Bad Movie - La Stanza Delle Meraviglie, di Todd Haynes

Il Bad Movie della settimana è La Stanza Delle Meraviglie di Todd Haynes, presentato in Concorso al Festival di Cannes del 2017

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Spoiler Alert
Easter Egg

In Ready Player One sono quegli ammiccamenti, o anche messaggi o solo scherzi liberatori, che i creatori di videogame infilano nelle loro avventure per permettere al giocatore un extra premio ai suoi sforzi più elaborati e acrobazie ludiche più sofisticate. Ma l'easter egg può essere anche una dichiarazione d'amore ("Alma") o un rito propiziatorio ("Never cursed") cucito all'interno di fodere e/o orli dei vestiti realizzati da un sarto un po' mattoide come il Woodcock di Daniel Day-Lewis dentro Il Filo Nascosto di Paul Thomas Anderson. Abbiamo ripensato molto al bellissimo Il Filo Nascosto e agli easter egg che l'eccentrico Woodcock lasciava nelle sue creazioni guardando La Stanza Delle Meraviglie, l'ultimo film del regista di Io Non Sono Qui (2007), Velvet Goldmine (1998) e Carol (2015). Todd Haynes, adattando il libro illustrato di Brian Selznick, filma dei personaggi che collocano degli eastr egg dentro addirittura dei panorami (leggi: modellini in scala di una vera città), sotto le riproduzioni di edifici che hanno per loro un particolare significato. Di solito sono stranezze figlie del lavoro in solitudine e mancanza di contatto (il famoso messaggio nella bottiglia) sia da parte del videogamer che dello stilista che della creatrice di panorami. Nel film di Haynes è una madre che ricorda e celebra il figlio dentro il modellino da lei costruito della Grande Mela.
È un tema stupendo. Ma lo svolgimento, nel caso di Haynes, andava fatto con più pathos.

PG

È il primo film di Todd Haynes per tutti. Un regista quasi sperimentale (fece un film su Bob Dylan dove lo interpretavano sei attori diversi tra cui una donna; rielaborò vita e morte di Karen Carpenter usando come attori delle bambole... e non in ordinata stop motion!) vicino al melodramma classico ma in chiave LGBT (Lontano Dal Paradiso, Carol, Velvet Goldmine) appassionato di Douglas Sirk e George Cukor qui alle prese con un film con bambini per bambini. Li vedremo in fuga, alla scoperta di segreti di famiglia, pronti a fare amicizia, nascondersi nei musei e arrivare da sconosciuti dentro una metropoli in contesti storici diversissimi.

Ben & Rose

Sono belli i film in cui vediamo due storie con dei punti di contatto ambientate in epoche diverse (La Misura Dell'Acqua di Kathryn Bigelow o Possession di Neil Labute). Ben (Oakes Fegley, già visto ne Il Drago Invisibile) è un preadolescente ormai senza genitori in fuga verso la New York del 1977 per scoprire chi era suo papà dopo che degli strani lupi blu cobalto paiono inseguirlo negli incubi e una tempesta notturna gli ha causato la sordità presso Gunflint in Minnesota. Rose (Millicent Simmonds, scoperta qui prima che esplodesse al box office come attrice sordomuta in A Quiet Place di Krasinski) è un'indomita ragazzotta col broncio congenito (quanto ricorda Julia Stiles) pronta a lasciare nel 1927 Hoboken, in New Jersey, per arrivare a New York ed affrontare la mamma attrice del muto (ma scopriremo la parentela solo quando si incontrano per la prima volta perché prima Rose sembra solo un'ammiratrice fanatica in viaggio come la sposina de Lo Sceicco Bianco). Haynes adora l'anacronismo e gli piace assai giocare coi cliché. Qui c'è una ragazzina già donna del 1927 figlia di divorziati e un bambino del 1977 figlio di una morta e di uno scomparso. Francamente ci saremmo aspettati di più il contrario. Il segmento della Simmonds del '27 è tutto in bianco e nero con una potente sinfonia di Carter Burwell a fare da commento sonoro come se fosse un persona accanto a noi che sospira, urla e ride. La storia del maschietto è a colori, con fotografia calda e una colonna sonora di repertorio con funky, jazz e pop sci-fi (Deodato con la sua celebre versione di Also Sprach Zarathustra + l'immarcescibile Space Oddity di David Bowie + la collaborazione Fripp-Eno di Evening Star). È un film per bambini sì... ma bambini di quale epoca? Li vedremo impegnati in stanze segrete, musei scientifici, culto feticistico di oggetti misteriosi con un passato enigmistico (come l'automa de La Straordinaria Invenzione Di Hugo Cabret, sempre scritto da Selznick), adulti severi ma buffi e le grandi fantasmagorie visive delle origini (panorami, diorami e cinema muto nonostante nel 1927 ci fosse stato l'epocale passaggio al sonoro). Ben è un giovane uomo dell'estate del '77 ma non lo vedremo mai citare o pensare a Guerre Stellari che dal 25 maggio di quell'anno avrebbe dominato i discorsi e i sogni delle nuove generazioni nordamericane. Però, come Luke Skywalker, anche lui però dovrà avere a che fare con azioni e agnizioni sconvolgenti riguardo suo padre... e sua nonna.

Conclusioni

Il più grande errore di Haynes è forse aver creato due protagonisti fin troppo "indistruttibili" dentro la trama del film. Correranno e rischieranno ma Fegley recita sempre troppo scontroso e la Simmonds ha quel broncio congenito alla Julia Stiles. Sono entrambi forse eccessivamente maturi e autonomi nella resa di Ben e Rose. E arriviamo così al finale: doveva essere una botta emotiva ma Haynes non vuole fare Spielberg nonostante il copione, e la scelta editoriale PG, lo portino e in un certo senso obblighino in quella direzione. Peccato. Girare bene un Oscar moment è un'arte sopraffina come insegna sempre il maestro Spielberg, il bravo Joe Wright della scena in metropolitana de L'Ora Più Buia (2017) o, in senso negativo, Christopher Nolan, che li sbaglia di brutto entrambi sia in Interstellar (l'incontro tra padre e figlia dopo che lo spazio li aveva divisi) che in Dunquirk (la concretizzazione visiva dell'Operazione Dynamo con le barchette borghesi che dall'Inghilterra sono arrivate in Francia per salvare i "loro ragazzi"). La Stanza Delle Meraviglie rimane un'opera molto affascinante per chi ama e conosce lo stile del regista americano. Chi lo avrebbe voluto già più a suo agio dentro il racconto nazionalpopolare per young americans... dovrà forse aspettare ancora un po'.

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