 Trainspotting diventa il tentativo di Mark Renton di ricongiungersi, da sobrio e forse quindi per la prima volta, con quelli che aveva fregato a partire da "Spud" (bellissima e dinamica la scena della loro reunion) per arrivare al più tosto da riconquistare: "Sick Boy", il quale verrà chiamato quasi sempre solo Simon (quindi un altro uomo). Il centro del film è il loro rapporto e McGregor e Lee Miller sono bravissimi come vecchia coppia che, tra uno scazzo e un tradimento, prova a ricominciare. C'è intrigo, c'è malumore, c'è rissa, c'è risentimento, c'è di peggio: il ritorno dell'amore. Quei ricordi. Quella consapevolezza che sarebbe triste morire senza amici. E tutto ciò è visto attraverso oggettività e freddezza: Boyle e Hodge non concepiscono più l'io narrante (Mark non è più in voice over) ma osservano i loro personaggi da lontano, così come Mark non può che guardare Diane da una distanza siderale e dal basso verso l'alto. Mark Renton non ha il privilegio del punto di vista sovrano (splendida scelta drammaturgica; molto etica) perché Boyle & Hodge non vogliono più leccargli il culo e forse non gli vogliono più nemmeno troppo bene (scelta protestante e quindi anticattolica e antiscorsesiana: che bello!).
Il film è una commedia noir protestante con baci di Giuda, danze di morte, odi et amo, comportamenti contraddittori (Simon è pur sempre cocainomane), momenti esilaranti di cameratismo (la sequenza a Glasgow presso i nostalgici della Battaglia di Boyne del 1690 in cui si gode quasi sinceramente per la morte dei cattolici) e tensione riguardo il futuro.
Begbie? Lui è il mostro freudiano che ti viene sempre a prendere, l'uomo nero delle favole che crea dei momenti molto divertenti (l'impotenza sessuale con la moglie e quella professionale con il figlio) e anche il coprotagonista dell'istante più perfetto di tutta la pellicola giustamente ambientato in un cesso pubblico. Due uomini, due ex amici, due grandi attori interagiscono vocalmente divisi da una parete mentre stanno seduti sulle reciproche tazze. Si scambiano delle battute e poi, improvvisamente, quella voce! Ma io la conosco... o meglio... la riconosco! Ognuno allora comincia a muoversi nel suo spazio e nel suo mondo (McGregor strisciando furtivo giù, Carlyle montando furente su) regalandoci forse il momento di cinema più puro, elegante e perfetto visto in questo inizio di 2017. Quei secondi basterebbero da soli per giustificare tutto T2 e forse farci desiderare anche un T3.
Conclusioni
Boyle non solo ha vinto l'Oscar con il bellissimo The Millionaire (2008) ma ha anche girato un noir femminista fantastico intitolato In Trance (2013) dove è stato l'unico cineasta fino a questo momento ad aver mostrato tutto il potere cinematografico, sessuale e spirituale, di Rosario Dawson. T2 è il gemello di In Trance. Perché mentre noi, giustamente, stiamo dietro a questi omuncoli senza qualità affezionandoci sempre di più a un noir psicodramma sul recupero di una possibile amicizia maschile (o sulla creazione della stessa; erano amici questi tossici? si può essere amico da tossico?), Boyle espande via via il personaggio di una donna dell'Est (interpretata dall'ammaliante bulgara Anjela Nedyalkova) sempre più regista e sempre meno marionetta lungo tutta l'esperienza.
Sarà lei ad andare via con i soldi alla fine. E nemmeno con il sorriso beffardo come Mark nel 1996 perché è donna e quindi nella vita cerca qualcosa di più che non il semplice gesto superomistico. Ha un figlio che l'aspetta a casa.
I maschietti pensavano che fosse un oggetto. Invece è un soggetto che ha ascoltato come un confessore, o un'analista, tutti i loro rantoli (cattivissimo il nuovo choose life di Mark contro l'idiozia piccoloborghese di oggi ovvero l'esaltazione della propria vita attraverso i social), ha osservato i loro movimenti, ha capito le loro storie, ci ha scopato, ha riconosciuto le loro ferite. E poi li ha fottuti.
L'eroina, in T2, è diventata una donna. Si chiama Veronika.