Bad Movie: Exodus - Dei e Re, di Ridley Scott

Bad Movie della settimana: Exodus - Dei e Re. Qualche riflessione e parallelismo tra Cecil B. DeMille e Ridley Scott e tra vecchio e nuovo kolossal biblico

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Spoiler Alert
Il Nuovo Vecchio Testamento
È più in bilico che biblico il nuovo kolossal religioso della contemporaneità che rilegge il Vecchio Testamento. E questo è molto interessante e in linea con il presente in cui viviamo meno addomesticato al vecchio dogma delle sacre scritture.  Il futuro dell'umanità sarà ancora un futuro con la religione e la fede nelle nostre vite o il domani sarà solo e unicamente frutto della nostra responsabilità evolutiva di esseri umani in grado di diventare extraterrestri, e quindi in un certo senso divini, come sostiene non senza coraggio il Christopher Nolan del finale del suo Interstellar attraverso la rivelazione che Matthew McConaughey ha dentro il buco nero?

dieci comandamentiAbbiamo già visto che Noè per il nuovo kolossal biblico di produzione occidentale non è più un vecchietto con la faccia da simpatico ubriacone irlandese di John Huston che spinge per il sedere gli animali che devono entrare nella sua Arca. Il nuovo Noè è diventato un ex gladiatore imbolsito con l'aria truce di Russell Crowe sull'orlo della follia e pronto a infilare un pugnale tra le teneri e innocenti carni di un neonato perché convinto che il suo Dio non voglia che l'umanità si riproduca dopo il diluvio. Anche il Mosè di Christian Bale è molto diverso dal Mosè del Charlton Heston de I dieci comandamenti (1956) di Cecil B. DeMille. I suoi capelli sono meno cotonati, il suo sguardo meno controllato, le sue pose meno statuarie. È un uomo in crisi di identità pressato da un Dio bambino (in DeMille Dio è luce fiammeggiante con la voce di un cinquantenne-sessantenne estremamente virile e autoritario) anche più isterico e spaventato di lui. Il loro disfunzionale rapporto politico ("Ho bisogno di un generale" dirà subito il Dio bambino al guerriero Mosè) passerà attraverso crisi di gabinetto, discussioni, urli e frustrazioni. Da parte di entrambi. Mosè non è all'altezza di Dio (per Dio) e Dio non è all'altezza di Mosè (per Mosè) il quale a un certo punto gli dice: "Non voglio più parlare con un intermediario!" (cioè delle serie: "Vai a chiamare papà perché tu sei un bambino"). Dio deve imparare a essere Dio e Mosè deve imparare a essere Mosè. Entrambi sono anche loro come il Noè di Aronofsky: sempre sull'orlo della follia. Le dieci piaghe d'Egitto che Dio scatena contro gli egiziani hanno tutta la scomposta grandiosità di un gioco di bimbo diventato terribilmente angosciante. Dio le crea per mostrare i muscoli a Mosè più che agli egiziani. Guardate come sono ridotti fisicamente e mentalmente Noè e Mosè alla fine dei film di Aronofsky e Scott.
"Il potere logora chi non ce l'ha" diceva Giulio Andreotti.
Dio logora chi parla con lui, sostengono Aronofsky e Scott.

Una donna sola e tanti capelli
Il Mosè di Bale non ha avuto una storia d'amore con Anne Baxter quando era egiziano come Charlton Heston (il film di Scott in questo è decisamente più bigotto) e quindi non vive il travaglio sessual-sentimentale di un passaggio da un amore profano di città a un amore sacro tra le capre (sarebbe stato interessante vederlo praticare un sesso più lascivo e politeista in Egitto rispetto ai rispettosi e delicati preliminari monoteisti che adotta quando si trova in presenza della futura moglie Zipporah). È ben più travagliato il rapporto con i suoi capelli. Subito dopo aver visto Dio, Heston sfoggiava una folta capigliatura sale e pepe leonina alla giovane Jay Leno. Dalla compostezza marmorea. Tanto che veniva da chiedersi se all'epoca esistesse la lacca usata dal procuratore Giancarlo Caselli ne Il divo di Paolo Sorrentino. Christian Bale attraversa varie fasi di sconvolgimento per quanto riguarda le sue estremità pilifere. Una scompostezza polverosa e faticosa. Passerà dall'essere un Rasputin pazzo, Andy Luotto, fino a un Gandalf scavato e pacificato dalle parti di Marco Pannella in fase di digiuno. Questo è piuttosto geniale e innovativo, se ci pensiamo bene.
Mostrami i capelli e ti dirò che epoca cinematografica rappresenti.

Esiste un montaggio di Exodus da 4 ore che sarebbe dunque venti minuti più lungo rispetto al kolossal di Cecil. B. DeMille del 1956

Durata e casting
È probabile che tra qualche anno vedremo una versione più lunga di Exodus: Dei e Re. Scott ci ha abituato a questo gioco a volte snervante. Sostiene che esiste un montaggio da 4 ore che sarebbe dunque venti minuti più lungo rispetto al kolossal di Cecil. B. DeMille del 1956. Come potremmo non credergli? Il film di Scott soffre molto la durata in un certo senso brevissima di 150 minuti. Nel caso dell'auspicabile versione da 4 ore (240 minuti) risulterebbero sicuramente meno frettolose le apparizioni di attori del calibro di Sigourney Weaver e Hiam Abbass. Anche Aaron Paul (sempre picchiato a sangue come in Breaking Bad), Ben Kingsley e María Valverde (la moglie di Mosè era stata la nostra scandalosa Melissa P. nel film di Luca Guadagnino) non hanno alcuna possibilità di dare respiro ai loro personaggi. Qual è il risultato? Il film è un menage a trois Mosè-Dio bambino-Ramses. Solo John Turturro rimane vagamente impresso come faraone perbene dai tratti italoamericani grazie a quelle 5-6 inquadrature in più rispetto agli altri. Quello che davvero manca al film di Scott rispetto a DeMille è il popolo ebreo. Non c'è alcuna intermediazione politica tra le masse digitalizzate di persone che Scott inquadra dall'altro e la leadership faticosissima di Mosè. Ken Loach se vede il film si arrabbia parecchio. Chi sono quei signori lì? Perché la macchina da presa non ne valorizza mai il coraggio e l'abnegazione? L'episodio del Vitello d'oro è solo il Dio bambino che guarda la massa festante sotto il Sinai e scuote corrucciato la testa. Fine. Quel popolo anonimo, in quel momento, si sta dando a un edonismo decadente e disperato (che non vediamo perché dall'alto sembra solo un innocuo rave party con qualche falò). DeMille invece è molto bravo a raccontare la confusione che si crea tra di loro dopo che Mosè è salito a parlare con Dio sul Sinai anche grazie a un Edward G. Robinson che rompe costantemente le scatole più e peggio di Alfrid ne Lo Hobbit - La battaglia delle cinque armate. Si poteva e doveva fare di più sul fronte della personalità della massa. Probabilmente la versione estesa servirà anche a questo obiettivo.

I due colori del Mar Rosso
Il Mar Rosso per DeMille è l'Oceano Atlantico e Pacifico. Così gli americani capivano subito cosa stavano a guardare. Guardate il blu quanto è scuro e tenebroso. Il Mar Rosso di Scott sa di acque più orientali e dai colori meno aggressivi. È una tonalità che sa di smeraldo dal look decisamente meno violento e più invitante. Errore. Non è solo una questione di bassa o alta marea (già, però, è una bella differenza attribuendo maggiori ragioni naturali e non divine alle differenti altezze delle acque) ma di evocazione stregonesca. Charlton Heston è veramente Gandalf e dopo essersi messo in una posa buffa su una roccia... è lui e il suo bastone che lanciano l'incantesimo che apre le acque (prima Dio è intervenuto in forma di fuoco a bloccare Ramses). Quindi, ancora una volta, il suo Mosè è più controllato e in controllo. Il povero Bale, invece, si alza la mattina distrutto e perdente non sapendo proprio che fare. L'attraversamento del Mar Rosso non è merito suo ma una scelta indipendente di Dio che lentamente, e fuori campo, ritira le acque senza creare l'idea delle altissime pareti d'acqua vorticosa ai lati del corridoio che tanta fortuna ha portato a I dieci comandamenti dal 1956 ai nostri giorni. Il fondo del mare di Exodus non è asciutto ma pieno di alghe (per DeMille invece diventava terra battuta come quella calpestata dagli ebrei sulla terraferma; ottima idea). Possiamo dirlo? La scena per Scott è più umana e per DeMille era più Signore degli Anelli.

I duellanti Mosè e Ramses si troveranno poverini uno contro l'altro in mezzo a questo Mar Rosso senza acqua mentre invece i loro alter ego del 1956 avrebbero osservato i loro rispettivi eserciti dall'alto di rocce al sicuro dalla furia delle acque. E' tutta un'altra impostazione cinematografica. Ramses è un rosicone fino alla fine (Edgerton è mille volte più isterico, sfigato e truccato come Boy George rispetto al bellissimo e fiero Yul Brinner) e Mosè fin troppo bonaccione (Bale sa che quel poveraccio di Ramses è un figlio non amato e da buon Batman si sente in colpa pure in mezzo al Mar Rosso perché quello un tempo era suo fratello). Torniamo a un'umanizzazione esasperata dei due leader con un Dio così lontano da lasciarli soli come bambini a giocare alla guerra su una spiaggia deserta (pensate che bello se Scott ce li avesse fatti vedere crescere da piccoli giocando sulle sponde del Nilo; sarebbe stata un'ottima idea). Nel 1956 c'era un omone dalla capigliatura cotonata che apriva e chiudeva le acque atlantiche del Mar Rosso a suo piacimento. Nel 2014 ci sono due quarantenni disperati che si scagliano l'un contro l'altro venendo sommersi entrambi dalle acque.

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Le onde di Interstellar sembravano montagne
Forse le onde di Nolan facevano più paura. Sicuramente erano più alte dentro il fotogramma. Anche per il colore... veramente non si poteva scegliere un colore meno da spiaggia di Sharm El Sheik per i flutti del Mar Rosso? Ma a chi importa il realismo geografico in un momento come questo? E soprattutto... non avete avuto voglia anche voi di tuffarvi in quei colori smeraldi? Bisognava TEMERE quell'onda. Bisognava tremare. Bisognava essere atterriti da quell'avanzante tsunami. Nolan con Interstellar ci riesce. Scott... non troppo. E per quanto riguarda il colore: James Gunn è il suo staff si sono scervellati per ore e ore per ottenere un verde efficace per la pelle della Gamora di Zoe Saldana. Non si poteva in questo caso ottenere un mare più minaccioso?

Il Piccolo in mezzo al Grande
A volte è bello in queste grandi scene di massa dal vivo o in cgi vedere dei piccoli elementi che ignorano le traiettorie della Storia con la S maiuscola. Ci piace chiudere su questa nota lieve e quasi satirica, un po' come quegli astanti alle Beatitudini di Gesù che stanno così lontani dal cucuzzolo da cui il Messia parla che non capiscono niente di quello che dice e si prendono pure a cazzotti (è l'inizio di Brian di Nazareth dei Monty Python). In DeMille era piena di personalità quella papera che se ne andava per i fatti suoi mentre gli ebrei cominciavano ad attraversare il Mar Rosso. Cioè: andava proprio in un'altra direzione (chissà dove?). In Scott ci colpisce un bellissimo cavallo bianco che ci è sembrato tornare al galoppo verso l'Egitto una volta che gli ebrei stavano andando in tutt'altra direzione. E poi... l'abbiamo ritrovato quel cavallo solo soletto vicino a Mosè e Ramses nello showdown finale. Abbiamo pensato che potesse essere Ridley Scott oppure l'anima di suo fratello suicida Tony. Dei grandi uomini di cinema così prosaici da credere solo nella religione dei 24 fotogrammi al secondo. Dei puledri di razza. Bianchi come il latte, indipendenti dai dogmi e pronti ad andare incontro al loro destino a testa alta.

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