Bad Movie - Scappa: Get Out, di Jordan Peele

Il Bad Movie della settimana è Scappa - Get Out di Jordan Peele, sorprendente piccolo grande caso cinematografico della stagione. È come se Ficarra, o Picone, dirigessero un horror

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Spoiler Alert
Strange Days

Ma ve lo immaginate? È come se Ficarra, o Picone, dirigessero un horror. O come se il buon Checco Zalone curasse la regia, senza apparire come attore, di un thriller di fantascienza magari a base di alieno cattivo, tanto per rimanere in connessione con il presente cinematografico che stiamo vivendo. Non sarebbe esaltante andare a vedere quei film (sia l'horror di Ficarra o Picone, sia il thriller di fantascienza di Checco Zalone)...  anche solo per l'estrema originalità della proposta cinematografica? È già successo che il comedian si legasse a qualcosa di spaventoso. Non ci riferiamo tanto ai giochi con l'horror sia di Abbott & Costello che di Jerry Lewis (Le Folli Notti Del Dottor Jerryll) per poi arrivare da noi a Che Ha Fatto Totò Baby? (1963) o Fracchia Contro Dracula (1985). Pensiamo di più a più macabri sodalizi tra maestri della commedia o comunque del buon umore con altri tipi di sapori, più forti e a volte decisamente più macabri. È già successo in quei folli e vitali Stati Uniti D'America dove Mel Brooks produceva David Lynch nel 1980 e Danny De Vito dava una mano a mettere in piedi Pulp Fiction nel 1994. Oggi la nostra attenzione cade su Jordan Peele, celeberrimo negli Usa per il suo sodalizio su Mad Tv con Keegan-Michael Key. Un comico.
Peccato che l'esordio alla regia... non sia affatto da ridere.

“Guarda che papà avrebbe votato Obama anche per una terza volta!”

Divergere dal proprio passato. Proporre qualcosa di completamente diverso allo spettatore. È difficile farlo per un creativo ed è difficilissimo immaginarlo per chi poi quel creativo lo deve finanziare. Oggi la nostra attenzione cade su Scappa – Get Out, piccolo grande caso cinematografico targato Blumhouse Productions del 2017 con noto comico come Jordan Peele sul trono da regista anche se quello che filmerà saranno lavaggi del cervello, scoperchiamento di crani, fiotti di sangue e lame affilate dentro la carne. Il fotografo Chris Washington (Daniel Kaluuya) viene invitato dalla fidanzatina bianca a passare un weekend a casa dei genitori di lei. “Lo sanno che sono nero?” chiede lui: “Guarda che papà avrebbe votato Obama anche per una terza volta!” risponde quasi indignata lei. Che problema c'è? Parte a quel punto un fine settimana di sottile terrore visto che nel maniero di questi liberal bianchi ricchissimi e apparentemente gentili e aperti con Chris, il nostro fotografo afroamericano dal cognome identico a quello del primo Presidente degli Usa bianco si accorgerà che qualcosa, subito, non va.

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Forse quegli inservienti (tutti neri, peraltro) sembrano un po' troppo catatonici, telecomandati e innaturali quando ti parlano e osservano. Uno di loro addirittura corre come un matto di notte andando a sbattere contro Chris per poi proseguire la sua strana prova ginnica (la cosa più inquietante è forse il fatto che parlerà tranquillamente di quel comportamento bizzarro con Chris il giorno dopo) . Inoltre gli amici bianchi dei possibili futuri suoceri non la smettono di fissare Chris, fare strani commenti sul suo "corredo genetico" e spogliarlo con gli occhi. Sarà pura fortuna (Peele e il produttore Jason Blum organizzano il film quando sanno solo di essere post-obamiani e non futuri trumpiani,perché quando il film viene realizzato si sa solo che il secondo mandato di Obama sta scadendo e non certo chi vincerà tra Clinton e Trump) ma il tempismo dell'uscita in sala di questo thriller fantascientifico a basso budget (nemmeno 5 milioni di dollari per un incasso mondiale già vicino ai 220) è semplicemente entusiasmante. Laddove Ben Stiller giocava con la comicità yiddish dell'ebreo perseguitato, atavicamente “colpevole” ed eterna vittima di antisemitismo nell'esilarante Ti Presento I Miei (2000) di Jay Roach con Robert De Niro, in questo caso Peele (figlio di coppia mista come Obama) recupera la tradizione di Indovina Chi Viene a Cena? (1967: celeberrima commedia familiare con il nero Sidney Poitier futuro genero del patriarca bianco per eccellenza Spencer Tracy) sfruttando la paranoia afroamericana legata alla scadenza del secondo mandato del fratello alla Casa Bianca. Non è che ora qualcuno vorrà vendicarsi degli otto anni da Presidente Usa di un signore dalla carnagione leggermente più scura rispetto ai vecchi padroni wasp? Il film è un gioiellino di controllo registico, recitazione, scrittura e atmosfera. Parte come una commedia satirica alla Ti Presento I Miei (ma con il nero sornione sicuro di sé al posto dell'ebreo nervoso e già "colpevole"), diventa a metà un'inquietante fantascienza come L'Invasione Degli Ultracorpi (1956; dal capolavoro di Siegel si prende l'impassibilità da possessione extraterrestre di questi strani inservienti così "alieni" osservati dal nostro eroe a casa della sua fidanzata). Dalla fantascienza paranoica di quel film fondamentale del 1956 si estrae anche l'idea che tutti sembrino normali quando in realtà non lo sono troppo. Poi, negli ultimi 20 minuti, si finisce come un turgido thriller dagli istinti bestiali con azione-reazione, lotta e tentativo di fuga da luogo maledetto. Perfetto come protagonista quel Kaluuya già ammirato in un epocale episodio della prima stagione dello show tv inglese Black Mirror intitolato Bing. C'è anche uno strepitoso omaggio alla celebre scena di C'Era Una Volta In America (1984) in cui De Niro gira ossessivamente il cucchiaino in una tazzina di caffè. Con la differenza che mentre Leone in quel momento di grande cinema ipnotizza lo spettatore (Noodles gira il cucchiaino a lungo per innervosire e spiare la reazione degli amici della gang di fronte a questa sua interminabile dilatazione di un azione di solito estremamente veloce)... Peele decide invece che la tazzina e il cucchiaino serviranno ad ipnotizzare proprio Chris.

Conclusioni

Come si diceva un tempo... grande successo di pubblico e di critica. Già dimenticato l'intervento infelice di Samuel L. Jackson contro la scelta di inserire nel cast l'inglese Kaluuya per interpretare il nordamericano Chris Washington. In realtà il britannico è bravo con l'accento ed è perfetto perché il suo volto rilassato è perfetto per rappresentare la calma e consapevolezza raggiunta da un'intera comunità dopo gli otto anni di Obama. Ecco perché funziona a meraviglia. Eccezionale anche LilRel Howery nei panni dell'amico sovrappeso Rod Williams, paranoico perché, a differenza di Chris, meno geneticamente attraente e più schiavo del retaggio che vede lui e i suoi fratelli black ancora sempre con la convinzione di essere sotto la minaccia, latente ma sempre presente, di una comunità bianca bella, pulita e cattiva con i figli degli schiavi arrivati dall'Africa.
Ma sarà la paranoia del "vecchio" nero perdente a salvare le chiappe del "nuovo" nero vincente.
Da questo punto di vista il regista Peele e il produttore Blum realizzano un prodotto "cormaniano" nel senso di piccolo, frizzante popcorn movie con una bella satira politica al suo interno che, ripetiamo, non poteva uscire in sala in un momento migliore. Ed è tutto frutto della mente meravigliosamente deviata di un comico sui generis.
Il suo nome è Jordan Peele.

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