Bad Movie - Logan: The Wolverine, di James Mangold

Il Bad Movie della settimana è Logan - The Wolverine, decimo film del franchise X-Men, terzo spin-off dedicato a Wolverine e secondo film del franchise diretto da James Mangold

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Spoiler Alert
Wild Horses

Il momento forse più inquietante di tutto un film estremamente inquietante è quando Logan (Hugh Jackman) si trova a prendere posizione e attraversare una interstate per andare verso il western e il suo mezzo di locomozione più classico (cavallo) cercando di evitare la fantascienza (camion del 2029 letteralmente senza testa del veicolo che sfrecciano senza cuore e senza occhi sulle nostre autostrade del futuro). È un momento di cinema immenso, struggente, spaventoso. Sia perché quei camion senza faccia ci mettono più a disagio del truck col viso di Goblin in Brivido (1986) di King, sia perché vediamo Logan soffrire e svegliarsi forse del tutto nel momento della scelta di aiutare dei cavalli imbizzarriti, fisicamente esterni a un percorso ben stabilito e "umanissimi" (rispetto a quei camion chiaramente telecomandati).
Così il nostro supereroe malconcio avrà un primo vero contatto umano con una famiglia di agricoltori.
Lui in quel momento si trova con suo "padre" e sua "figlia".

L'ora X si chiama Laura

Logan - The Wolverine è finora l'unico pezzo dell'Universo X-Men al cinema che va avanti rispetto ai nuovi X-Men ambientati nel passato (X-Men - L'inizio nei '60; X-Men - Giorni Di Un Futuro Passato nei '70; X-Men - Apocalisse negli '80). La timeline del franchise è complicatuccia. Ha ragione Deadpool. Questo è il decimo film X-Men, terzo spin-off dedicato al beniamino della saga Wolverine e seconda pellicola sul personaggio diretta da Mangold, uno che nel 1995 esordiva con un film d'autore ispirato ad Hitchcock attraverso la sensibilità di Milos Forman. Troviamo Logan, pieno di dolori, rancori e acciacchi fisici, autista di limousine ("una Chrysler del 2024") sul confine Usa-Messico, pronto a scarrozzare dei giovani americani piuttosto idioti e strafottenti nei confronti di chi vive oltre il confine. Logan, sarà contento Trump, ha addirittura scelto di vivere con gli sfigati della porta accanto. Il suo rifugio messicano lo vede accudire un Professor Xavier (Patrick Stewart) novantenne quasi completamente rincoglionito in compagnia di un mutante di rara antipatia di nome Calibano (Stephen Mercant), querulo come un badante sottopagato. Il supereroe immortale dalle folte basettone, fumatore di sigaro, col jeans attillato e un diavolo per capello, è diventato dunque un mutante da rottamare (immortalità non vuol dire essere immuni al dolore fisico e psicologico) con vecchio malato d'alzheimer al seguito in compagnia di un badante rompicoglioni. Per fortuna poi arriva Laura (Dafne Keen).

Kick Ass

Era dai tempi di Kick-Ass (2010) che non ci divertivamo così tanto vedendo una ragazzina massacrare adulti boriosi. La piccola Dafne Keen raggiunge dunque Chloë Grace Moretz anzi la batte perché Chloë quando usciva il film di Vaughn aveva 13 anni mentre Dafne, oggi, ne ha solo 12. Questa piccola mutante chiaramente ispanica, salvata dall'ennesimo laboratorio spregevole di esperimenti simili a torture contro gli X-Men da una infermiera di nome Gabriela (leggi: ispano-americana pure lei), mette veramente i brividi (bravo Jackman nel guardarla con paura) nel momento in cui passa nella pellicola di Mangold dallo stato catatonico a strappare teste, mordere e massacrare chiunque le capiti a tiro. I mutanti non sono tutti estinti. C'è una nuova generazione che vive dentro un canyon sognando e costruendo un futuro basato sui fumetti (Logan, invece, pensa che i comics siano solo frivole esagerazioni di brutti fatti accaduti realmente). I giovani vivono in una comunità nascosta alla Mad Max - Oltre La Sfera Del Tuono (1985) dove hanno bisogno di un padre dai capelli bianchi proprio come quei bimbi del terzo Mad Max di Miller. Ma anche Logan ha bisogno di un mentore e lo ritroverà in un Professor X molto meno rimbambito di quello che sembra e dolcissimo quando confessa al suo figlioccio che la felicità, per lui, è una serata in cui gli X-Men possono mangiare a cena con altri esseri umani come fossero una famiglia normale (è il segmento in cui Xavier, Logan e Laura si spacciano per Nonno, Padre e Figlia presso una fattoria di agricoltori afroamericani perbene). Wolverine, lo sapete, è un duro spesso prigioniero della sua rabbia. Sarà difficile accettare la responsabilità nei confronti di Laura ("Questo non si fa!" le dirà in uno dei pochi momenti divertenti del film) e la visione della vita, e della morte, più positiva e ottimista del Professor X. Ma il film è molto sottile nel viaggio psicologico del personaggio quanto è truculento (Mangold ha lottato e voluto la R) nelle scene d'azione in cui senti come non mai la disperazione omicida del nostro eroe nonché il dolore lancinante di quelle unghione di adamantio che gli spuntano, sghembe e irregolari, dalle nocche.

Conclusioni

Mangold ha diretto un notevole western post-apocalittico fatto di caldo, cisterne abbandonate, agricoltori perbene, camion senza volto, scienziati stronzi, giovani tosti, straordinarie sequenze "freezzate" modello showtime come per le peformance di Quicksilver, cavalli imbizzarriti, fumetti da decodificare in chiave di resistenza rivoluzionaria e vecchi eroi (Wolverine e Professor X) pronti a lasciare il passo dopo aver rivendicato quella precisa identità nata già nel 2000 grazie al pregevolissimo X-Men di Bryan Singer. È come se Mangold avesse voluto unire Gli Spietati (1992) di Eastwood (il vecchio pistolero richiamato in azione dalla giovane donna) a Il Cavaliere Della Valle Solitaria (1953) di Stevens (l'eroe è un pedagogo; il film con Alan Ladd è letteralmente trasmesso dentro Logan) cercando nella moralità e mortalità del western crepuscolare una cornice perfetta per salutare il personaggio Re del Cinefumetto non a caso interpretato da un australiano in costante tensione e rapporto con la presenza fisica e scenica proprio di un certo Clint Eastwood.
Logan - The Wolverine è l'ennesima prova di quanto e come il lavoro editoriale paghi. Non saremmo mai arrivati, come nel caso di Deadpool, a questo tipo di qualità revisionista all'interno del genere cinefumetto se non ci fosse stata la quantità industriale (56 film in 17 anni di cinecomic contando solo adattamenti da Marvel o Dc) che poi automaticamente porta alla necessità di variare il tono del prodotto e quindi l'offerta audiovisiva.
Ci potremmo e dovremmo arrivare anche noi. A partire, magari, dall'annuncio di una data per il necessario, e attesissimo dal pubblico, sequel di Lo Chiamavano Jeeg Robot.

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