Bad Movie - La Terra Dell'Abbastanza, di Fabio e Damiano D'Innocenzo
Il Bad Movie della settimana è l'esordio dei Fratelli D'Innocenzo La Terra Dell'Abbastanza, presentato con successo al Festival di Berlino del 2018
Ve li ricordate? Sparavano al nulla, in mutande, in mezzo a un acquitrino vicino al mare di raro squallore. Usavano kalashnikov e bazooka. La potenza delle armi era diametralmente opposta al rachitismo (specie nel caso di Ciro Petrone) dei loro corpi da adolescenti. Prima li avevamo visti citare Scarface, come già facevano i ragazzini de L'Odio (1995) di Kassovitz, scorrazzando per la villa alla Tony Montana del film di De Palma costruita quasi su misura da Walter Schiavone dei Casalesi. Si atteggiavano a gangster, bruciavano le tappe del cursus honorum camorristico e anche per questa loro nevrotica, e irritante, sfacciataggine nessuno dei capi li voleva far entrare nel Sistema. Allora loro due, frustratissimi, rubavano ai ladri e facevano i criminali coi criminali, lamentandosi e sognando addirittura di fare la guerra a tutti i "grandi" che non li volevano far entrare nel giro che conta.
Sarebbero stati uccisi facilmente e senza alcuna pietà dentro Gomorra (2008) di Matteo Garrone.
Mirko e Manolo
Boys Cry
Conclusioni
Questo è il vero cinema di genere. Un tempo lo facevamo molto più spesso, o lo facevamo e basta, e quindi era anche più facile amarlo e/o riconoscerlo da parte sia del pubblico che degli addetti ai lavori. Oggi diventa sempre più difficile riconoscerlo e ci si spaventa a indicarlo (anche da parte di molta critica), pensando che il pubblico possa deprimersi o peggio ancora indignarsi (sempre meno persone vanno al cinema e quindi bisogna andarci SOLO di fronte al supposto "nuovo" e/o "più originale). Ci troviamo con La Terra Dell'Abbastanza (più enfatico e meno vero di Boys Cry) nobilmente di fronte a uno dei figli più belli, dopo l'omonima serie televisiva del 2014 e l'improvvidamente pluripremiato ai David Anime Nere (2014) di Francesco Munzi, di un capolavoro italiano seminale del 2008 capace di creare, sia nella tv che su grande schermo, più di una variazione sul tema. Chi meglio di un pittore come Matteo Garrone può apprezzare il concetto di bottega dove i giovani Fabio e Damiano D'Innocenzo sono stati felicissimi di stare, osservando da vicino i movimenti del maestro sulla tela, parlando con lui, ascoltandolo e assorbendo le sue esperienze fino ad arrivare alla collaborazione per l'ultimo Dogman? Il montatore (Marco Spoletini) e lo scenografo (Paolo Bonfini) vengono da Gomorra (2008) mentre alla fotografia si è scelto un Paolo Carnera qui assai meno tenebroso rispetto al lavoro fatto su piccolo schermo con i 34 episodi delle serie di Romanzo Criminale e Gomorra. In regia i D'Innocenzo Bros. sono memori dell'intuizione geniale di Garrone di restringere un campo visivo costantemente minacciato da un esterno che poteva intervenire in qualsiasi momento (così si crea un universo produttivamente economico come quando Mirko, su suggerimento della mamma, si tuffa nella vetrina delle pastarelle e tutto il loro mondo diventa oro in slow motion). Il film è stato presentato con buon successo a Berlino 2018. Argomento interessante: il maggior soggettivismo dei D'Innocenzo può essere apprezzato maggiormente dal mondo anglosassone rispetto allo spaventoso nichilismo, anche attoriale, del film di Garrone (dove anche Servillo non è Servillo) che non a caso non entrò nemmeno nella cinquina per Miglior Film Straniero agli Oscar 2009 perché non aveva uno straccio di personaggio con cui provare un minimo ad identificarsi (il giovane che si ribellava a Servillo era troppo poco) e tutto risultava dannatamente desolante e rinunciatario. Era la fine del cinema di denuncia dei nostri eroici Petri e Rosi. Era l'inizio del cinema della rinuncia perfetto per un paese senza più mordente o speranza.
Qui i boys del film piangono e urlano pure tutta la loro confusione dopo che grazie al fascino e bravura di Matteo Olivetti e Andrea Carpenzano abbiamo imparato a conoscerli affezionandoci alle loro vicissitudini (con Ciro e Marco era un po' più difficile).
Ci aspettiamo che i D'Innocenzo continuino con questa passionalità. Dentro o fuori dalla bottega.
In fondo... ci sembra solo l'inizio di una carriera estremamente promettente.