Bad Movie - Julieta, di Pedro Almodóvar

Il Bad Movie della settimana è Julieta di Pedro Almodovar, ventesimo titolo in filmografia per il grande regista spagnolo. Presentato in Concorso al Festival di Cannes.

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Spoiler Alert
Talassa e Ponto

Due modi di vedere il mare. Uno (Talassa) è donna, accogliente e rassicurante. L'altro (Ponto) è uomo, pericoloso e imperscrutabile. Nella mitologia greca erano fratelli come spiega la bella supplente Julieta alla lavagna a degli studenti che le dicono che è desiderabile come Kim Basinger o l'Angela Molina (pronunciata Anghela anche in edizione italiana) attualmente in sala con Tini - La Nuova Vita di Violetta. Julieta, invece, chi è? È contemporaneamente il titolo del ventesimo film di Pedro Almodóvar e la protagonista di un film semplicemente terrificante sul mare, sull'ignoto, sulla tragedia greca rivissuta in Spagna e su donne convinte di essere colpevoli di cui una, Julieta, è divisa in due proprio come quel mare che le diede e prese l'amore.

Julieta anni '80

È colorata, sgargiante, con il capello biondo esplosivo e il collant aggressivo. Una Donatella Rettore + giovane Sharon Stone. Sexy? Certamente. Terrorizzata? Pure. Julieta ha paura di tutto e sembra che quel look da sex symbol glielo abbia scelto qualcun altro mentre lei dormiva. In treno, in quella notte buia e tempestosa come scriverebbe Snoopy, Julieta incontra prima l'uomo sbagliato e poi quello giusto. Il senso di colpa per l'azione deleteria (qualsiasi essa sia) e il terrore del mare ignoto che la circonda, entrano molto in contrasto con quella figura slanciata desiderata da scolari, vecchi malinconici e possenti pescatori. "Nessuno si suicida perché una ragazza bella non ci vuole parlare" le diranno. Ma nonostante questo Julieta ha paura. E pure noi sentiamo un forte brivido in fondo alla schiena.

Julieta anni '90

È sempre interpretata da quella sventolona di prima (Adriana Ugarte) ma la ragazza dai collant blu scuro, orecchini rossi e capelli biondi elettrici ha lasciato il posto a una madre liscia come l'olio, ospite indesiderata di una Galizia scontrosa (che lo fossero da quelle parti lo sapevamo già dopo Mare Dentro di Amenábar) dove hanno già provato in passato a impedirle di vedere l'uomo giusto del treno che sarebbe poi diventato suo marito (Rossy Di Palma in un ruolo arcigno e ossessivo alla Judith Anderson di Rebecca - La Prima Moglie). Julieta continua ad avere paura: della governante nemica Miriam (Di Palma) e dell'artista amica Ava, forse "scopamica" del marito non solo nel passato. "È un'artista come te" le dice il coniuge pescatore Xoan. "Non sono un'artista" ribatte Julieta, forse non abbastanza inquietata dalla nonchalance con cui lui l'ha confusa con Ava. La sua famiglia di madre è in un mare della Galizia che appare dalla finestra della sua casa come Talassa o come Ponto a seconda che sia placido e pieno di barche o furibondo e inavvicinabile. Mamma e papà, invece, vivono ne La Mancha, dove curano l'orto e abitano la pianura facendo molta paura a Julieta durante una visita. C'è l'inquietudine di una stanza chiusa a chiave (la mamma soffre di Alzheimer) e di un padre chiaramente innamorato di una donna straniera più giovane (la domestica) senza avere la necessità di comunicarlo, o suggerirlo, alla figlia. Quando Julieta affronterà l'argomento lui ribatterà: "Figlia... sii più generosa e comprensiva con me". E quando Julieta si chiuderà in stanza con colei che l'ha generata, un'improvviso ritorno di lucidità della mamma, la farà sentire ancora più fuori posto. Siamo molto preoccupati per questa vincibile sventolona. Troppe cose strane la stanno circondando. E la colonna sonora di Alberto Iglesias non diventa mai più serena di una sensuale marcia di foschi presagi. C'è anche una figlia (Antía) senza volto ("Mica ti posso mandare in campeggio come It degli Addams") perché vuole portare i capelli davanti alla faccia. Andrà in campeggio, i genitori litigheranno e il padre verrà mangiato dal mare in tempesta.

Julieta anni 2000

Julieta è vedova. È la figlia Antía che la sovrasta mentre la pettina rivelandoci un volto di protagonista diverso senza alcuna spiegazione se non che, ora, Julieta è un'altra donna come capitava a Carole Bouquet e Angela Molina (ancora lei) in uno dei film che Almodóvar ama di più: Quell'Oscuro Oggetto Del Desiderio (1977) di Luis Buñuel. Adriana Ugarte ha lasciato il posto ad Emma Suárez e la paura costante che potesse accadere qualcosa di tragico ha lasciato il posto a qualcosa di tragico: Xoan non c'è più. Lui e Julieta avevano litigato la sera della tempesta per via di Ava e dei sospetti di lei. Ci si sposta dalla Galizia a Madrid dove la figlia Antía accudisce una catatonica Julieta con al fianco un'amica del cuore inseparabile (Beatrice) con la quale ridere ed abbracciarsi mentre mamma ammuffisce sullo sfondo. Viene in mente quell'inquietante quadretto familiare che Julieta figlia aveva incontrato ne La Mancha a casa dei genitori. Era un avvertimento? La figlia vuole anche ridere. Pensiamo: è la giusta spietatezza della palingenesi nel senso di rigenerazione alla vita da parte di nuove generazioni in diritto di superare i traumi dei vecchi. Lo avevamo visto e metabolizzato in La Comune di Thomas Vinterberg quando la figlia ripudia e quasi condanna la madre tradita e affranta perché diventata a sua volta una donna convinta che la reazione vada trovata nell'azione (quindi mamma si deve dare una mossa e smetterla di frignare). Julieta è in gamba e pare farsene una ragione, proprio come noi. In fondo è giusto così. La osserviamo e nella sua malinconica vita madrilena ci sembra di scorgere riconoscenza nei confronti della giovane violenta positività della figlia. Fino a che Antía non scompare.
Senza un motivo.
Per dodici anni.

Inizio

In principio Julieta è una signora del 2015 che non ama ricomprare libri che ha già. Non si cambia paese senza trasportare fisicamente la propria vita da un posto all'altro. Bisogna andare in Portogallo con un compagno di vita Gentile di cognome e di fatto. Nome proprio: Lorenzo. Uno scrittore che non pare abitare il pericolo Ponto come Xoan. Poi Julieta incontra qualcuno per strada. È Beatrice, l'amica storica di Antía dei giorni del lutto a Madrid. Beatrice ha visto sua figlia al Lago di Como: due figli maschi e una figlia, va in giro senza trucco, è magra. Julieta non vede Antía da 12 anni. Perché sparì? Almodóvar ce lo rivelerà dopo che Julieta ha gentilmente rifiutato il Portogallo con Gentile e, dopo l'incontro con Beatrice, ha deciso di riscrivere la storia della sua vita permettendoci di vederla sgargiante e sexy in quel treno di notte, prima innamorata e preoccupata davanti al doppio mare della Galizia e poi tristemente vedova a Madrid. Perché Antía la abbandonò?

Conclusioni

Il ventesimo film di Almodóvar fa paura. Veramente paura. Siamo in balia delle onde? Veniamo abbandonati dai nostri figli? Qualcuno potrebbe suicidarsi se non vogliamo parlarci in treno? Cosa accade alle persone che ci circondano? Chi sono realmente? Perché pensano che siamo degli artisti... se in realtà siamo solo dei supplenti che insegnano mitologia greca al liceo? Perché nostro padre vive con l'amante vicino a nostra madre facendo finta di niente? E perché nostra madre ci riconosce anche se ha l'Alzheimer? Alla fine forse aveva ragione l'odiosa Miriam: era meglio dimenticarselo quel pescatore galiziano incontrato in treno. Se Cane Di Paglia (1971) di Peckinpah rappresenta in modo truce una grande paura di un certo tipo di uomo (torno con la mia donna nel suo luogo d'origine dove dovrò uccidere tutti i maschi del suo passato altrimenti loro uccideranno me portandomela via), ci sembra che Julieta sia il lancinante incubo di un certo tipo di donna: si litiga e si discute con nostra figlia (The Nice Guys di Shane Black farà ironia circa questo classico conflitto) ma non si viene scaricati così all'improvviso e senza una seppur minima motivazione dal frutto del nostro grembo. Sono passati 12 anni. Ma forse Julieta, alla fine, saprà qualcosa di più riguardo quel grande mistero. Almodóvar ha raccontato la donna? Sì. Ragazze del mucchio, sull'orlo di una crisi di nervi, con mariti diventati transessuali, in coma, sequestrate, assassine, appese e possedute da travestiti. Nei suoi film si piange, si urla, si uccide, si scopa. Qui accadrà solo l'ultima cosa e per come la inquadra il grande regista spagnolo... è un atto portatore di colpa e morte piuttosto che di piacere e vita. Siamo di fronte forse al suo film più duro e scarno, arcigno e definitivo. Un film di cattivo umore proprio come quello che pare regnare in Galizia ("Qui la gente è molto dura"). Nonostante un finale aperto verso un mare chiuso che dovrebbe lasciare meno spazio all'ignoto (il Lago di Como), Julieta ci terrorizza grazie al clima ostile che circonda la sua protagonista fin dalle prime inquadrature. È come assistere a una puntata di Ai Confini Della Realtà scritta dal Philip Roth di Pastorale Americana. O da Alice Munro, fonte letteraria del film la cui prosa essenziale deve aver conquistato uno spagnolo sessantaseienne amante del melò qui però in preda a una voglia pazzesca di asciuttezza.
È lei, Munro, l'origine di questo magnifico film su quello che pensano gli altri mentre noi pensiamo di essere i soli protagonisti delle nostre vite.
È qualcosa che Michel Gondry inserisce alla fine di Microbo e Gasolina creando un effetto di malinconico rimpianto.
Almodóvar ci va giù ancora più pesante.
Siamo circondati da un mare in tempesta abitato da mostri pronti ad afferrarci e trascinarci giù.
Dove l'abisso è abitato da donne convinte di essere colpevoli.

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