Bad Movie - Pirati Dei Caraibi: La Vendetta Di Salazar, di Joachim Rønning ed Espen Sandberg

Il quinto capitolo della saga Pirati dei Caraibi ci riporta a un clima di allegria e freschezza. E soprattutto Jack Sparrow torna ad essere una "spalla" umana e delirante insieme

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Spoiler Alert

Back in Jack

Proviamo a leggerla così: Jack Sparrow è tornato ad essere quella "spalla" amabile, stralunata e dannatamente divertente del primo e insuperabile La Maledizione Della Prima Luna (2003) di Verbinski. Quello che è successo dopo quel film lo sappiamo: Johnny Depp inventa con Verbinski un personaggio epocale, fondendo i tic da rockstar di Keith Richards dei Rolling Stones con il corpo slapstick, e famigerato, del Pepè La Puzzola dei Looney Tunes. Il rischio ha pagato in termini di milioni di dollari, critica in visibilio (per un film tratto da un'attrazione di un parco giochi, mai dimenticarlo) e ragazzini di tutti il mondo innamorati di Jack. Quell'ombretto, quell'andatura, quell'identità stoner e quella sessualità ambigua creati da Depp e Verbinski hanno fatto breccia nel cuore dei più piccoli e hanno intrigato le menti dei più grandi. Bandana rossa, trucco agli occhi, orecchini zingareschi, denti d’oro, camminata e parlata da sballato A quel punto, per forza di cose, la saga diventa Sparrow-dipendente commettendo l'errore, ci permettiamo, di enfatizzare ed erigere a protagonista un personaggio che tale non può essere.

Perché Jack è un cartoon troppo autonomo e indistruttibile per essere l'eroe i cui limiti e sofferenze dovrebbero portarci all'immedesimazione. Il suo ruolo nei nuovi Pirati post-La Maledizione della Prima Luna si gonfia a dismisura come una saga che non era strutturata per essere tale e che quindi si inventa con il passare degli anni e in relazione a un box office che spinge inesorabilmente, come è sempre stato e sempre sarà, affinché non ci si fermi. Era una vita che non si vedeva un film di pirati apprezzabile. Hollywood aveva abbandonato il genere dopo il fallimentare Corsari (1995) di Renny Harlin. Non era l'adattamento dei maestri letterari del genere Rafael Sabatini o Emilio Salgari. Non era un remake dal Curtiz di Capitan Blood (1935) con l’insuperabile Errol Flynn o dall’esilarante Il Corsaro Dell’Isola Verde (1952) di Siodmak. Ma tutto, dopo quel gioiellino del 2003, diventa presto più meccanico, più retorico, più pesante, più Sparrow. Non tanto per il secondo (La Maledizione Del Forziere Fantasma) quanto sopratutto a partire dal terzo (Ai Confini Del Mondo, girato back to back col precedente da un sempre più potente Verbinski). Le durate: 143 minuti, 151, 169. Sparrow non guarda più nemmeno i personaggi in faccia quando dice le battute, è coinvolto in one man show sempre più lunghi ed esasperanti, l'effettistica speciale diventa caotica, il tono si fa più grave e serio e, dulcis in fundo, l'incontro tanto atteso tra Keith Richards e Johnny Depp nei ruoli di papà e figlio, nel terzo episodio, delude assai perché è tutto il contrario del rock'n'roll ovvero freddo, calcolato, industriale e privo di anima. Il mitico chitarrista dei Rolling Stones dice al figlio pirata: “Mi stai tra i piedi ragazzo” e poi: “Il punto non è vivere per sempre, è convivere con se stessi”. Un po' poco per quello che sarebbe potuto essere un duetto esplosivo. Il quarto Pirati diretto da Rob Marshall, lungo solo 136 minuti, è però ancora più sconclusionato e stanco perso tra languore, effetti speciali ipertrofici ed entrate e uscite nel cast (via Knightley e Bloom, dentro Cruz). Il pubblico fa superare i 1000 milioni di dollari worldwide. Quindi... perché fermarsi?

Jack is Back

“Ricordo... stavo rapinando una banca!”. È questa la prima battuta di Jack Sparrow nella quinta avventura della saga Pirati dei Caraibi sottotitolata per noi italiani La Vendetta Di Salazar. L'entrata fisica in scena è ancora più divertente: Jack è addormentato, ubriaco fradicio, dentro una cassaforte che dovrebbe svaligiare in compagnia di una signora con la quale si è sessualmente intrattenuto poco prima di collassare dentro il forziere stesso. Dopo un prologo ambientato nel passato negli abissi del mare da cui emerge come un sottomarino l'incontro figlio-padre che ci spiegherà la motivazione del giovane eroe protagonista Henry Turner (quindi avete già capito di chi è il figlio), il film diretto dai norvegesi RønningSandberg passa alla rapina scombiccherata presso l'Istituzione Bancaria dei Caraibi con Jack e la sua ciurma a prendere il sopravvento. Una ghigliottina sarà in grado di ruotare su se stessa costringendo Jack a vedere la lama sempre a un centimetro dal collo per poi rialzarsi improvvisamente per via dell'inerzia di questa ruota della morte. La Vendetta Di Salazar è un ritorno alla sana comicità slapstick dei primi due gioviali episodi diretti da Gore Verbinski prima che tutto si prendesse un po' troppo sul serio trasformando le cacce al tesoro e gli amori di questo amabile franchise di cappa & spada in un'accozzaglia di effetti speciali senza più anima o senso dell'umorismo. Qui si torna alla formula più scanzonata del primo film: avventurose storie d'amore tra giovani, tesori, Giubbe Rosse inglesi, pittoreschi masnadieri e antiche maledizioni mentre Jack Sparrow, da non protagonista, entra nella trama principale con la sua camminata sbilenca e quegli occhi un po' troppo truccati per appartenere a un pirata ortodosso di fine XVII Secolo. Il film ci piace perché sono molto forti i personaggi di Henry Turner (Brenton Thwaites) e soprattutto di Carina Smyth (Kaya Scodelario: fantastica), la quale è un'intellettuale astrologa che metterà in crisi questi pirati maschi ignoranti convinti che un'orologiaia... sia in realtà una bagascia (momento sublime). Henry è figlio di qualcuno e Carina, si scoprirà, di qualcun altro. Jack è dietro di loro anche se, in un flashback molto bello dove anche Depp viene ringiovanito in cgi come Douglas (Ant-Man), Downey Jr. (Captain America: Civil War) e Russell (Guardiani Della Galassia Vol. 2), vedremo un giovane, dolcissimo, Jack Sparrow avere a che fare con l'esuberanza dell'essere uno scherzoso pirata rookie + il primo grande battesimo del sangue come capitano di nave meno sconclusionato di quello che il suo aspetto potrebbe suggerire.

La Vendetta Di Salazar vedrà partire la consueta caccia al tesoro presente in ogni film della saga stavolta concentrata all'ottenimento del Tridente di Poseidone. I giovani eroi protagonisti (Henry e Carina) e la vecchia spalla (Jack) avranno alle loro costole non solo le Giubbe Rosse di un cativissimo David Wenham ma anche una canonica per la saga Armata Delle Tenebre di gendarmi del mare non morti capitanati da un iberico rancoroso con capelli fluttuanti come alghe e una faccia più marcia del pesce andato a male. Si chiama Salazar (Javier Bardem sempre fiammeggiante) e forse ha un conto in sospeso con Jack (“Effettivamente conoscevo uno spagnolo... con un nome spagnolo” ricorderà a stento il nostro perennemente svagato Sparrow). Attraverso una durata “umana” (129 minuti rispetto ai 136 del quarto capitolo e 169 del terzo), due bravi registi norvegesi al timone (Rønning e Sandberg già abili a raccontare il viaggio spericolato in mare ai tempi di Kon-Tiki, nominato all'Oscar), il ritorno di Jack Sparrow al ruolo di non protagonista pazzo (stavolta è Paul McCartney dei Beatles a fare capolino nei panni di Zio Jack dopo quel brutto cammeo di Keith Richards in Ai Confini Del Mondo) e un super bacio finale tra due beniamini storici della saga un po' troppo dimenticati nel recente passato... questo quinto La Vendetta Di Salazar ci sembra l'episodio gradevole di un franchise recentemente appesantitosi.

Conclusioni

Chi si è poi spaventato, giustamente, per l'arrivo di un Depp quasi irriconoscibile, perché con la faccia più gonfia di un pallone da calcio, nel finale di Animali Fantastici E Dove Trovarli... può cantare vittoria, o tirare un sospiro di sollievo, vedendo La Vendetta di Salazar. Il buon Johnny è qui in forma fisica smagliante e non smagliata.
Sia quando è il Depp di oggi.
Sia quando è un Depp ringiovanito dalla cgi.

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