Bad Movie - Room, di Lenny Abrahamson
Il Bad Movie di questa settimana è la rivelazione Oscar Room di Lenny Abrahmson, dramma da cronaca nera vestito da favola moderna
Il segreto di quel drammone platonico
Ci stiamo interrogando sull'eccezionalità del piccolo film sorpresa del 2016 presentatosi a questo Oscar con la forza indy del Whiplash del 2015. Room è stato candidato a Miglior Film, Regia, Sceneggiatura Adattata (da romanzo di Emma Donoghue, anche sceneggiatrice) e ovviamente come sapete Attrice Protagonista, con la bravissima ventiseienne Brie Larson unico membro della squadra Room a uscire dalla Notte delle Stelle del 28 febbraio scorso con una statuetta effettivamente in mano. Il regista Lenny Abrahamson e il produttore Ed Guiney (fondamentale per queste coproduzioni irlandesi con ambizioni internazionali fin dai tempi di Guiltrip di Stembridge e il primo lungo di Abrahamson Adam & Paul dopo aver addirittura prodotto al buon Lenny l'esordio nel corto 3 Joes). Quali possono essere dunque i segreti di questa gemma cinematografica e perché alcuni possono perdere letteralmente la testa per uno stranissimo drammone che sembra tutto tranne che un drammone?
Motivi
Prima di tutto... Room è un shock da cronaca nera del quotidiano travestito da favola leggera eterna. E questo è cinematograficamente astutissimo. Come è possibile che la storia di madre e figlio segregati in una stanzetta di dieci metri quadrati possegga tale levità? Perché il punto di vista è quello di Jack (assurdo che il decenne Jacob Trembley non sia stato candidato all'Oscar dopo nomination SAG), bambino di cinque anni così convinto che la caverna platonica in cui vive sia in realtà il mondo reale, da permetterci di non provare più di tanto uno sgomento nei confronti suoi e della mamma. Se lui è spensierato, noi siamo spensierati. Se a lui va bene, a noi va bene.
L'Ohio della storia è un posto qualsiasi (se non lo citassero potrebbe essere un indistinto occidente anglosassone) ricostruito in Canada. E anche questo priva il film di una aggressiva specificità geografica. L'orco rapitore non è un bogeyman bensì quasi un lavoratore che torna a casa la sera stanco e contentissimo di levarsi al volo i pantaloni per saltare addosso alla mogliettina. D'altronde si chiama solo Old Nick, pare uno di quelli che ci viene a fare il controllo della caldaia a casa e quando il piccolo Jack sembra avere la febbre alta lui, Old Nick, pare preoccuparsi sinceramente. Come un affettuoso papà qualunque. Joy, invece, non sembra un'affettuosa mamma qualunque.
Tutte queste contromosse o sovvertimenti dei cliché cinematografici ci tengono letteralmente incollati a Room
Tutte queste contromosse o sovvertimenti dei cliché cinematografici ci tengono letteralmente incollati a Room.
Ecco perché non ci sentiamo più di tanto depressi vedendo qualcosa sulla carta così deprimente.
Joy
Poi... cosa è successo tra Ma' Joy (da La Furia Umana a Il Clan dei Barker, "Ma" è il diminutivo delle mamme gangster o dei gangster) e Old Nick durante tutto il tempo precedente i titoli di testa? Proviamo a ricostruire qualcosa: lui l'ha rapita quando lei aveva 17 anni. Dopo due anni lei ha avuto Jack e ora, quando il film comincia, la nostra mamma è pronta da ventiquattrenne a festeggiare il quinto anno di vita del piccolo, il quale non sa quanto grande sia il mondo fuori da quei dieci metri quadrati. Il regista è così bravo a nasconderci il bogeyman (anche quando compie atti tipici della segregazione pare impacciato e fuori ruolo) che dopo pochi minuti non ci pensiamo più e ci concentriamo solo ed esclusivamente su Ma' Joy e Jack e su una cosa che al cinema ha sempre funzionato e sempre funzionerà.
La grande fuga
Sarà attraverso un tappeto volante come da fiabe russe originali prima che la Disney lo inserisse dentro Le Mille e una Notte con Aladdin? No. Sarà attraverso un fiabesco tappeto sì, ma rotolante perché inizialmente contenente un corpo denunciato come senza vita. L'orco va ingannato e Old Nick ci casca con tutti gli scarponi. Quante volte l'abbiamo visto al cinema un tappeto contenente un morto? L'Uomo Senza Sonno (2004) di Brad Anderson, Trappola Mortale (1982) di Sidney Lumet e Unfaithful - L'Amore Infedele (2002) di Adrian Lyne.
Jack, invece, è vivo e arrotolato. Come un Pollicino che si rispetti eccolo fregare l'orco grazie al coraggio e alla saggezza (segue alla lettera gli ordini precisi di Ma' Joy).
Come il piccolo Superman di Zack Snyder (ma quanto era bella quella idea di bambino sopraffatto dalla spaventosa potenza cacofonica di una realtà percepita da sensi supersviluppati?), Jack dovrà combattere non solo contro Old Nick ma contro un mondo fatto di prati, camioncini, stop stradali, cani al guinzaglio, nuove creature simili a Old Nick e, dopo, una pericolosissima trasformazione.
Joy Newsome
Fuori dalla caverna platonica il prigioniero deve affrontare quegli elementi della vita che prima hanno creato le ombre sul muro dentro l'anfratto (Jack aveva una tv da cui vedeva qualcosa dal segnale molto disturbato). Ma' Joy passa da creatura mitologica e madre guerriera dell'eroe a Joy Newsome, ex ragazza qualsiasi il cui padre naturale non vuole più guardare negli occhi il bambino innaturale dell'orco Old Nick. Joy prima era padrona della stanza (almeno nel momento del racconto in cui Donaghue e Abrahamson ci fanno arrivare all'inizio), mentre ora viene fottuta da tutto e tutti: senso di colpa, tendenze suicide, giornaliste televisive ingannatrici (grande momento di cinema), divorzio dei genitori e una casa dove la camera da letto è rimasta quella di quando aveva 17 anni.
Jack può essere più malleabile ("plastic" in originale nel gergo medico di un dottore) e in grado di recuperare dal trauma perché meno "scritto" dall'esistenza.
Ma la vecchia Joy Newsome, invece, ce la farà a resistere alla nuova stanza del mondo dove pare non esserci in un primo momento nemmeno quell'amaca di cui parlò tanto a Jack (essenziale la sua iniziale assenza)?
Conclusioni
Room è un grande film perché nella prima parte è lei che salva lui mentre nella seconda è lui che salva lei. Ci ha ricordato la potenza del rapporto madre-figlio attraverso una storia semplice frutto di un cinema complesso in cui il gioco di squadra biologico tra colei che genera e colui che viene generato da quel corpo non può poi non portare a un vincolo di natura mentale più forte di qualsiasi difficoltà esterna.
È anche un film che ci ricorda quanto siamo forti da piccoli. Ecco che torna la fiaba e i suoi tanti eroici bimbi da Pollicino a Hansel e Gretel passando per Cappuccetto Rosso.
Sarà Jack a portare Joy a salutare la stanza come ultimo atto di reale liberazione.
Lui a voce alta perché ancora giovane.
Lei sussurrando un addio al luogo che le rubò la giovinezza.