Bad Movie - John Wick - Capitolo 2, di Chad Stahelski
Il Bad Movie della settimana è il secondo capitolo delle avventure assassine di John Wick, killer professionista in fuga dal suo passato interpretato da Keanu Reeves
Vestono formali. Si incontrano nella catena di alberghi Continental (occhio all'entrata in scena del sommelier Peter Serafinowicz). Hanno la loro moneta (chissà se qualche assassino la contesta come succede in Europa con l'euro?) e quando partono degli ordini per nuovi contratti di morte, delle centraliniste vecchio stile attaccano e staccano vetusti spinotti come quando si telefonavano i personaggi in un film anni '30 di Frank Capra. Poi, in questo strano presente ricco di oggetti vintage come in La La Land di Damien Chazelle, esiste anche la posta pneumatica vista in film in costume ambientati nei '50 (Mister Hula Hoop dei Fratelli Coen) o in distopie fantascentifiche dal gusto rétro (Brazil di Gilliam). Ancora una volta è l'universo di John Wick, ricco di regole e storia come fosse un vero e proprio mondo subordinario di natura fantasy, a colpirci come spettatori. Anche se non sappiamo ancora tutto di come interagisce questa comunità di assassini con, per esempio, il mondo della politica che regola la nostra società (pagano le tasse? Il governo riconosce la loro presenza? Come viene registrata la loro attività commerciale?), quello che ci piace di John Wick è il silenzio di quei corridoi d'albergo, la discrezione di certi portieri danteschi (Charon/Caronte di Lance Reddick), il sapore della stratificazione di usi e costumi di un ambiente underground o parallelo a quello di noi borghesi dove questi assassini non solo uccidono ma vanno a riposare, bevono drink in compagnia, fanno continental breakfast e ricaricano le energie prima di un nuovo incarico che scaricherà caricatori di pallottole. È questa interessante saga action definita neo-noir (leggi: mischiare il genere noir, ovvero storie criminali vissute in prima persona, con il cinema d'azione) dalla critica Usa ad averci impressionato con una ritualità e mitologia assassina nettamente più precisa e intrigante rispetto al mondo di Assassin's Creed da cui è probabilmente non in piccola parte ispirata.
È il motto che John Wick ha tatuato sulla schiena. "La fortuna aiuta gli audaci" nella forma più corretta trovata nel Phormio di Terenzio del II Secolo A.C. Un proverbio, anche sfruttato da Cicerone, utilizzato militarmente dai Marine delle Hawaii, luogo da cui provengono sia l'attore Reeves che lo stesso Wick (l'attore ha voluto spingere gli sceneggiatori a stabilire un contatto tra la sua vita privata e quella del personaggio). Nel primo capitolo la fortuna, anche letta come destino, aveva obbligato il vedovo ex assassino John Wick a letteralmente dissotterrane l'ascia di guerra per via di russi strafottenti troppo appassionatisi alla sua macchina 1969 Ford Mustang Mach 1 (non Boss 429 come sottolinea il russo figlio di papà Iosef nella scena della stazione di benzina). In questa seconda avventura di sparatoria e scazzottate veementi e stancanti, John viene richiamato all'ordine delle regole omicide attraverso un patto di sangue che aveva stretto con l'italiano Santino D'Antonio (efficace Riccardo Scamarcio). John Wick vince nell'oggettistica e decor (c'è un production designer coi fiocchi come Kevin Kavanaugh nonché un costumista con le idee chiarissime come Luca Mosca) perché quando Santino ricorda a John del rispetto della sua promessa, ecco che tira fuori un'impronta di sangue di John racchiusa dentro una bellissima cornice da medaglione antica quanto preziosa allo sguardo. Quando John la vede scuote la testa affranto. Come noi... ha riconosciuto anche lui la potenza scenografica di un oggetto così bello, coerente e credibile con quel mondo dark chic, da giustificare la messa in moto dell'azione nonché la sua trasferta italiana in una città eternamente sexy.
Rome
La Roma di Spectre (2015) è silenziosa, deserta e lugubre. Anche poter far l'amore con Monica Bellucci ha un sapore così funereo e cimiteriale che il Bond di Craig, già poco interessato alle "signore" di suo, rinuncerà senza problemi al turgido corpo della vedova italiana dal sapore stantio. La Roma di John Wick è casinara (c'è un concerto alle Terme di Caracalla retro-futuristico come quello della rocker aliena ne Il Quinto Elemento di Besson), decadente (un cardinale di Città del Vaticano va in udienza da una boss della malavita la quale gli dice: "Faremo ANCORA affari insieme"), sotterranea (c'è un inseguimento nei cunicoli sotto le Terme di Caracalla che ricorda la corsa nelle fognature di Vienna ne Il Terzo Uomo di Carol Reed) e conturbante per il culto della bella morte (nel nostro paese c'è gente che si taglia le vene sotto i tuoi occhi, immergendosi languidamente in vasca per morire nel pieno relax modello Lucio Anneo Seneca). Stupende tutte le sequenze in una città antica in cui colleghi dello stesso assassin's creed come John Wick e Cassian (Common ormai abituatosi al ruolo dopo Smokin' Aces e Run All Night) si muovono con estrema nonchalance. L'Italia è anche il luogo dell'arte antica (Terme di Caracalla e Orti Sallustiani) dove stona l'Altare della Patria (nel catastrofico The Core con Aaron Eckhart veniva distrutto per la gioia di tanti romani) e il boss della malavita Santino D'Antonio riceve le visite di John solo dentro i corridoi della Galleria Nazionale d'Arte Moderna. Poi a New York la musica, e l'arte, cambiano.
Conclusioni
Il moderno lascia il posto al contemporaneo dove tutto è più bianco e lampante. Una volta tornato a New York John Wick dovrà affrontare un contratto di 7 milioni di dollari messo sulla sua testa da quel Santino D'Antonio con la faccia di Riccardo Scamarcio. Il luogo dello scontro in piena luce è la stazione del World Trade Center disegnata da Calatrava, dove le macchie di sangue sono ancora più evidenti. John Wick si chiude come è cominciato (e come, speriamo, continuerà). È un piccolo grande action movie che sfrutta il subliminale (come il modello di killer movie esistenzialista del 1967 Senza Un Attimo Di Tregua di John Boorman) e che ci propone delle colluttazioni dove John ansima ritmicamente come un atleta concentrato, caracolla e non balza, spara ingobbito, resiste e non scatta, prende un sacco di botte oltre che darle.
È un film dove l'eroe non si pulisce mai dopo aver ricevuto il segno del dolore (che è anche sporcizia) ed è un film tutto basato sulla trasmissione del concetto di resistenza alla fatica, sopportazione della ferita, poche parole.
La sparatoria torna a essere una delle belle arti ma con un tocco di maggior realismo magico e introspezione psicologica rispetto agli sgargianti bullet-ballet musicali di John Woo.
L'action movie con John Wick diventa una delle belle arti... in mezzo all'arte.