Bad Movie - Lights Out: Terrore Nel Buio, di David F. Sandberg

Il Bad Movie della settimana è Lights Out di David F. Sandberg, horror prodotto da James Wan tratto da un corto di successo dello stesso regista

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Spoiler Alert
Corto

Nel vero senso del termine. Nemmeno tre minuti per David F. Sandberg alle prese come regista nel marzo del 2014 con la pubblicazione su YouTube dello short che lo avrebbe aiutato ad esordire nel 2016 con il suo primo omonimo lungometraggio. Lights Out in versione breve era un gioco semplice di azione e reazione, campo e controcampo, luce e buio con la moglie del regista Lotta Losten in lotta, scusate la ripetizione, con un mostro dell'oscurità letale solo quando le luci di casa della malcapitata si spegnevano. Il demone era un po' troppo onnipotente nel finale del corto tanto che nell'ultima inquadratura lo vedevamo addirittura spegnere lui la lampada del comodino di lei con ghigno sdentato semicircolare da maschera greca in terracotta. Nonostante questa chiusa non proprio perfetta (cosa può e non può fare il demone?), il lavoro venne comunque apprezzato (ad oggi 3,3 milioni di visualizzazioni) portando Sandberg all'attenzione del sempre più prolifico, anche come produttore, James Wan. Evidentemente il regista malese deve aver amato del piccolo Lights Out l'efficacia della messa in scena, l'idea forte della figura al buio che scompare e ricompare a seconda della posizione dell'interruttore della luce avvicinandosi ad ogni click (Sandberg replica lo show proprio all'inizio del film quasi con lo stesso asse di ripresa), la donna sola a casa, l'assenza di computer graphic, gli scricchiolii del legno (Wan li adora) e il demone più donna che uomo. Il lungo, poi, aggiunge qualcosa di più.

Lungo

Lights Out: Terrore Nel Buio  è una storiaccia di donne forse omosessuali. Due coppie: madre e figlia e madre e demone. Le prime due non vanno d'accordo da anni per colpa delle prime due. Quando mamma Sophie (Maria Bello) era ricoverata a dieci anni in clinica per dei disturbi psichici fece amicizia con una ragazza ancora più disperata di lei di nome Diana, incapace di stare alla luce del sole e quindi sempre riparata da un ombrellino come una signora francese dipinta da Claude Monet (ma, diciamo, meno graziosa). Erano solo amiche la bionda e solare Sophie e la tenebrosa e problematica Diana oppure tra loro in quell'ospedale c'era qualcosa di più? E come mai a un certo punto Diana scomparve alla vista delle persone come L'Uomo Invisibile di H.G. Wells? Il film di Sandberg è veramente divertente perché racconta una storia assurda con un livello di plausibilità nella recitazione degli attori ben oltre la media. Poi è scorrevole, corto pure come lungo (81 minuti) e coerente nella mitologia horror che propone (anche più del corto). C'è qualcuno che fa fuori le persone (specie i maschi nel ruolo di mariti) vicine alla cresciuta mamma Sophie, una bionda milf con figlia sventolona conflittuale al seguito e figlio avuto dal secondo marito preoccupato perché mamma parla da sola? È tornata Diana? È lei il demone che uccide al buio ma è inefficace alla luce (a differenza dell'ultima inquadratura del corto)? La figlia sventolona Rebecca (Teresa Palmer) detesta la mamma milf esasperando in chiave horror una classica tensione tra procreatrice e procreata (ancora più facile quando si è entrambe uno schianto) già apprezzata in chiave noir, ad esempio, in Nice Guys di Shane Black.
Quando la rancorosa Rebecca dirà a mamma Sophie: "C'è una donna morta in questa casa e l'hai fatta entrare tu!" sappiamo definitivamente che la situazione sta deliziosamente degenerando.
Rebecca da piccola intercettò qualcosa legato a Diana e questo le bastò per distanziarsi dalla madre. Ora però è arrivata la resa dei conti e grazie al ruolo di protettrice che dovrà esercitare sul fratellino Martin (un vispissimo Gabriel Bateman). Sia Rebecca che Sophie... non potranno più far finta di niente.

Conclusioni

Pochissima cgi, scricchiolii del legno (James Wan li mette proprio nei contratti da filmare?), dettagli di maniglie che provano ad essere aperte, manichini (fanno sempre paura; anche la Patty di Ghostbusters lo sa), lento svelamento psicologico ed epidermico della demoniaca Diana ben più efficace nel make up rispetto alla creatura che chiude il corto da cui questo lungo nasce. Qui c'è ancora l'idea di prendere una donna dalla forte fisicità, come Wan ha fatto con la picassiana Bonnie Aarons per la Suora di The Conjuring - Il Caso Enfield, e chiederle di essere un mostro con personalità e passato ben definiti. La stunt Alicia Vela-Bailey (terza bionda mozzafiato del film anche se nel film è bruna) svolge un ottimo lavoro. E mano a mano che Diana ci viene mostrata, ci rendiamo conto che fa veramente paura ma sì... può essere bruciata dalla luce (a differenza del demone fin troppo onnipotente del corto). Deve essere fatta fuori attraverso un gesto estremo che sarebbe potuto essere compiuto, ad essere sinceri, anche nel passato (sceneggiatura non proprio di ferro) prima che la società esterna alla famiglia di Rebecca e Sophie possa capirci qualcosa (convincente perché credibile l'arrivo di due poliziotti nel finale).
Nonostante tutti i suoi difettucci da horror movie estivo meno elegante rispetto a It Follows (2014) ma infinitamente meno presuntoso e vuoto rispetto a Babadook (2014), Lights Out: Terrore Nel Buio ci ha rinfrescato gli occhi con una storia interessante, bravissimi attori (non male anche Alexander DiPersia come fidanzato sempre più altruista di Rebecca) e una cattiva ragazza come Diana, per la quale si prova anche un po' di pena come in un horror orientale che tanto farebbe infuriare il Sitterson di Richard Jenkins in Quella Casa Nel Bosco (2012).
Prossimo appuntamento dentro la famiglia Wan per il nostro Sandberg: Annabelle 2.
Un'altra signorina... non proprio solare.

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