Bad Movie - Lazzaro Felice, di Alice Rohrwacher

Il Bad Movie della settimana è Lazzaro Felice di Alice Rohrwacher, premiato con la Miglior Sceneggiatura al Festival di Cannes 2018

Condividi
Spoiler Alert
Terra di Mezzo

Comincia tra i campi come L'Albero Degli Zoccoli (1978) e finisce tra le baraccopoli come Miracolo A Milano (1951). Forse c'è anche l'idea di rivedere i personaggi invecchiati fisicamente rincontrarsi malinconicamente dopo anni e anni come in C'era Una Volta In America (1984) con cui Lazzaro Felice condivide anche un "grande inganno". È la terza regia cinematografica di Alice Rohrwacher, bizzarra cineasta hippie e mittleuropea insieme, fricchettona e furiosa come quell'Orlando di Ariosto recitato nel film da un rampollo biondo ossigenato di nome Tancredi (personaggio della Gerusalemme Liberata del Tasso) a un mezzadro gentile protagonista della pellicola di nome Lazzaro (dal Vangelo di Giovanni).
Nel cast una perfetta combinazione di professionismo (López, Ragno, Alba Rohrwacher, Braschi, Rocchetti) e abitanti del viterbese compreso un Alessandro Genovesi che dalle parti di Civita di Bagnoregio era finito per dirigere la sua quinta pellicola Puoi Baciare Lo SposoGenovesi interpreta un maresciallo dei carabinieri finito per caso in una strana terra abitata da un lupo magico.

Homo Homini Lupus

Ci troviamo di fronte a un'opera estremamente originale. Prima parte ambientata nella comunità di mezzadri dove si conoscono il povero felice Lazzaro (Adriano Tardiolo) e il ricco rancoroso Tancredi (Luca Chikovani) intorno agli anni '90 (i cellulari sono di quel periodo e c'è ancora la lira). Seconda metà ambientata ai giorni nostri in una grande città (mix tra Milano e Torino) poco sofisticata e molto analogica che sembra comunque uscita dagli anni '50. Nel primo tempo arriviamo in un territorio ostico fatto di salite, discese e ripidi calanchi erosi dal vento. È un mondo arido e senz'acqua. Sembra uno spaghetti western e infatti Lazzaro indossa una magliettona della salute che sembra ormai incollata alla sua pelle zozzissima ("Sono un buon lavoratore") come capitava ad Eli Wallach ne Il Buono, Il Brutto, Il Cattivo. In questa Terra di Mezzo quasi tolkieniana, crocevia di tradizioni cinematografiche ma anche terreno fertile per il fantasy visto che un lupo può resuscitare una persona e qualcuno può soffiarti addosso del vento dal nulla, si coltiva il tabacco con i contadini sempre in debito con la Marchesa De Luna (Nicoletta Braschi). Le quattro famiglie della cascina lombarda di Olmi dovevano dare due parti del raccolto al padrone attenti a non mischiare cartoccio con granoturco. Questi braccianti della Rohrwacher non hanno nulla per loro, vessati da un debito impossibile da estinguere ricordato perfidamente dal contabile della Marchesa che con loro si è intrattenuto anche sessualmente durante serate particolarmente goderecce. Questi uomini e donne psicologicamente incapaci di ribellarsi a un padrone che si chiama come quel satellite della Terra che la Rohrwacher spesso inquadra come ormai opaca, inquinata e debole, sono velenosi, infantili, non hanno alcuna coscienza di classe (nessun rapporto col mondo esterno da tempo come le vittime dei sequestri con annessa Sindrome di Stoccolma) e soprattutto si comportano in modo spregevole con Lazzaro ("Io sfrutto loro e loro sfruttano quell'uomo" "Magari lui non sfrutta nessuno" "Questo non è proprio possibile"; dialogo tra la Marchesa e suo figlio Tancredi). Le uniche due persone che provano a uscire da questa dinamica sono Tancredi (secondo personaggio di questa settimana di cinema con cuffiette del walkman arancioni come Peter Quill in Guardiani della Galassia dopo il Denzel Washington di End of Justice) e Lazzaro, per un attimo in gita amicale interclassista. Sarà l'inizio di un grande cambiamento. O forse no?

Conclusioni

Ma il ricco può diventare veramente amico del povero o lo fa solamente quando è ubriaco come in Luci Della Città di Chaplin? Cosa c'è dietro? Tancredi si ricorderà anche da grande di quelle ore serene passate con il mite coetaneo o era tutto un "grande inganno"? A Charlot si rifà il nostro Lazzaro, felice di titolo e di fatto, quando andrà a cercare Tancredi in città dopo anni ed anni, resuscitato da un lupo magico che forse riconobbe in lui l'unica creatura realmente inviolata da grettezza umana e quindi degna di avere una seconda chance (il film può essere letto anche come il nostro Animali Fantastici E Dove Trovarli). In una seconda parte ancora più squinternata della prima in cui Rohrwacher colloca i contadini in città (senza la Marchesa sono più persi di prima ma una cosa è rimasta la stessa: odiano Lazzaro pure da redivivo anzi di più: "Anche se è fantasma, deve lavorà!"), facendo vedere i personaggi cresciuti tra compromessi, acciacchi e disincanto, la regista ci dice che il miracolo, oggi, a Milano è impossibile. I buoi sono scappati dalla stalla e la musica di Bach (usato da Olmi per L'Albero Degli Zoccoli) è fuggita pure lei, indignata, dalla Chiesa (dopo Corpo Celeste continua l'anticlericalismo della regista). Nemmeno un Lazzaro felicissimo può sopravvivere a una realtà così.
Il lupo lo sa, quando andrà a rendere omaggio tra smog e cemento a quel "bravo lavoratore".

Continua a leggere su BadTaste