Bad Movie - Fast & Furious 8, di F. Gary Gray
Fast & Furious 8 vede Dominic Toretto tradire la famiglia perché ricattato da una cyber terrorista. Gli daranno la caccia tra Brelino, New York e i ghiacci della Russia
Il settimo è stato per Paul Walker (morto in un incidente automobilistico il 30 novembre 2013), mentre l'ottavo arriva direttamente da Paul. Così commentò il produttore nonché attore protagonista del franchise Vin Diesel ai microfoni di MTV nel Natale del 2015. Paul Walker aveva chiuso in modo celestiale con quella memorabile dissolvenza in bianco Fast & Furious 7, andandosene via placidamente in macchina alla fine del settimo capitolo a lui dedicato. Allo stesso tempo Walker si faceva patrocinatore anche dell'ottavo film del franchise visto che il coprotagonista della saga Fast & Furious, prima di morire, ne aveva parlato con Diesel dandolo per scontato. Il settimo, dunque, è per Paul. L'ottavo deriva direttamente dalla sua convinzione (di Paul) che la saga avrebbe avuto le gambe abbastanza sviluppate per continuare a correre ancora per un ultimo quarto di miglio. Aveva ragione? Sì.
È il titolo originale ma è anche un gioco con il pubblico fedele della sua famiglia allargata per un Vin Diesel sempre pronto a modellare semanticamente la titolistica per dare alla sua gente l'idea di una saga su misura, più ironica e autoreferenziale rispetto a un freddo prodotto da serializzare e basta. Era destino, insomma, che ci fosse questo numero 8, così come era destino che Dom e Letty si sposassero, che gli Stati Uniti e Cuba facessero finalmente la pace annullando l'embargo (il film è stata la prima grande produzione hollywoodiana a girare per le strade dell'Avana) e che dopo la morte (di Paul Walker) arrivasse giustamente la vita, sotto forma della nascita di un bambino.
Un bambino che avrà una prima esperienza molto, molto particolare. Ci riferiamo ad essere cullato, protetto acusticamente da delle cuffie, mentre Deckard Shaw (Jason Statham) fa fuori una dozzina di uomini attorno al pargolo sballottando il piccolo di qua e di là mentre si trova a bordo di un aereo lanciato ad alta quota. Deckard Shaw picchia metodicamente e poi, ogni tre persone fatte fuori, si sincera che il bambino stia bene. Il regista Felix Gary Gray (il regista di Straight Outta Compton aveva già diretto Diesel ai tempi de Il Risolutore) orchestra il tutto magnificamente grazie alla bravura prima nell'azione e poi nella commedia di un sempre più esperto Statham, ai montatori Paul Rubell e Christian Wagner e alla presenza di un bambino realmente sballottato di qua e di là. È forse la sequenza più efficace nel rapporto action-comedy di tutto il film. Ma come? Anche Deckard Shaw è diventato buono? Certo. Nell'universo di Fast & Furious è sempre possibile perché non esistendo più le nazioni, gli stati e le ideologie... Diesel esalta il rapporto personale e i continui assestamenti relazionali tra personaggi come risultati di confronti franchi vis-à-vis, face to face o faccia a faccia. Quando ci si guarda negli occhi, tutto è più facile ed è possibile anche ridere come un pazzo all'ennesimo insulto articolato ricevuto come succede tra Hobbs (Dwayne "The Rock" Johnson) e Shaw, facendo scattare una matematica, e verrebbe da dire predestinata dal fato, nuova amicizia. Deckard Shaw, dunque, è diventato buono dopo essere stato il super villain del capitolo sette perché in cerca di vendetta per le botte subite dal fratello più antipatico e stupido Owen (tornerà anche lui, ma brevemente, in questo film) in Fast & Furious 6. Deckard aveva dei motivi personali (la sua famiglia) ma questo non vuol dire che era una cattiva persona. In base a questa filosofia, ben espressa dagli sceneggiatori Chris Morgan e Gary Scott Thompson fin dai tempi del decisivo reboot del franchise Fast & Furious - Solo Parti Originali (2009), tutto è possibile se sono presenti le facce giuste per guardare dritto negli occhi il proprio pubblico.
Battute & Sgommate
Conclusioni
Continua il discorso sul superamento della biologia da parte di quel Vin Diesel che non conobbe mai il suo padre naturale (la famiglia vera è quella allargata; e questo vale anche per l'eventuale figlio di Dom e Letty) e va avanti anche il mantra del superamento delle barriere geografiche da parte di chi (sempre Diesel) ha nel suo dna quattro continenti (o tre, a seconda dei punti di vista) come Africa, Europa e America (del Sud e del Nord). Ci piace la saga di Fast & Furious per come l'ha modellata il suo proprietario Vin Diesel con la casa di produzione da lui controllata One Race Films. È un family movie dove le macchine volano e si schiantano ma non ci si fa mai male così come è un tipo di cinema dove ci si insulta ma solo al fine di scaldare i motori di una futura grande amicizia. È un prodotto sempre più orientato ai bambini come i film con scazzottate che facevamo pure noi ai tempi di Bud Spencer e Terence Hill, qui riproposti nei loro archetipi di grosso & smilzo.
Capiamo di meno Vin Diesel quando vuole creare un Fast & Furious di serie b con il franchise xXx.
Ma chi gliel'ha fatto fare quando aveva già per le mani una saga così bella e sincera come questa?