Bad Movie - Insidious 3: L'inizio, di Leigh Whannell

Il Bad Movie della settimana è Insidious: Chapeter 3 diretto da Leigh Whannell. Netto peggioramento rispetto ai primi due gioiellini diretti da James Wan

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Aldilà della regia

Se James Wan avesse fatto un provino da regista all'amicone Leigh Whannell scimmiottando il suo freddo regista teatrale del cameo cattivello di Insidious 3: L'inizio... lo avrebbe scelto per guidare il terzo episodio della saga da lui così abilmente diretta nel 2010 e 2013? Forse no. Con Insidious: Chapter 3 è la prima volta che si sente la povertà del budget. Wan è sempre stato grande nel far sembrare i suoi primi due film da 1.5 e 5 milioni di dollari di budget semplicemente sgargianti e ricchissimi. Whannell... no. Così come L'Aldilà, genialmente rappresentato da Wan come spazio buio nebbioso alla Silent Hill (il videogame è una chiara ispirazione) ricco di inquietanti parallelismi urbanistici con la Realtà, brutali scorciatoie come solo nei sogni e porte segrete del nostro subconscio, è ripreso dalla macchina da presa di Whannell come letteralmente meno profondo, intricato e geograficamente perturbante.

Oggetti simbolici

insidious_chapter_three_ver3Wan è un maestro nel creare suspense e tensione cinematografica attraverso un utilizzo espansivo di oggetti e immagini della quotidianità dalla forte simbologia quali scale a pioli (da dove Dalton cade in Insidious dopo aver assaggiato il dolore per un primo viaggio andato male), interfono (chi sta parlando a mio figlio al piano di sopra?), cavallucci a dondolo (l'infanzia perduta di Parker Crane), orologio a pendolo (la scansione di un tempo antico), ventilatore coloniale (lame rotanti sopra le nostre teste), disegni infantili (prime rappresentazioni del nostro Io come le primitive pitture rupestri), metronomo (il ritmo che consente la proiezione astrale), lanterna (necessaria per avanzare nell'Aldilà), porte (se la porta è rossa stiamo per entrare in una dimensione infernale dove magari abita L'Uomo con le Fiamme in Faccia figlio di Freddy Krueger e Darth Maul), videocassette vhs (da collegare agli strumenti dal look retro utilizzati dai ghostbusters Specs e Tucker), tanti dadi a sei facce (il collega di Elise Carl è forse un medium che giocava a Dungeons & Dragons già nel 1968?), case di bambole (anche Tucker ne aveva una come Parke Crane; più di qualche dubbio, infatti, sulla sua omosessualità rifiutata dall'Io), telefono a barattolo (il filo ci aiuta a ritrovare la via come le briciole di pane per Pollicino), mazza da baseball (richiamo molto ironico a Shining), parrucche (richiamo non ironico a Psyco), case vittoriane (è la casa horror per eccellenza da La Famiglia Addams a Psyco alla villa Lambert di Oltre i confini del male: Insidious 2), pupazzi e manichini (James Wan ci confessò in un'intervista per BadTaste.it che questa sua ossessione deriva dall'enfasi oggettistica presente in Profondo Rosso di Argento di cui lo colpì soprattuto il burrattino lanciato contro Glauco Mauri fabbricato da Carlo Rambaldi). C'è questa cura registica in Insidious: Chapter 3 nel manipolare i nostri sensi con carrelli, lenti, complicità con effetti sonori in postproduzione ed oggetti? Assolutamente no. Né con una maschera per l'ossigeno, né con un diario contenente una lettera decisiva, né con un gesso a una gamba (la rottura dello stesso con scricchiolio delle ossa, almeno, ci regala qualcosa che possa minimamente risvegliare i nostri sensi intorpiditi).
Vedere un film diretto da James Wan è elettrizzante.
Vedere un film diretto da Leigh Wannell è soporifero.

L'immagine vince sulla parola?

Tucker è James Wan mentre Specs è Leigh Whannell

È come assistere nuovamente al battibecco finale del primo Insidious dove Tucker dice a Specs che un'immagine vale più di 1000 parole. Tucker è James Wan mentre Specs è Leigh Whannell (infatti lo interpreta!). Nel senso... la coppia funziona benissimo con Whannell alla sceneggiatura e recitazione (il suo Specs è adorabile ANCHE in questo terzo capitolo) e Wan alla regia (fin dai tempi del primo Saw dove Whannell era coprotagonista). Ma se l'amico sceneggiatore si mette dietro la macchina da presa... sono cavoli amari. E non solo nella non più magistrale danza macabra di inquadrature ed effetti sonori. Un altro aspetto che colpisce negativamente di Insidious 3: L'inizio è la poca potenza e lucidità dell'impianto drammaturgico laddove le sceneggiature di Whannell avevamo funzionato sia nel primo che nel secondo caso (a parte forse quei momenti poco convincenti in cui Parker Crane battibecca con la madre dentro il corpo posseduto di Josh Lambert e la faccenda delle impronte digitali di Josh). Troppo blanda in questo terzo capitolo la presenza della mitica Elise Rainier rispetto alla noiosissima famiglia Brenner (i Lambert in confronto erano rock'n'roll come gli Osbournes) composta da Stefanie Scott (Quinn, un'aspirante attrice lamentosa come poche), Dermot Mulroney (un padre vedovo che urla sempre) e Tate Berney (un fratello adolescente che puzza ma non sembra). Questo doveva essere il film di Elise! Altrimenti perché puntare sul concetto di prequel? Occasione incredibilmente sprecata. Nella prima parte di questo terzo capitolo ci pensa la vivace Hayley Kiyoko (best friend della noiosa protagonista) a non farci addormentare. Decisamente troppo tardi (dal minuto 60 al finale) irrompono in scena i formidabili Specs (con felpa di Casper) e Tucker (taglio moicano alla De Niro di Taxi Driver, inseparabile snack in mano e maglietta di Masters of the Universe citati pure in Humandroid). Quando Whannell compone i pezzi e abbiamo il primo incontro Elise + Specs + Tucker il film comincia veramente. Peccato che sia solo il terzo atto. A quel punto ci ricordiamo che Insidious è quel franchise d'atmosfera e prepotente cosmesi (ma Wan trucca tutto di più) assai sfizioso che gioca con soavità con il cinema del passato senza nascondere shock non truculenti e ironia (Tucker è spaventato da Elise appena la vede giocando con il fatto che lei sia ancora il fantasma del secondo film dopo la morte violenta del primo). Ci sembra un'occasione sprecata. E visto il coinvolgimento futuro di Wan in Aquaman e Robotech... ci sembra anche la fine artistica di un franchise che poteva darci ancora tanti oggetti per divertirci a lavorare sulle nostre paure.

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