Bad Movie - La Forma Dell'Acqua, di Guillermo Del Toro

Il Bad Movie della settimana è La Forma Dell'Acqua di Guillermo Del Toro, vincitore a Venezia 2017 e favorito per Miglior Regia all'Oscar 2018

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Spoiler Alert

Mostri

L'uomo è un mostro quando con indosso una testa da uccello pugnala e strangola donne viaggiando nella città notturna come un predatore con la testa da rapace (è una maschera?). È l'immagine disturbante ma contagiosa contenuta nel libro di collage di Max Ernst concepito durante un viaggio in Italia e intitolato Une Semaine De Bonté (1934). Una visione perturbante poi ripresa al cinema da George Franju in L'Uomo In Nero (1963), Nicolas RoegDonald Cammell in Sadismo (1970; via l'omaggio a Ernst di Martin Sharp con Max 'The Birdman' Ernst del 1967), Brian De Palma ne Il Fantasma Del Palcoscenico (1974), Michele Soavi in Deliria (1987) e Iñárritu in Birdman o L'Imprevedibile Virtù Dell'Ignoranza (2014). Se l'uomo è un mostro che odia e uccide le donne per via di una repressione sessuale più o meno indotta socialmente, come quel Richard Strickland (Michael Shannon) de La Forma Dell'Acqua disperatamente attratto da una signorina che non può parlare (Eliza Esposito), il mostro, invece, è paradossalmente umanissimo, gentile, ghiotto di uova (simbolo di fecondità e rinascita; anche Oliver in Chiamami Col Tuo Nome ne è vorace), immerso in un fluido vitale (l'acqua), silente ed esterrefatto come un pesce innocente, maculato come un felino, dotato come un maschietto anche se l'organo suona solo dietro una porta magica che si apre con infinita dolcezza.

Incipit

Da Il Fantasma Del Palcoscenico di Brian De Palma: "Questo film è la storia di quel sound, dell'uomo che lo creò, della ragazza che lo cantò e del mostro che lo rubò".
Da La Forma Dell'Acqua di Guillermo del Toro: "Dovrei parlarvi di lei? La Principessa senza nome. O forse dovrei avvisarvi della veridicità di questi eventi. Una storia di amore e di perdita... e di un mostro che cercò di distruggere tutto".

Il Mostro Della Laguna Verde

Cambia il colore rispetto a quello filmato da Jack Arnold nel 1954. La laguna non è più nera e la bestia non si divincola più, affannata e affamata, sotto la bella che fa il bagno (scena culto del bel film di Arnold). I due adesso sono entrambi sospesi sott'acqua, stretti in un forte abbraccio da innamorati felici. Lei vivrà di H2O come Lui trasformando una ferita del passato in canale respiratorio del futuro. Ma la provenienza della creatura mirabolante è la stessa rispetto al classico di Arnold: il Rio delle Amazzoni. Il visionario messicano-hollywoodiano Guillermo del Toro ha rimodellato la storia facendo la Storia. Per la prima volta ecco vincitore in Concorso a Venezia un monster movie a 85 anni di distanza dalla vittoria veneziana per Miglior Soggetto e Miglior Attore in occasione de Il Dottor Jekyll (1931) di Rouben Mamoulian. Poi il palmarès della Mostra Del Cinema ha detto bye bye ai mostri. Dopo una filmografia di gioielli del cinema fantastico come La Spina Del Diavolo (2001), Hellboy (2004) e Il Labirinto Del Fauno (2006), Del Toro si stufa del suo sentimentalismo a fondo qualche volta perduto e gioca più di furbizia. Prende il classico horror Universal Il Mostro Della Laguna Nera di Arnold, lo ridipinge di verde (gelatine, pelli, tappezzerie, dolci; tutta questa Baltimora del 1962 è del colore della speranza, protagonista dell'arte liberty) e lo fonde in un abbraccio sensuale con le atmosfere di dolcezza parigina come ne Il Favoloso Mondo di Amèlie (2001) di Jean Pierre-Jeunet. Durante la Guerra Fredda ecco la caldissima storia d'amore tra una donna delle pulizie muta incredibilmente fiera (Sally Hawkins) e un anfibio tra l'uomo e il pesce prelevato di forza dell'esercito Usa in Brasile per poterlo "studiare" (tra molte virgolette) tra una scossa elettrica e una bastonata in testa. Anche i russi sono sulle tracce della mirabolante creatura... ma non troppo. “Non ci serve imparare. Ci serve che gli americani non imparino” dirà un funzionario sovietico in piena sintonia con la noia burocratica di una guerra fredda che tedia terribilmente le spie borghesi (il cattivo Strickland considera il trasferimento a Baltimora per studiare la creatura un pieno fallimento professional-esistenziale). Del Toro è stato forse per la prima volta nella sua carriera più cervello che cuore. Ha realizzato un film mostruosamente astuto: è romantico (grande scena di ballo onirico tra la muta e la creatura sulle note di You'll Never Know nella versione di Vera Lynn), horror (non mancano sangue e dite mozzate per i vecchi fan), politico (per il messicano in questo bigotto 1962 i veri mostri sono quei bianchi retrogradi che odiano gay, portatori di handicap e neri) e addirittura ottimista (la muta e la creatura lo faranno con gusto e andranno via insieme senza la canonica scena della bella che piange sul corpo morto della bestia). Non è nulla di particolarmente nuovo rispetto alla formula deltoriana "Fiaba dentro la Storia" che lui stesso inventò con i magistrali Il Labirinto Del Fauno e La Spina Del Diavolo (il suo più bello e dimenticato ovvero i mostri nella Spagna di Franco) ma tutta la produzione è di gusto squisito e con una grandissima Sally Hawkins arrivata al film con un tempismo perfetto.

Conclusioni

È l'unico dei tre messicani-hollywoodiani a non aver vinto ancora l'Oscar. Cuarón ha preso Miglior Regista una volta per Gravity. Iñárritu ben due volte con Birdman e Revenant. Si conoscevano fin da quando erano ragazzini questi tre amigos. Si autodefinivano “Il magro” (Cuarón), “Il nero” (Iñárritu) e “Il grasso”. Ora "Il grasso" ha l'asso nella manica per questo Oscar 2018.
È sempre un mostro. Ma di romanticismo, dolcezza e speranza.

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