Bad Movie - Suburra, di Stefano Sollima

Il Bad Movie della settimana è Suburra di Stefano Sollima, violento dramma metropolitano con Elio Germano, Pierfrancesco Favino e Claudio Amendola

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Spoiler Alert

Siamo brutali

Come il film: come può l'esile Sebastiano di Elio Germano uccidere l'imponente Manfredi Anacleti di Adamo Dionisi? Non ci riferiamo a un atto di lesa maestà o a un'azione per noi immotivata bensì a un errore cinematografico che sa di matematico, come scrivere davanti ai nostri occhi e su grande schermo che 2 + 2 fa 24. Abbiamo visto per una lunga porzione dei 130 minuti del bellissimo Suburra la storia di Sebastiano e Manfredi. Il primo è un mingherlino esperto di pubbliche relazioni che balla isterico in mezzo al "generone" romano incapace di vedere connivenze e pericoli nella sua futile esistenza alla Jep Gambardella di serie b. Organizza feste stroboscopiche, conosce il giro di clienti politici delle sue amiche escort e si dimena come un ossesso contento come un ragazzino alla prima erezione. Sa picchiare quest'omino attento a nascondere l'accento romano imbarazzato da un papà dalla faccia più trucida (ottima scelta Antonello Fassari)? Sa "menare" colui che si dimena? No. Mai una volta Sollima inquadra una sua educazione alla violenza. Mai una volta il formidabile regista di Suburra ci mostra un dettaglio di una sua eventuale pericolosità o un particolare di una sua nascosta arte marziale o un suggerimento circa una sua possibile e sotterranea ferocia per non dire capacità di uccidere dettata dalla disperazione. Manfredi è di tutt'altra pasta. Lui non è un epigono di Jep Gambardella ma un gangster la cui lingua penzola dalla bocca come per un'irresistibile voglia di mozzicare o leccare voluttuosamente ciò che lo circonda. È alto, è grosso, è manesco, è esperto della colluttazione fisica. Tutta la sua storia con Sebastiano è fatta di dominio e prevaricazione. Ha conosciuto il "Gambardellino" perché il padre del pr gli doveva dei soldi e giustamente quando sta in sua compagnia sa che lo potrebbe spezzare con il mignolo della mano destra (se è mancino) o sinistra (se è destro).

I due vanno in giro insieme con Manfredi che lo tiene al guinzaglio perché la vita del debitore Sebastiano adesso è sua. Perché Sebastiano, come lo sentiremo ripetere, "è roba sua". Adamo Dionisi (Manfredi) ed Elio Germano (Sebastiano) sono due corpi che aderiscono perfettamente a questa combinazione omaccione e mingherlino. Nella Storia del Cinema queste coppie di opposti sono state spesso al centro di film riusciti come Prima di Mezzanotte (1988) di Martin Brest (Robert De Niro + Charles Grodin), La Capra (1981) di Francis Veber (Gérard Depardieu + Pierre Richard), In Fuga Per Tre (1989) ancora di Veber (Nick Nolte + Martin Short) o anche il nostro Il Sorpasso (1962) di Risi (Vittorio Gassman + Jean-Louis Trintignant). Funzionano alla grande Sebastiano e Manfredi nel film. A un certo punto senti quasi che si sta naturalmente formando davanti ai tuoi occhi una strana coppia da commedia degli antipodi. E poi l'ottimo Sollima commette il grande errore: Sebastiano uccide Manfredi. Attenzione: non ci fraintendete. Non è l'atto in sé (poteva essere un'ideona per spiazzarci) ma come il regista gestisce la sequenza. Manfredi è un gangster che sta tornando nella sua magione dopo una serata fuori. Il condominio dove abita con la sua caciarona famiglia sinti che gioca a pallone in salotto mentre lui urla i suoi ordini anche un po' frustrato (specie subito dopo che il gelido criminale Samurai di un impressionante Claudio Amendola gli ha ricordato quanto sia e sarà sempre uno zingaro di basso profilo) è un fortino, una roccaforte più invalicabile del Fort Knox che Gert Fröbe vuole svaligiare in Agente 007 - Missione Goldfinger (1964).

Suburra è un bellissimo film, nonostante quegli errori non da poco del finale

Sollima quel fortino ce lo ha inquadrato dall'alto chiarendoci in testa l'idea di cittadella inespugnabile. E quindi noi non solo dobbiamo credere e accettare il fatto che il mingherlino e innocuo Sebastiano, per di più malmenato da Manfredi qualche ora prima e quindi magari pure con qualche costola rotta, possa aggredire l'energumeno a due metri dall'uscio di casa senza che Manfredi abbia la forza di ribellarsi e scrollarsi di dosso quella pulce ma, addirittura, dobbiamo accogliere il fatto che questa aggressione avvenga nella patria dell'esercito sinti degli Anacleti senza che nessuno della numerosa famiglia se ne accorga. Tutto questo è cinematograficamente inaccettabile proprio perché Sollima è stato così bravo per tutto il film a disegnare i ruoli di Manfredi e Sebastiano in Suburra. Uno può chiedersi: quella scena era presente nel libro di Carlo Bonini e Giancarlo De Cataldo da cui il film è tratto? No. Non c'è alcuna traccia del Sebastiano del film in quell'ottimo romanzo perché il Sebastiano letterario è molto diverso. Non è un professionista delle pubbliche relazioni ma un giovane rampollo romano che impara a diventare, realisticamente, un killer spietato al servizio del faccendiere Samurai dopo che la famiglia dello strozzino Manfredi Scacchia (Anacleti è un altro personaggio) gli ha rubato donna, casa e vita per via dei debiti del padre. Nel libro alla vendetta finale di Sebastiano ci credi. Nel film no. Non imputiamo a Sollima, attraverso il lavoro di traduzione di Rulli-Petraglia-Bonini-De Cataldo in sceneggiatura, di aver cambiato il libro perché è così che si fa, o si può fare, quando si adatta una complessa opera letteraria in un film che non deve superare i 130 minuti. Non comprendiamo, semplicemente, il senso di quella scena. Si voleva dare un po' di speranza allo spettatore? Si voleva far vincere un piccolo uomo contro il grande crimine che aveva dominato dal minuto 1 un film dove la connivenza e complicità tra politica, chiesa e criminalità schiaccia il borghese piccolo piccolo? Probabilmente è così ma allora riflettiamo su un'altro punto interessante: come può uno scoglio minuscolo come Sebastiano arginare il male? E qualora questo concetto potesse essere filmabile... come può un regista riprenderlo con la sua cinepresa in modo tale da dare a quella rivalsa cinematografica la concreta parvenza della possibilità? E' un bel busilliss. Prendiamo atto dell'azzardo di Sollima, capiamo e quasi tifiamo per questa voglia di far vincere per una volta il mingherlino contro i giganti della malavita... ma allora tutta quella scena doveva essere girata con più tensione nervosa e attenzione alla problematicità del fatto. E Viola? Per Viola (Greta Scarano) il discorso è simile. Con qualche distinguo.

Viola

Abbiamo visto la fidanzata sottovalutata del gangster di Ostia Numero 8 (Alessandro Borghi) spesso come una tossica passiva, carne nuda da coprire perché troppo "fatta" anche solo per celare le proprie intimità (il film ha ben due momenti in cui il corpo nudo e inerme di una signora viene velocemente coperto) ma Viola è la donna del gangster Numero 8 e nell'universo del film possiamo credere che da sobria abbia in passato ascoltato il suo uomo descrivere il solarium dove gli amichetti di "Spadino" Anacleti andavano a farsi belli (rimando all'apertura da fantascienza ultravioletta dell'inizio di Gomorra) per poi provare a raggiungerli per una vendetta istintiva quanto estemporanea. Ci sta. Viola è credibile. Possiamo credere che sappia sparare bene. Un tossico è un iceberg, come insegna anche American Ultra, e il drogatone può essere sempre sottovalutato dal criminale sobrio come accade al Brad Pitt di Una Vita al Massimo (1993) nei momenti in cui viene visitato da mille gangster violenti che però lo trattano come un soprammobile nonostante lui sia chiaramente un amico del loro nemico da uccidere Clarence. L'escamotage della botola come via di fuga di Vera è leggermente forzato (perché uno intelligente come il Samurai non impiega almeno tre minuti per controllare il pavimento di una palafitta sospesa e quindi forse con un doppio fondo?) ma può anche reggere. La domanda fondamentale è: come fa Viola a raggiungere la casa della mamma del Samurai? Come fa Viola ad entrare in possesso dell'indirizzo della persona che sta più a cuore al criminale forse più scaltro, astuto e meticoloso dell'intera capitale italiana? Il solarium degli sgherri Anacleti sì, la casa della amatissima mammina del Samurai... no. E se lo stava seguendo da un giorno o due... vogliamo qualche inquadratura che ce la mostri durante il pedinamento.

La speranza è l'ultima a uccidere

Concludendo: le ribellioni di Sebastiano e Greta (assenti nel libro), dunque, dovrebbero aprire il film alla possibilità di rivoluzione all'ordine ormai immorale delle cose. Ma se tu inquadri benissimo la potenza del male, l'inesorabilità della sconfitta dell'onestà e l'assenza dello Stato (non un poliziotto o un agente nel film a differenza del Colonnello Malatesta del libro di Bonini-De Cataldo) devi poi essere ancora più bravo a visualizzare la vendetta di due formichine come Greta e soprattutto Sebastiano.

Samurai

Perché ucciderlo? C'è una serie televisiva in pieno sviluppo e questo personaggio impermeabile al diluvio universale che inonda la capitale d'Italia grazie a uno spolverino che giustamente Sollima ricollega al mantello de I Cavalieri Dalle Lunghe Ombre (1980) di Walter Hill, è il vero Principe delle Tenebre di tutto il film, perfetto per poter diventare un villain beniamino del pubblico anche nella serialità. A meno che la fiction tv non vada indietro nel tempo o ci sia una grande sorpresa con risveglio improvviso dal lago d'acqua grazie a un giubbotto antiproiettile che però dobbiamo immaginare stesse indossando anche quando provava a far mangiare la torta a mamma prima che Viola, ripulitasi e rimessasi in forma smagliante (chi la aiuta?), lo giustizi senza ripensamenti. Come si può rinunciare a questo Guerriero al Servizio dell'Idea che forse era già il Nero di Romanzo Criminale e quindi unico link ancora possibile con la Banda della Magliana (c'è una battuta di Numero 8 specifica al riguardo)? A proposito... ma Suburra ha qualche collegamento con la realtà storica del nostro paese?

L'Italia è un gangster movie

Suburra è un bellissimo film, nonostante quegli errori non da poco del finale sulle vendette fuori luogo e cinematograficamente non sostenibili di Sebastiano e Viola + la fine forse prematura di un villain prezioso per il futuro.
La bravura dei realizzatori cinematografici è stata quella di prendere un libro del 2013 e magicamente rimodellarlo plasmandolo su alcuni fatti salienti avvenuti in Italia addirittura nell'ultimo anno. Quasi magico. Quasi profetico. Non è affatto facile quando si fa cinema. Quali sono questi eccitanti collegamenti con la cronaca criminale del nostro affaticato paese?
C'è chi ha visto nella famiglia sinti caciarona degli Anacleti un cristallino riferimento a quel Clan dei Casamonica con più di qualche precedente penale così forte e radicato a Roma da celebrare nell'agosto 2015 un funerale show con musiche del Padrino, rolls-royce, preti accondiscendenti (quella stessa chiesa rifiutò le esequie al cittadino incensurato Piergiorgio Welby) e rose lanciate dal cielo.
Ci furono molte polemiche e quel fatto gelò l'estate di tanti romani (e italiani).
E' possibile che gli Anacleti siano dei doppi dei Casamonica? La somiglianza è forte e si tocca un nervo scoperto.
C'è chi ha visto nella figura dello spietato faccendiere Samurai un possibile riferimento a Massimo Carminati, già possibile ispiratore de il Nero di Romanzo Criminale, condannato per rapina e al centro del sistema corruttivo denominato Mafia Capitale esploso nel dicembre 2014 il cui maxi-processo inizierà il prossimo 5 novembre 2015.
Infine Ostia. Il principale sbocco al mare della capitale è per Sollima un luogo più selvaggio e fuori di testa rispetto alle viuzze del centro e quindi è la patria perfetta per un gangster con gli occhi da matto e i metodi spicci come Numero 8, il quale sogna che la sua Ostia possa diventare un domani appariscente come Las Vegas grazie al progettone Waterfront seguito in prima persona dal Samurai come faccendiere di raccordo tra Mafie del Sud (nel libro si è più specifici) e addirittura la cosiddetta "Banca Vaticana". C'è una scena sconvolgente per un cinema italiano di solito molto bendisposto nei confronti della Chiesa Cattolica -da Habemus Papam a Se Dio Vuole- in cui il Samurai minaccia addirittura un cardinale richiamandolo al suo impegno nel progetto Waterfront pena la morte violenta trattando l'alto prelato come una delle mille vittime possibili del suo gioco mortale. Il cardinale cerca di richiamare il Samurai a un ordine più alto rispetto agli affari terreni (il Papa, in un inizio del film dalle atmosfere misteriose degne di Angeli e Demoni di Dan Brown, pare stia rassegnando le dimissioni; ci troviamo nel novembre del 2011) ma ecco che il Guerriero al Servizio dell'Idea, con la solita freddezza, rimarrà imperturbabile anche rispetto all'autorità ecclesiastica.
Questo momento di cinema, nell'Italia di oggi, è una sconvolgente anomalia che non può non essere registrata con stupore. Torniamo ad Ostia. Il Waterfront, obiettivo della partita a scacchi del Samurai e causa di omicidi e nuove alleanze lungo tutto il corso del film, sarà un affare milionario che vedrà appalti succulenti e si materializzerà proprio lì, nel cuore del litorale laziale ormai completamente controllato dalla malavita. C'è qualche collegamento con la realtà? Forse sì. Il municipio X di Ostia è stato sciolto per mafia con decreto del Presidente della Repubblica italiana il 27 agosto 2015 solo due mesi prima l'uscita in sala di Suburra.
Quindi ricapitolando: tre fulcri narrativi del film di Stefano Sollima sono possibilmente ricollegabili a tre fatti di cronaca italiana degli ultimi 12 mesi.
Come si può non rimanere favorevolmente impressionati da un gangster movie così lesto a intercettare e reinterpretare il nostro presente storico? Ecco perché, nonostante errori non piccoli nel finale, quello che possiamo trovare in sala oggi è un film che rimarrà nel tempo e nella memoria degli spettatori come il ritratto demoniaco di un personaggio chiamato Italia. Il tutto rispettando la migliore tradizione dell'intrattenimento.
Se non ci fossero quegli errori... potremmo forse veramente parlare di capolavoro.

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